Kimberly Luste Maran – L’estate scorsa, mio marito ed io abbiamo incontrato Bonnie mentre tornava ai grattacieli sulla spiaggia con il suo cagnolino, un cucciolo di golden di nome Pupido. Portando la spesa, ci siamo salutati e ci siamo fermati ad accarezzare il cane che si dimenava in cerca di attenzione. 
"È molto amichevole" ha detto Bonnie. Poi si è presentata. È la proprietaria di una pasticceria ed è scesa dalle montagne portoricane per vendere le sue piccole torte lungo la spiaggia. Ci ha chiesto se avremmo voluto acquistarne qualcuna. Abbiamo risposto di sì. Ci ha esaminato rapidamente con lo sguardo e ci ha invitato nel suo appartamento per prendere le torte appena sfornate. Dopo l’acquisto, siamo rimasti per almeno un’ora ad ascoltare Bonnie raccontare l’esperienza vissuta durante l’uragano Maria (che ha colpito la parte nord-orientale dei Caraibi nel settembre 2017, ndt).

“Ha piovuto per dieci ore. Il vento ci ha martellato per dieci ore” ha esordito “Abbiamo avuto pochissimo preavviso e, quando l’uragano Maria si è avvicinato, alle persone sulle montagne è stato detto di scendere e alle persone sulla spiaggia è stato detto di dirigersi verso l’entroterra. Nessun posto era sicuro”.

Bonnie ha parlato della devastazione lasciata dalla tempesta. Le persone hanno iniziato lentamente a emergere dai loro nascondigli e hanno scoperto che non c’era acqua né elettricità, i telefoni e gli ascensori non funzionavano. E quelle condizioni si protrassero per mesi. Gli inquilini dell’edificio di 22 piani dove abitava, avevano ideato un sistema di secchi per portare l’acqua da una piscina vicina. Tutti lavoravano insieme e i residenti riuscivano a consegnare, tramite un sistema di carrucole, un secchio al giorno. 
"Non erano rimaste foglie su nessuno degli alberi, su nessuna delle piante" ha continuato “E ogni finestra, ogni finestra, era rotta. Immagina di camminare sulla neve fresca e sentirla scricchiolare sotto i piedi. Qui era così, ovunque per terra c’erano vetri rotti che scricchiolavano sotto i piedi”.

Con un sospiro, gli occhi lucidi e le dita che toccavano la croce della collana, Bonnie ha dichiarato con calma e fermezza: “È solo da una settimana che non prendo più la medicina che mi ha aiutato a dormire negli ultimi cinque anni. Era ora".

Misurare il tempo attraverso le esperienze traumatiche sembra essere parte integrante della nostra umanità. Ricordo l’11 settembre 2001. Vividamente. Conto il tempo prima e dopo l’11 settembre, come alcuni fanno ancora. I miei nonni contavano il tempo dal 7 dicembre 1941 (data dell’attacco a Pearl Harbor, in seguito al quale gli Stati Uniti entrarono nella Seconda guerra mondiale, ndt). Le persone che hanno vissuto l’incendio del 2018 a Paradise, in California, e nell’area circostante, contano il tempo riferendosi al prima e al dopo questo devastante evento, così come quelli colpiti dagli incendi di Maui del 2023 alle Hawaii. Molti di noi scandiscono il tempo tra prima e dopo la pandemia di Covid-19.

Se è naturale cadenzare il tempo con le tragedie e i traumi che hanno segnato la nostra vita, compresi quelli di natura più personale, lo facciamo anche con i trionfi. Matrimoni, nascite, nuove case, lauree, nuovi lavori… sono alcuni dei punti di riferimento che ci danno la misura della speranza e della gioia. La triste realtà, per molti di noi, è che quei momenti felici non sono spesso punti di riferimento uguali in questo mondo peccaminoso. Ciò che è traumatico sembra avere la meglio.

Ma penso a Gesù e a come ha creato i migliori indicatori per vivere. Gli orrori che servono come punti di riferimento possono essere neutralizzati da questi eventi: la nascita di Gesù, la morte di Gesù, la risurrezione di Gesù. Se manteniamo questi indicatori nella nostra mente, possono aiutarci a prepararci per quando “non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate” (Apocalisse 21:4).

Le cruciali misurazioni del tempo storico della vita e del sacrificio di Cristo rimuoveranno il dolore del peccato e della morte. Dio “ci dà la vittoria per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo” (1 Corinzi 15:57).

Voglio essere come Bonnie e sapere che è tempo di misurare la vita con i segni di Dio.

(Kimberly Luste Maran è redattrice di Adventist Journey e direttrice del Dipartimento Comunicazioni presso la Regione nordamericana della Chiesa avventista)

[Fonte: Nad NewsPoints. Traduzione: L. Ferrara]

 

 

 

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