N11- Conferenza Lugano

Bilancio del convegno organizzato dalla chiesa avventista del 7° giorno in collaborazione con l’Istituto Direcom della Facoltà di Teologia di Lugano 

Vincenzo Pacillo* – Volendo trarre un bilancio al termine del convegno “La libertà religiosa nell’età post-secolare”, svoltosi il 27 e 28 marzo presso la Facoltà Teologia di Lugano e organizzato in cooperazione dalla Chiesa avventista ticinese e dall’Istituto DiReCom, possiamo delineare alcune linee di tendenza che costituiscono anche un parziale bilancio dei lavori congressuali.

La pluralità etica
1. Le relazioni di Adriano Fabris e Adriano Roccucci hanno evidenziato come l’attuale contesto sociale sia caratterizzato dalla presenza di una pluralità di opzioni etiche garantite dalla cornice giuridica e politica del pluralismo istituzionale, confessionale e culturale.

La pluralità etica è il frutto della proliferazione delle dottrine concernenti la vita buona e il loro progressivo distacco da un singolo paradigma culturale di riferimento: essa – secondo Charles Taylor – deriva dalla transizione da una società in cui la fede in Dio era incontestata e, anzi, non problematica, a una in cui viene considerata come un’opzione fra le altre e spesso non come la più facile da abbracciare. Questo fenomeno si è verificato dapprima tra le élite della società e poi nella società nel suo insieme, pluralizzando, appunto, gli orizzonti etici, in un processo che si dirige in modo sempre più marcato verso un liberismo in cui a farla da padrona è sempre più l’autonomia privata. Il pluralismo è un principio giuridico e politico che implica uguale considerazione e uguale rispetto per le diverse opinioni che scorrono all’interno della società. Solo in casi limitati, come ci hanno mostrato Luigi Foffani e Anna Gianfreda, i poteri pubblici possono reprimere solo determinate opinioni, perché propagandano idee fondate sull’odio e sulla discriminazione fondata sulla religione.

Libertà religiosa: diritti e limiti
2. Claudius Luterbacher ha mostrato come, sotto un primo profilo, la libertà religiosa implichi la libertà di professare, in coscienza, una religione ovvero di non professarne alcuna. Essendo tale profilo confinato nell’intimo della coscienza della persona, si deve ritenere che esso sia incoercibile e non limitabile, Quanto invece a un secondo profilo, la libertà di religione implica in una prima accezione il diritto di esercitare indisturbatamente il culto, il diritto di rivolgersi alla propria divinità, di onorare e venerare persone e simboli che, nella propria religione, presentano caratteri di sacertà, di esprimere – con preghiere, riti ed altre azioni – la propria devozione verso entità dotate di particolare valenza sacrale. In una seconda accezione – la più problematica – il profilo esteriore della libertà religiosa è spesso posto in relazione con la pretesa di conformare tutta la propria vita ai precetti della religione alla quale si appartiene.

Tale pretesa non solo può, ma deve essere limitata dal legislatore quando gli atti proposti o imposti dalla legge della religione di appartenenza siano in contrasto con principi e valori su cui si fonda l’ordinamento giuridico, a condizione che – naturalmente – la limitazione appaia ragionevole (ossia capace di servire alla tutela degli altri diritti, interessi o valori costituzionalmente protetti che il legislatore intende tutelare) e proporzionata (ossia capace di stabilire una compressione del diritto che non si estenda sino al punto di renderne impossibile l’esercizio e idonea a rappresentare lo strumento normativo che comporti il minor sacrificio possibile per il diritto in questione).

Discriminazione e sviluppo
3. Antonio Fuccillo ha posto l’accento sul fatto che la piena garanzia della libertà religiosa è direttamente proporzionale al tasso di sviluppo sostenibile all’interno di una società. La discriminazione per motivi attinenti alla sfera ideologico-confessionale – concretizzandosi in un intervento esterno che fa conseguire ad una determinata scelta o manifestazione religiosa la deprivazione di utilità economiche ed esistenziali come la possibilità di accesso al lavoro, la possibilità di accesso a servizi pubblici e privati, il godimento di diritti fondamentali della persona  – è contraria alla dignità umana, concetto sul quale – secondo Ganoune Diop -si radica la libertà religiosa e si definisce l’essenza dei diritti umani. Rimangono naturalmente molte questioni aperte: una sfida per tutti gli studiosi, che anche gli intellettuali del nostro Cantone devono essere chiamati a raccogliere, impegnandosi – come ricorda Libero Gerosa – a coniugare verità e responsabilità nella ricerca scientifica.
(*Vincenzo Pacillo è docente presso a Facoltà Teologica di Lugano. L’articolo è tratto dal sito Catholica del Giornale del Popolo, quotidiano della Svizzera italiana)

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