Perché in così tanti lasciano la chiesa?

Perché in così tanti lasciano la chiesa?

 

Errol Webste – Si chiamava Mark ed era un giovane austriaco sui vent’anni. Lo avevo incontrato mentre andavo via dal tempio di Hare Krishna a Nuova Delhi. Ero in India per scoprire cosa attrae la gioventù occidentale verso il misticismo orientale.

Sull’autobus diretto in centro città salì anche Mark, dopo aver visitato i tempio,  e si sedette accanto a me. Ruotava le perline di un rosario buddista nella mano sinistra, mentre sfogliava alcuni bigliettini con frasi indù con la destra. Cominciammo a parlare e mi chiese cosa facessi. «Sono un ministro di culto cristiano» dissi. I suoi occhi si illuminarono e la voce si ravvivò mentre diceva: «Ho letto la Bibbia e ho amato Gesù». Ero incuriosito. «Come mai sei passato alla meditazione orientale?» chiesi «È compatibile con gli insegnamenti di Gesù?».

La sua risposta mi distrusse. Disse: «Ho iniziato ad andare in chiesa e ho perso Gesù». Aveva perso Gesù in chiesa! Come era potuto accadere? Se Mark fosse andato in una chiesa avventista, il suo amore ritrovato per Gesù sarebbe stato coltivato o avrebbe fatto parte di quel 42% andato via negli ultimi 50 anni o più?

All’incontro Youth Engagement Summit del 2018, Jeff Parker, direttore della gioventù avventista in Australia, ha rivelato che «circa il 62% dei giovani che frequentano una chiesa in Australia se ne va prima dei 30 anni».1

Monte Sahlin, ricercatore della chiesa avventista, ha affermato che i risultati del sondaggio mostrano che la causa per cui i membri lasciano la chiesa avventista non ha tanto a che fare con i disaccordi dottrinali, ma piuttosto «con i problemi che le persone sperimentano nella loro vita personale».2 Lo storico della chiesa David Trim ha aggiunto che un fattore è anche «la secolarizzazione strisciante» nel nostro mondo.3

Sorge spontanea la domanda: «Se la conoscenza delle nostre dottrine non è di sostegno ai membri nelle loro crisi personali o non li fortifica contro la secolarizzazione, manca qualcosa nel nostro insegnamento?»

Quando Lee Venden tenne degli incontri di risveglio nel Nord America per i membri che già frequentavano la chiesa, scoprì che meno del 25% trascorreva del tempo nello studio personale della Bibbia e nella preghiera quotidiana. Scoprì anche che la maggioranza delle persone non ha la certezza della salvezza e ammette apertamente di non avere un incontro quotidiano con Cristo. La sua ricerca ha anche evidenziato che coloro i quali entrano a far parte della chiesa ritengono sì le nostre dottrine come bibliche, ma non vedono Gesù come il centro di ciascuna di esse. Troppi vengono in chiesa eppure non vanno a Gesù.4

Molti membri affrontano lotte spirituali. Abbiamo insegnato loro le nostre dottrine ma in qualche modo non li abbiamo aiutati a conoscere Gesù.

Uno studio sui Millennial avventisti (i nati tra il 1980 e il 2000), che ancora frequentano la chiesa, ha rivelato che questi giovani hanno una visione più negativa della chiesa avventista rispetto ai coetanei statunitensi in generale sulle loro chiese.5 Stando così le cose, possiamo capire perché il Summit on Nurture and Retention del 2013 avesse raccomandato che «deve essere una necessità urgente costruire relazioni amorevoli e cristiane all’interno della chiesa locale».6

Un altro sondaggio, condotto tra i giovani dai 18 ai 35 anni rimasti nella chiesa, ha rivelato che meno di uno su quattro studia la Bibbia quotidianamente e quasi tre quarti (73,5%) non è certo di essere salvato.7 Se questo è vero per la maggioranza dei giovani adulti che rimangono nella chiesa, cosa potrebbe significare per coloro che sono andati via?

Una società secolare
Quello che Trim ha affermato sulla «secolarizzazione strisciante» della nostra società e sugli effetti che comporta, in particolare riguardo ai media di intrattenimento, è vero. Oggi, in Occidente, viviamo in una società post-cristiana caratterizzata da una mancanza di significato e scopo. Per questa generazione, la verità è relativa. L’individuo diventa egli stesso l’autorità soggettiva che decide ciò che è giusto o sbagliato. Le persone vivono senza problemi con le contraddizioni; professione e pratica non devono necessariamente corrispondere.

Il rapporto Generazione Z del 2018 del Barna Group afferma: «Il relativismo morale sta mettendo radici più profonde in America. Un quarto della Generazione Z [i nati tra il 1999 e il 2015] concorda fortemente sul fatto che ciò che è moralmente giusto e sbagliato cambia nel tempo in base alla società… [e] ogni individuo è arbitro morale di se stesso. Solo il 34% della Generazione Z è d’accordo sul fatto che «mentire è moralmente sbagliato».8

Nel 2016, il termine «post-truth» (post-verità) è stato eletto parola dell’anno dagli Oxford Dictionaries. La parola denota circostanze nelle quali i fatti obiettivi sono meno influenti nell’orientare l’opinione pubblica degli appelli all’emotività e delle convinzioni personali. Il prefisso post di solito significa dopo, come in «postguerra». In post-verità, significa che la verità «è diventata non importante o irrilevante». Il direttore di produzione degli Oxford Dictionaries, Casper Grathwohl, ritiene che la post-verità potrebbe diventare «una delle parole distintive del nostro tempo».9

Questa è l’era delle «fake news» (bufale o notizie false), dei «fatti alternativi», delle «narrazioni contrastanti» e quando «la verità non è la verità».

Le fake news, cioè «informazioni false, spesso sensazionali, diffuse sotto forma di cronaca», sono state elette parola dell’anno dal Collins Dictionary nel 2017.10

Nel suo rapporto «Trends Shaping a Post-Truth Era» (del 9 gennaio 2018), il Barna Group ha scoperto che «la verità è sempre più considerata come qualcosa di sentito piuttosto che qualcosa di conosciuto».11 Dagli anni ’60, la società occidentale è diventata progressivamente più soggettiva .

Sugli effetti di questa «secolarizzazione strisciante», Trim ha concluso che «il tessuto della maggior parte delle chiese locali avventiste non è sufficiente per arginare questa marea».12

Possono le persone avere un’esperienza che cambia la vita e che può fortificarle contro la secolarizzazione e le crisi personali, senza andare a Gesù?

Non solo in Occidente
Non è solo in Occidente che i membri si sono uniti alla chiesa ma non sono «andate a Gesù». Il Ruanda era una nazione in cui il 95% della popolazione affermava di essere cristiana, compresi gli oltre 275.000 avventisti, vale a dire il 10% degli abitanti all’epoca. I dirigenti della chiesa ritenevano il Ruanda il Paese più avventista del mondo. E questo fino al 1994, quando avvenne il genocidio, quando la maggioranza degli hutu massacrò oltre 800.000 tutsi, la minoranza. Tra i morti vi furono 12.000 avventisti.13

La terribile verità è che molti membri e pastori della chiesa avventista furono coinvolti nel genocidio e, come venne riferito, mantennero il loro avventismo evitando scrupolosamente di uccidere di sabato, osservando il giorno di riposo.14

Ciò che Robert Folkenberg, allora presidente della Conferenza Generale, vide quando visitò il Ruanda lo commosse più di ogni altra cosa. «Quello che è successo in Ruanda» dichiarò «è probabilmente dovuto a persone non convertite, che portavano il nome di Cristo».

Dopo aver trascorso del tempo in ginocchio, Folkenberg giunse a una conclusione: «Il vangelo non ha fallito. La croce di Cristo non ha fallito, lo Spirito Santo non ha fallito… Noi, come pastori, abbiamo fallito… In quanto leader religiosi abbiamo deluso Dio, Cristo e il popolo del Ruanda … Dobbiamo confessare i nostri peccati davanti a Dio».

«Ciò che serve» dichiarò Folkenberg, è che «i leader spirituali … chiedano di essere convertiti e trasformati».15 Abbiamo veramente capito le implicazioni di ciò che accadde in Ruanda e le parole di Folkenberg?

Le persone possono essere molto religiose e sincere al riguardo, senza essere cristiane.

Qual è la risposta?
Il battesimo non equivale alla conversione. Dovremmo mettere più enfasi sulla conversione a Gesù, piuttosto che sul battesimo? Forse parliamo di più della Bestia, producendo la giustificazione per paura, invece di parlare dell’Agnello che ci dona la giustificazione per fede?

Carlyle B. Haynes era un’evangelista avventista che portava le persone in chiesa, ma poi si rese conto che «aveva predicato per quindici anni e tuttavia non era un uomo convertito».

«Avevo trascurato il primo, semplice passo di andare a Gesù Cristo, come fanno i bambini, e, per fede in lui, ricevere il perdono dei miei peccati» scriveva «Dopo quindici anni di predicazione di questo messaggio, Dio mi ha riportato ai piedi della croce».

Quando ci allontaniamo dalle nostre «opere e guardiamo soltanto a Cristo per ricevere la salvezza» aggiungeva Haynes «Dio dichiara quella [persona] giusta. Questa dichiarazione di Dio è fondata sull’opera compiuta da nostro Signore».16

Questo è il messaggio del vangelo.

 

Note
1 J. Stackelroth, «Church Resolves to Grow Young, Engage Youth», Adventist Record, 1° giugno 2018.
2 A. Oliver, «At First Retention Summit, Leaders Look at Reality of Church ExodusAdventist News Network, 19 novembre 2013.
3 E. M. Garcia, «Landmark Survey Reveals In-depth Beliefs, Perceptions of Adventist Members», Adventist News Network, 17 ottobre 2013.
4 C. Jenkins, A. A. Martin, “Engaging Adventist Millennials: A Church that Embraces Relationships», Ministry, maggio 2014.
5 Conferenza Generale degli avventisti del settimo giorno, dichiarazione al Summit on Nurture and Retention del 2013, «Recommitting, Reconnecting and Reconciling: Reviving Discipleship, Nurturing Believers, and Reuniting with the Missing», https://www.adventistarchives.org/nurture-and-retention-summit-statement.pdf.
6 K. Dixit, K. Stiemsma, R. Sigamoney Dixit, «Why Young People Are Sticking with Church», Ministry, marzo 2016.
7 D. Morris, «A Passion for Revival: An Interview with Lee Venden», Ministry, febbraio 2012.
8 Barna Group, Gen Z, rapporto (2018), pp. 55, 99, 65.
9 A. B. Wang, “‘Post-truth’ Named 2016 Word of the Year by Oxford Dictionaries», The Washington Post, 16 novembre 2016.
10 Collins Dictionary, «Collins 2017 Word of the Year Shortlist», Word Lover’s blog.
11 Barna Group, «The Trends Shaping a Post-Truth Society», 9 gennaio 2018.
12 D. Trim, rapporto Seventh-day Adventist Global Data Picture, febbraio 2014.
13 R. Osborn, «No Sanctuary in Mugonero: Notes on Rwanda, Revival, and Reform», Spectrum, 16 ottobre 2010.
14 Ibidem
15 «GC President Speaks Out About Rwandan Atrocities», estratto di sermone, Adventist Review, Nad Edition, marzo 1996, p. 6.
16 C. B. Haynes, «Righteousness in Christ – My Experience», sermone tenuto all’incontro dell’Associazione Pastorale della Conferenza Generale nel 1926. Ripubblicato in Ministry, maggio 1986.

 

[Fonte: Adventist Review]

 

 

Quarantena abolita

Quarantena abolita

Ciò che la vicenda della Diamond Princess mi ha insegnato sull’amore di Dio in azione.

Dwight Nelson – Per un bambino nato in Giappone e cresciuto in Asia, sarebbe stato un sogno trascorrere ventuno giorni navigando in Oriente su una lussuosa nave da crociera come la Diamond Princess. Ma per i 2.666 passeggeri e 1.045 membri dell’equipaggio a bordo di questo hotel a 5 stelle galleggiante, la paradisiaca crociera si è trasformata in un incubo infernale. In quarantena nel porto di Yokohama dal 4 febbraio, la Diamond Princess è diventata un campo di battaglia del coronavirus.

Il 19 febbraio è stato il giorno che ha segnato, per alcuni, la fine della quarantena di due settimane imposta dalle autorità giapponesi. I passeggeri liberati – uno per uno, famiglia per famiglia, gli infetti e i risparmiati – sono usciti zoppicanti dalla nave e pregando di fare un rapido viaggio verso casa.

Il governo degli Stati Uniti ha inviato due jumbo 747, aerei di linea, per trasportare i circa 380 americani (almeno quaranta dei quali sono risultati positivi al nuovo coronavirus) nella loro terra natale, per vivere altre due settimane di quarantena aggiuntiva in due basi statunitensi.

Qualcuno ha ancora nostalgia di casa?

A dire il vero, questo pianeta che chiamiamo casa è sottoposto a una quarantena morale ormai da millenni. Solo tre esseri umani, che conosciamo per nome, hanno ottenuto il permesso di viaggiare oltre la cintura di sicurezza di questo nostro isolamento: tre viaggi di sola andata nel quartier generale del regno di Dio. Il resto di noi trascorre la vita conoscendo bene la realtà del confinamento nella zona di quarantena di questo pianeta.

Allargando ulteriormente la metafora o la similitudine, si scopre che un radicale intervento salvavita è avvenuto due millenni fa, quando il divino Signore dell’universo si è trasformato in forma umana, venendo ad abitare con la razza infetta e segregata, per circa tre decenni e mezzo. La sua morte per mano degli abitanti della terra moralmente malati e morenti – in una strategia drammatica e controintuitiva – ha accelerato il salvataggio di tutti gli esseri umani infetti vissuti nel corso della storia planetaria (se lo hanno scelto), nonché la ricostruzione definitiva dell’ecosistema di questo pianeta ammalato.

Vi è una Vita, una morte, una risurrezione, un ritorno, un Salvatore. E la straordinaria storia di una ribellione schiacciata, di una malattia sradicata e di un universo protetto, tutto tramite l’intervento onnipotente dell’amore incarnato.

La quarantena è stata abolita per sempre. Amen.

Qualcuno ha ancora nostalgia di casa?

 

[Foto e fonte: Adventist Review]

L’unica cosa che cambia tutto

L’unica cosa che cambia tutto

 

Don McFarlane – A metà degli anni ’80 ricoprivo la carica di presidente della Federazione meridionale del Regno Unito. Una volta invitai una ragazza di una delle chiese di Londra a condividere con un gruppo di pastori e anziani le aspettative dei giovani della chiesa nei loro confronti in quanto dirigenti. Francamente, pensavo a un lungo elenco di richieste, ma non fu così. La giovane parlò per soli 25 minuti, nonostante gliene avessi concesso 45. Due ritornelli del suo breve ma incisivo intervento sono rimasti ancora nella mia mente: i giovani nella chiesa vogliono sapere che i pastori e gli anziani si prendono cura di loro in modo autentico, e vogliono potersi fidare di loro.

Per sostenere le sue argomentazioni, la ragazza raccontò un’esperienza. Parlò di una sua amica che venne in chiesa, il sabato mattina, indossando un abito troppo corto. La ragazza in questione sapeva che il suo vestito era corto e continuava a tirare l’orlo nel tentativo di allungarlo, ma senza molto successo. Alla fine del culto, un anziano le si avvicinò e la rimproverò aspramente per essersi presentata in chiesa in modo così inappropriato. La sua risposta fu rabbiosa.

Più tardi l’amica disse alla ragazza di sapere che probabilmente non avrebbe dovuto indossare il vestito in chiesa perché troppo corto, ma la sua rabbia era dovuta al fatto che quell’anziano non le aveva mai parlato veramente prima di quel giorno. In precedenza, non le aveva mai rivolto una parola di conforto o di incoraggiamento. L’anziano non aveva alcuna autorità di parlarle in quel modo perché non aveva mai provato a stabilire una relazione «pastorale» con lei prima. Pertanto, non pensava che fosse qualcuno di cui potersi fidare.

Ogni anno, i capi di Stato di alcuni dei Paesi più ricchi del mondo si riuniscono per risolvere i problemi globali più difficili dell’epoca. Si tratta del G7, fondato nei primi anni ’70 e composto da Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti. Rappresenta oltre il 60% della ricchezza mondiale, stimata in circa 250 trilioni di dollari. Anni fa, intrapresi un viaggio per identificare alcuni dei principali fattori che spiegano la crescita dei Paesi ricchi e il loro successo economico. Capii subito che il fattore numero uno in ogni Paese in cui esiste una cultura che porta al successo economico duraturo è la fiducia. Fiducia nel governo, fiducia nelle istituzioni, fiducia negli affari, fiducia nei sistemi.

I Paesi del G7 e altri, come Danimarca, Svezia, Norvegia, Finlandia e Olanda, sono considerati nazioni con alti livelli di fiducia. I Paesi a bassa crescita economica sono generalmente quelli in cui la fiducia è scarsa. «Nei Paesi in cui la fiducia è alta, la criminalità e la corruzione sono basse. Le aziende con una buona reputazione ottengono risultati migliori e assumono i talenti migliori. I leader che sono considerati affidabili hanno maggiori probabilità di avere successo. Inoltre, se le organizzazioni possono sfruttare la fiducia, hanno molto da guadagnare».1

La fiducia
Se la fiducia è importante nel mondo politico e commerciale, lo è ancora di più in ambito spirituale e sociale. La fiducia è forse uno degli ingredienti più importanti per una vita ricca e piena. È un frutto prezioso. Il salmista esclama: «Quanto a me, io confido nella tua bontà; il mio cuore gioirà per la tua salvezza» (Sl 13:5). «Confida nel Signore con tutto il cuore e non ti appoggiare sul tuo discernimento. Riconoscilo in tutte le tue vie ed egli appianerà i tuoi sentieri» (Pr 3:5,6).

La fiducia in Dio, e nelle sue promesse, costituisce la base della nostra fede. La fiducia nei nostri genitori, figli, nonni e nipoti, fratelli e sorelle è la base delle nostre relazioni familiari e della libertà che conosciamo quando siamo con i nostri cari. Allo stesso modo, il livello di fiducia che abbiamo verso i membri della nostra comunità di fede, e in particolare nei dirigenti, determina quanto prendiamo sul serio la chiesa, quanto siamo disposti a essere coinvonti e la gioia che proviamo quando ne facciamo parte. La chiesa riceve benedizioni solo se crea relazioni con persone diverse. Cristo è il capo, ma le nostre interazioni quotidiane sono con il corpo, cioè le persone.

Molti appelli a dedicare tempo, risorse e impegno non sono spesso necessarie quando i membri si fidano di coloro che dirigono e della loro visione missionaria. J. Clif Christopher scrive: «Un pensiero chiave da ricordare è che una raccolta di amici è più importante di una raccolta fondi [gioco di parole in inglese non possibile in italiano, ndt.]. Dovreste aver voglia di fare amicizia dieci volte di più che ricevere una donazione. Se voi [i responsabili] trascorreste il tempo a coltivare un’amicizia, scoprireste che basteranno solo pochi minuti per ricevere una donazione che farà avanzare la causa di Cristo».2 I dirigenti della Chiesa devono tenere presente che non sono la loro carica , i loro titoli o i loro discorsi a ispirare fiducia; la fiducia viene dalle loro azioni.

La tesi di fondo di Christopher sul donare ad alto livello in una comunità locale è che la chiesa ha bisogno di un leader che, nel modo in cui costruisce le relazioni, instilli fiducia e sicurezza nelle persone. «Quando [i membri] non si fidano, contribuiscono, ma non si impegnano».3 Solitamente le persone dicono di donare a determinate cause perché credono in esse e nella loro missione. Mentre, è vero che in molti casi donano inconsciamente perché si fidano di colui che guida la missione. «Mi impegnerei di più a combattere se sapessi che [il generale] Patton è al comando, piuttosto che se mi dicessero che ci guida il soldato semplice Snuffy».4

Per una chiesa gioiosa in Cristo
Nei circa 30 anni trascorsi ad amministrare la chiesa, ho imparato quanto sia importante la fiducia per costruire una comunità locale e assicurarsi che abbia le risorse necessarie per crescere e svilupparsi. Quando la comunità locale ha un’elevata fiducia nei suoi dirigenti e aderisce alla missione più ampia della chiesa mondiale, i membri offrono più tempo, energia, impegno e denaro.

Volete avere una chiesa dinamica e piena di energia, che sia gioiosa in Cristo, che risponda alla vostra guida e che sia impegnata nel compiere la missione affidatale? Sì? Bene, siate bravi responsabili! Coltivate e incoraggiate le relazioni, in modo che ogni membro sappia che in quanto leader li amate, che sono speciali per Dio e quindi speciali anche per voi. Un atteggiamento amorevole costruisce relazioni; le relazioni creano fiducia e la fiducia produce impegno. È nell’impegno che si sperimenta la pienezza in Cristo, le gioie della vita cristiana e la motivazione a donare se stessi e le proprie risorse per estendere il regno di Dio.

Ellen G. White afferma che l’impegno totale che procede dalla fiducia è più prezioso dell’oro. «La sincerità e la verità sono le motivazioni approvate dal cielo. Dio considera più preziosi dell’oro di Ofir coloro che hanno amore sincero e totale per lui».5 Sono queste persone che il Signore cerca di plasmare tramite noi, dirigenti al suo servizio.

 

Note
1 Epi Ludvik Nekai, Trust Is the New Gold, Crowd Currencies, Social Business, February 22, 2018, https://crowdsourcingweek.com/blog/category/crowdsourcing/social-business/. Ultimo accesso 15 gennaio 2019.
2 J. Clif Christopher, God vs. Money: Winning Strategies in the Combat Zone, Abingdon Press, Nashville, 2018, p. 59.
3 Ivi, p. 58.
4 Ibidem.
5 Ellen G. White, Conseils à l’Économe, Review and Herald Publishing Association, Hagerstown, Md., 2000, p.206.

 

Don McFarlane ha servito per 33 anni come pastore, direttore di dipartimento e amministratore nell’Unione britannica e nella Divisione transeuropea. Da 7 anni è pastore nella chiesa di Sligo.

 

[Fonte e foto: Bulletin d’information adventiste. Traduzione: Lina Ferrara]

Ha 12 anni ed è assistente segretario delle Comunicazioni nella sua chiesa

Ha 12 anni ed è assistente segretario delle Comunicazioni nella sua chiesa

 

Samuel Girven aggiorna le pagine dei social e scrive comunicati stampa.

HopeMedia Italia – La giornata tipo di Samuel Girven, 12 anni, è diversa da quella vissuta in media dai suoi coetanei: va a scuola dalle 8 alle 16.30; controlla le pagine Facebook dalle 17 alle 18; cena dalle 18 alle 19; lavora ai comunicati stampa della chiesa locale dalle 19 alle 19.30.

«È più responsabile della maggior parte degli adulti che conosco» afferma Tom Mejeur, segretario delle Comunicazioni della chiesa avventista del settimo giorno di Cadillac, in Michigan (Stati Uniti). Mejeur supervisiona il lavoro di Girven sui comunicati stampa, i contatti con l’editore del giornale locale e la gestione dei social media della chiesa.

Tutto è iniziato un anno fa quando Girven, che frequenta la vicina scuola avventista di Northview, voleva aiutare l’istituto a raccogliere fondi per acquistare un sistema di sicurezza. Per gli organizzatori, il modo migliore era una vendita all’asta di articoli ricevuti in dono. Ma un mese prima dell’inizio dell’asta, le donazioni non arrivavano velocemente come previsto. A quel punto, S. Girven ha deciso di dare una mano.

«Alla fine di gennaio 2019, la scuola è stata chiusa a causa della neve. Ha nevicato senza interruzione per circa una settimana e mezza» ricorda il dodicenne «Così ho iniziato a cercare su Google le attività commerciali corredate di numero telefonico. Ho preparato una lista delle aziende che si trovavano entro le 100 miglia (160 km, ndt) di distanza e ho iniziato a chiamare. Mi pare di aver telefonato dalle 7 a mezzogiorno e dalle 14 alle 17».

Il suo impegno ha avuto un enorme successo. Girven ha contribuito a raccogliere 11.000 dollari (circa 9.900 euro, ndt) in donazioni di beni e servizi. Durante il periodo in cui chiamava le aziende, suo padre aveva scattato una foto e l’aveva pubblicata su Facebook. Questo aveva attirato l’attenzione di Mejeur.

«Nominare Samuel [come assistente segretario delle Comunicazioni] è stata una scelta naturale ma anche ovvia» spiega Mejeur, rilevando che il dodicenne collaborava con il programma audiovisivo della chiesa già diverso tempo prima della nomina. «La nostra comunità incoraggia molto i giovani e lui si è dimostrato competente e pronto a servire».

Da allora, S. Girven si è offerto volontario per gestire la pagina Facebook della chiesa e di solito scrive uno o due comunicati stampa a settimana. Tre dei suoi articoli – sul Camporee internazionale degli scout, sull’iniziativa evangelistica «Fieldwork» della chiesa e sull’attività di colportaggio porta a porta organizzata dalla sua scuola – sono stati pubblicati dal quotidiano locale, Cadillac News.

«Tutti coloro che incontrano Sam ne rimangono colpiti, anche i giornalisti» prosegue Mejeur «Il giovane ha una chiara visione di dove stiamo andando e vede ciò che va fatto… È un bravo scrittore e una persona intraprendente; ha realizzato tutte le interviste per gli articoli che ha scritto».

Dal canto suo Samuel non esita a ringraziare Dio. «Mi ha benedetto» afferma «con un talento che posso utilizzare per diffondere il messaggio del vangelo nella zona».
[LF]

 

Le tappe del processo di comunicazione. Durante il corso che avremo a Poppi, scopriremo quali sono e come implementarle in modo efficace. Clicca qui per info

 

[Fonte e immagine: Adventist Review online]

Moglie, madre… e discepola

Moglie, madre… e discepola

 

Edyta Jankiewicz – Eravamo sposati da poco quando Darius ed io abbiamo incontrato il presidente della Federazione in cui mio marito doveva entrare in servizio come pastore per la prima volta. Dopo i convenevoli e le congratulazioni iniziali, il presidente ci ha chiesto: «Sapevate che Dio ha creato il matrimonio per la crescita del carattere?».

Ero una giovane donna di 23 anni e non avevo mai pensato alla vita coniugale in quei termini, ma presto scoprii che aveva ragione.

Nei primi anni del nostro matrimonio, ogni volta che Darius e io affrontavamo un conflitto, la mia risposta standard era quella di dargli la colpa per tutto ciò che non andava. Poi, nel corso degli anni, capii che quanto di brutto gli vomitavo addosso ogni volta che ci scontravamo non dipendeva da quello che lui aveva fatto o detto, ma da ciò che era dentro di me.

Mentre imparavo lentamente ad assumermi la responsabilità dei miei difetti, il mio carattere si formava in modo nuovo. A poco a poco imparavo a gestire la rabbia, ad essere meno perfezionista e giudicante, a mostrare più empatia e ad essere più tollerante verso mio marito quando non agiva come avrei fatto io. Il matrimonio era davvero un’opportunità per il perfezionamento del carattere e lo avevo capito. Man mano che progredivo,  la vita matrimoniale divenne gradualmente molto meno turbolenta.

Poi nacquero i nostri figli. Quei difetti del carattere che pensavo fossero spariti sembrarono ritornare come una vendetta. Inoltre, imparai che avevo più difetti di quanto immaginassi! Negli anni in cui i miei figli crebbero dall’infanzia all’adolescenza, capii quanto fossi priva di amore, gioia, pace, pazienza, gentilezza, bontà, dolcezza e autocontrollo.

Sarei caduta nella disperazione se non avessi frequentato un piccolo gruppo. Ci eravamo appena trasferiti in una nuova città e avevo desiderio di creare amicizia con altre persone; così andai in una chiesa del mio quartiere e domandai se c’era un gruppo di donne di cui potessi fare parte. Mi risposero che, in effetti, ce n’era uno a pochi passi dalla mia nuova casa. Quindi, il mercoledì mattina, mettevo i miei due bambini nel passeggino doppio e camminavo per un breve tratto per incontrare un gruppo di donne di ogni ceto sociale e di diverse denominazioni.

Ricordo il primo incontro in cui, essendo l’unica avventista, pensavo di dovermi presentare al meglio per testimoniare la mia fede. Scoprii presto che le donne di questo gruppo non indossavano maschere, ma condividevano i problemi coniugali, genitoriali, con i suoceri e altre difficoltà interpersonali in modo molto schietto e reale; poi li immergevano nella preghiera.

Nei successivi due anni di frequenza, vidi cristiane che portavano i reciproci fardelli e ristabilivano con tatto coloro che confessavano le proprie debolezze (Ga 6:1, 2). Anche se non imparai ad espormi come le altre nel gruppo, appresi che: potevo condividere alcuni dei miei difetti e delle mie sfide, ed essere ancora amata; quando parlavo di un problema personale o familiare e chiedevo di pregare, quel peso sembrava alleggerirsi; il bisogno di crescita del mio carattere era meno scoraggiante nell’ambito di questa autentica comunità cristiana.

Con il senno di poi, ho capito che le mie esperienze, in famiglia e nei tanti piccoli gruppi di credenti di cui faccio parte da allora, sono state esperienze di discepolato.

Alcune persone che ho incontrato considerano il discepolato solo uno slogan. Altre mi hanno detto che la parola discepolato non è nella Bibbia e quindi non è biblica. Eppure, quando leggo il Nuovo Testamento, sono convinta che il concetto di discepolato fosse centrale nella vita e nel ministero di Gesù e degli apostoli. Le definizioni della parola discepolato sono tante, in maggior parte descrivono questo costrutto del Nuovo Testamento, ma quella che più tocca le mie corde è la seguente: «Il discepolato cristiano è il processo che dura tutta la vita per imparare a seguire Gesù e diventare più simile a lui, per il bene degli altri».

Mi spiego meglio.

Il discepolato è un processo di apprendimento. Come facciamo a saperlo? Perché la parola tradotta «discepolo» nel Nuovo Testamento è mathetes, che deriva dalla termine greco «imparare». Pertanto, un discepolo cristiano è colui che impara a seguire Gesù.

Nell’apprendere a seguire Gesù, a «rimanere con e in» lui (Gv 15), e nel «contemplare la [sua] bellezza» (Sl 27:4), riconosciamo quanto siamo diversi e quanto vogliamo diventare più simili a lui. Ripetutamente, il Nuovo Testamento evidenzia la «formazione» o «trasformazione» come obiettivo della vita cristiana (Ro 6:6; 12:2; 2 Co 3:18; 5:17; Ga 2:20; 4:19).

Amo il modo in cui Ellen G. White lo ha descritto: «restaurare nell’uomo e nella donna l’immagine del Creatore e ricondurli alla perfezione di quando erano stati creati. Questa doveva essere l’opera della redenzione. Questo è l’obiettivo dell’educazione [o del discepolato], il grande obiettivo della vita» – Principi di educazione cristiana, pp. 15,16.

Mi piace molto anche il fatto che Ellen G. White descriva questo processo di formazione come un viaggio che dura tutta la vita, che «non può essere completata in questa vita, ma che proseguirà in quella futura» – Ivi, p. 19.

Nel corso della nostra esistenza, in cui affrontiamo mutevoli circostanze, ci vengono offerte nuove opportunità per essere formati a sua immagine. Lo afferma in modo profondo questa dichiarazione: «[La vita familiare] può rivelare quanto abbiamo bisogno di diventare come Cristo. Quando i nostri figli sono cresciuti, la vita sorprende molti di noi con problemi alla prostata, diabete, mal di schiena e cancro al seno. I nostri figli sposati divorziano e tornano a casa. Risentimento, delusione e molte emozioni negative che credevamo scomparse tornano con rabbia. Ciò che diventa straordinariamente vero è che tutti gli eventi e le circostanze ci formano in Cristo. E tale formazione dura tutta la vita».1

Quando finalmente mi è stata chiara questa verità, cioè che il discepolato è un viaggio per tutta l’esistenza, «una lunga obbedienza nella stessa direzione»,2 ho capito perché le donne del piccolo gruppo di tanti anni fa non indossavano maschere. Io volevo accelerare la mia formazione, ma loro avevano già capito che «non è l’opera di un momento, di una ora o di un giorno, ma di tutta una vita» – E. G. White, Gli uomini che vinsero un impero, p. 560. Di conseguenza, non provavano vergogna per le loro inadempienze.

Manca l’ultimo pezzo della mia definizione: il discepolato cristiano deve essere a beneficio degli altri. Nel percorso in cui imparo ad amare e a seguire Gesù, apprendo anche ad amare gli altri ( Mt 22:37-39). E inizia dalla mia famiglia: quando cresco nel frutto dello Spirito (Ga 5:22,23), la mia famiglia ne trae beneficio; quando imparo a gestire la rabbia senza peccare (Ef. 4:26), la mia famiglia ne beneficia; quando imparo ad esprimere la mia sessualità in modi che onorano Dio (1 Te 4:3-5), la mia famiglia ne beneficia; e così via. Ma si estende anche alle relazioni con le persone al di fuori della cerchia familiare, in particolare con coloro che hanno bisogno di conoscere e sperimentare l’amore e la grazia di Gesù. Nell’apprendere a seguire le orme di Cristo e ad essere cambiata da lui, imparo anche a partecipare e a impegnarmi nella sua missione nel mondo (Mt 4:19).

Mi rimane tanta strada da percorrere, sono ancora molto concentrata sui miei bisogni e desideri per troppo tempo, ma conosco il lavoro di Dio realizzato nella mia vita. So che l’opera del Signore nella mia esistenza e in quella degli altri (famiglia e comunità di fede) è un processo che dura tutta la vita. Quindi, posso vivere senza finzione né vergogna, e posso essere paziente con me stessa e con gli altri perché so che l’opera di Dio in noi non è ancora finita.

Note
1 B. Hull, The Kingdom Life, NavPress, Colorado Springs, 2010, pp. 110, 111.
2 E. Peterson, A Long Obedience in the Same Direction: Discipleship in an Instant Society, InterVarsity Press, Downers Grove, IL, 2002.

 

[Fonte: Adventist Review. Traduzione: Lina Ferrara]

 

Praga. Convegno su Scuola del Sabato, Ministeri Personali e Corsi biblici

Praga. Convegno su Scuola del Sabato, Ministeri Personali e Corsi biblici

Mariarosa Cavalieri – Dal 30 settembre al 3 ottobre 2019, si è svolto a Praga l’incontro internazionale organizzato dalla Conferenza Generale per i responsabili del Dipartimento Ministeri Personali (Mmpp) e Scuola del Sabato (SdS), e dei Corsi biblici per corrispondenza, a cui hanno partecipato le Regioni Intereuropea, Transeuropea ed Euroasiatica.

Anche la nostra Unione è stata presente con quattro partecipanti: Silvia Vadi, responsabile dei Corsi biblici per corrispondenza; Petru Nyerges, direttore del Campo Sud e membro della commissione Mmpp e SdS per la sezione SdS e Missione; Stefania De Cristofaro Tramutola, segretaria di direzione dei Ministeri in favore dei Bambini; ed io (Mariarosa Cavalieri), responsabile nazionale del settore.

Abbiamo potuto conoscere e dialogare con ii nostri referenti a livello mondiale e stringere amicizia con i colleghi di altre aree. Il programma è stato ricco e ferrato, con numerosi ospiti. Le tematiche sono state interessanti e di stimolo per la riflessione. Abbiamo potuto conoscere i programmi mondiali della nostra chiesa riguardo alla Scuola del Sabato adulti, bambini e ragazzi, e al settore della testimonianza, quello dei Ministeri Personali. Abbiamo appreso che al momento il nuovo curriculum per bambini è ancora in fase di preparazione, mentre è stato illustrato il nuovo lezionario per giovani, InVerse.

Possiamo riassumere i contenuti dell’incontro con due espressioni chiave: discepolato e coinvolgimento di ogni membro della nostra chiesa. Abbiamo ricevuto in passato tanto materiale, programmi, idee ma nel discepolato c’è una realtà semplice come bere un bicchier d’acqua, a cui per natura il nostro cuore resiste contando più su programmi e iniziative. Questa realtà del discepolato è però indispensabile: l’autenticità, un rapporto ricercato quotidianamente con Dio, che si realizza durante la nostra settimana anche attraverso lo studio della Scuola del Sabato e la preghiera personale.

Il discepolo e la chiesa, inoltre, crescono. Una delle tematiche era nell’acronimo Grow, sul ciclo dell’evangelizzazione visto nella parabola del seminatore e ispirato al mondo dell’agricoltura, dove preparazione del terreno, semina, coltivazione, raccolta e conservazione sono tappe necessarie e importanti in vista del risultato. La Scuola del Sabato non è infatti quell’ora che viviamo il sabato mattina, ma è uno stile di vita che ci tiene legati a Dio; l’esperienza che viviamo con Dio la riportiamo poi, il sabato, nel nostro gruppo, e ci arricchiamo con quello che lo Spirito Santo ha ispirato ai nostri fratelli e sorelle che incontriamo.

La Scuola del Sabato ha così un impatto sull’evangelizzazione; è in questo modo che il nostro piccolo gruppo della SdS diventa un gruppo vivente, in cui si sperimentano momenti di comunione fraterna, preghiera, condivisione, approfondimento e missione. Il gruppo della SdS può diventare un sostegno alla chiesa locale e alla testimonianza.

In questo anno, fra i tanti propositi, riconsacra a Dio quello di dedicargli ogni giorno un momento per lo studio della sua parola, attraverso la guida della lezione. Siamo nella fase finale della storia di questo mondo che è ormai completamente schiacciato dal peso del peccato, e la Scuola del Sabato è un filo d’oro che ti unisce a Dio, alla tua chiesa locale, alla chiesa italiana e alla chiesa mondiale, in attesa del ritorno di Cristo.

Verona. GA alla manifestazione We Run contro la violenza sulle donne

Verona. GA alla manifestazione We Run contro la violenza sulle donne

 

Georgiana Mitocaru/Maol – Domenica 24 novembre, il gruppo «Crescere Insieme», formato dai giovani (GA) della chiesa di Verona, ha dato il via a una collaborazione con l’associazione Angels In Run, aderendo alla più grande manifestazione contro la violenza sulle donne tenuta in città e patrocinata dal Comune.

«Pensiamo che sia molto importante partecipare attivamente a eventi di questo genere che aiutino a migliorare un po’ il mondo in cui viviamo. In particolare, la violenza sulle donne è un problema ancora attuale in molti Paesi, anche in quelli più “civilizzati”» ha spiegato Ioana Costin del gruppo GA.

«Ci riferiamo a ogni tipo di violenza fisica e psicologica, insulti e linguaggio denigratorio che vengono messi in atto su donne quanto su uomini. Noi di Crescere Insieme vogliamo dire basta!», ha aggiunto.

Con la nuova edizione di We Run, in tanti si sono incontrati al Bottagisio Sport Center per camminare e correre lungo le rive dell’Adige. L’obiettivo era quello di sensibilizzare sul tema della violenza di genere e raccogliere fondi per sostenere le associazioni che aiutano concretamente le donne vittime di violenza e in difficoltà.

I giovani avventisti sono stati volontari lungo il percorso della gara, hanno aiutato al punto di ristoro e accolto i partecipanti all’arrivo. Come GA che si impegnano sul territorio sono stati molto apprezzati sia dai partecipanti sia dall’associazione.

«Ci ispiriamo a un Dio buono e rivoluzionario che, nella persona di Gesù, ha trasmesso il valore immenso di ogni essere vivente e ha combattuto le idee sbagliate dell’epoca, lottando per la liberazione delle donne dai tremendi pregiudizi da sempre esistiti» hanno affermato i giovani «Nel suo nome vogliamo impegnarci, con azioni e parole, a dire “no” alla violenza di ogni genere!».

Nozze di diamante. Quando un matrimonio supera ogni difficoltà

Nozze di diamante. Quando un matrimonio supera ogni difficoltà

 

Dora Burò – Il 25 ottobre i miei genitori, Attilio Burò e Maria Ciantia, hanno celebrato le nozze di diamante nella città di Hagen, in Germania, ove risiedono da ben 59 anni, circondati dai loro cinque figli, otto nipoti e quattro pronipoti. Insieme ai numerosi parenti, hanno riunito la loro grande famiglia per ringraziare Dio per il loro matrimonio così lungo e benedetto.

Mamma e papà si sposarono in Sicilia, a Piazza Armerina. La mamma apparteneva a una famiglia avventista; papà invece, conobbe Gesù nel 1952 e l’anno successivo fu battezzato. Entrambi hanno sempre servito il Signore e la chiesa con cura e dedizione. Papà è stato direttore dei Giovani, della Scuola del Sabato e, alla fine, è stato anche consacrato anziano di chiesa.

Come tanti siciliani, fu costretto a lasciare la sua terra in cerca di fortuna. Nel 1961 si trasferì ad Hagen, dove, successivamente, fu raggiunto dalla moglie e dai primi tre figli; gli altri due nacquero in Germania dove tutti risiedono.

In Germania si ritrovarono con il past. Vincenzo Mazza, conosciuto ad Assoro, in Sicilia. Insieme con lui organizzarono i congressi degli italiani, oltre a essere promotori di tante altre attività.

Il miei genitori hanno quasi sempre festeggiato i loro anniversari in Sicilia, con i parenti e la comunità, ma i 25, i 50 e ora i 60 anni di matrimonio hanno desiderato celebrarli con la famiglia in Germania.

Sia loro sia noi figli, nipoti e pronipoti, uniti ai parenti e alle comunità di Hagen e Piazza Armerina, siamo grati a Dio per aver sempre protetto Attilio e Maria e aver permesso loro di raggiungere questo importante traguardo, mantenendo la famiglia unita nella fede in Cristo Gesù.

 

A tu per tu con Gionathan

A tu per tu con Gionathan


In questa puntata di A tu per tu, Claudio Coppini e Roberto Vacca intervistano il musicista Gionathan di Radio Torino Biblica (RTB), a proposito del concerto “VeNew274” di venerdì 13 dicembre, promosso da Gospel Live e RTB, e sulla sua esperienza di musicista cristiano che cerca di rivolgersi a un pubblico secolarizzato.

Dal cattolicesimo al cristianesimo. Esperienza di conversione a Bari

Dal cattolicesimo al cristianesimo. Esperienza di conversione a Bari

Donato Cangelli – Sono nato in una famiglia cattolica. Una sorella di mio padre era Clarissa (monaca di clausura), la sorella di mia madre ha insegnato catechismo fino a 80 anni. Ho conseguito vari diplomi nello studio del catechismo. Poi, il ritorno a Bisceglie ha cambiato la mia vita. Ho dovuto interrompere gli studi per lavorare. Barista, portiere d’albergo di notte (avevo 15 anni e già fumavo un pacchetto di sigarette al giorno), ancora barista, venditore ambulante di biancheria per corredo, fin quando mio padre si è deciso a farmi riprendere gli studi. Nel frattempo la mia fede era diventata molto tiepida e girava come soffiava il vento. Dio era diventato un optional, ricorrevo a lui solo quando avevo bisogno e, se non mi accontentava, litigavo di nuovo con lui.

L’incontro, nello studio della storia, con la Riforma e la Controriforma, mi aveva portato a simpatizzare per Martin Lutero, ma non avevo affatto approfondito le sue tematiche, perché mi fidavo ciecamente della religione di famiglia. Poi l’incontro con le tematiche proposte dai cantautori. Quando Fabrizio De André pubblicò l’album «La Buona Novella» dichiarò: «Avevo urgenza di salvare il cristianesimo dal cattolicesimo».

Il matrimonio con la madre dei miei figli (era una cattolica «figlia di Maria») e tutte le vicissitudini che mi hanno portato, dopo diciassette anni, a subire il divorzio, mi hanno visto altalenante fra fede e ripudio di Dio.

Il nuovo matrimonio con l’attuale moglie dura da 27 anni. Le difficoltà sono iniziate quando non ci siamo potuti avvicinare ai sacramenti perché mia moglie, pur essendo vedova, aveva sposato un divorziato. Chiaramente non eravamo un buon esempio per nostra figlia che, ricevuta la cresima, non ha più frequentato la chiesa e ha preso le distanze da Dio.

Se per Paolo vi è stata la «via di Damasco», per me è arrivata l’Università della terza età, dove ho incontrato Mimmo Floro.

Quando Mimmo ha iniziato a proporsi, nell’ambito dell’università, come insegnante di Bibbia, mia moglie mi ha invitato a seguire qualche lezione. Una ciliegia tira l’altra, così mi sono ritrovato, circa tre anni e mezzo fa, ad assistere a una cerimonia che si svolgeva nella chiesa avventista di Bari. Non ricordo esattamente quale fosse l’occasione, ma l’accoglienza dei fratelli di chiesa e il coro, magistralmente diretto da Diana, mi hanno travolto, tanto da portarmi a frequentare ogni sabato la chiesa e a studiare la Scuola del Sabato.

Mi sentivo sempre più attratto da questa nuova realtà; così, un bel sabato, mi venne di chiedere a Mimmo Floro di poter seguire gli studi biblici.

Sabato 12 ottobre di quest’anno ho raggiunto il mio primo obiettivo: ricevere il santo battesimo. Il secondo obiettivo è quello che va curato giorno per giorno, di essere un buon cristiano che vive e divulga la parola, perché tutti possano avere la possibilità di conoscere Dio.

 

 

Bibbia Expo a Conversano

Bibbia Expo a Conversano

 

Petru Nyerges – Dal 23 al 30 ottobre, la sala comunale «San Giuseppe» a Conversano ha ospitato la Bibbia Expo. Evento molto apprezzato non solo dal sindaco e dal vescovo, presenti all’inaugurazione, ma anche dalla cittadinanza.

È stato bello vedere i membri di chiesa impegnati nella testimonianza, preparati per questo evento. Decine di persone che hanno visitato la mostra hanno espresso il desiderio di approfondire le varie tematiche suggerite nel questionario e molte altri visitatori sono rimasti impressionati dal percorso della Bibbia Expo.

Nei giorni di permanenza della mostra itinerante, 140 persone l’hanno visitata. In 40 hanno mostrato interesse ad approfondire il messaggio biblico con incontri personali e di gruppo, e 4 tramite i corsi per corrispondenza.

Riportiamo alcuni dei tanti pensieri espressi per iscritto dai visitatori:
Esperienza che è capace di stupire.
È una iniziativa meravigliosa, complimenti.
Ho scoperto e approfondito molte cose sulla Bibbia, grazie per questa mostra.
Ottimo percorso, da ripercorrere ancora.

 

 

[Foto pervenute dalla comunità in oggetto]

 

Passa la speranza! Virgilio Evangelisti

Passa la speranza! Virgilio Evangelisti


In questa puntata di Passa La Speranza! Claudio Coppini ha intervistato Virgilio Evangelisti, musicista e ascoltatore assiduo della nostra radio. Oggi ci racconta la sua personale vocazione e esperienza di vita.

Passa la speranza! è un programma a cura di Claudio Coppini del Centro di produzione RVS di Firenze. Nel corso del programma offriamo gratuitamente, a chiunque ce ne farà richiesta (anche nei giorni successivi), il libro: Incontri con Cristo di Roberto Badenas (traduzione italiana di Raffaele Battista), un tascabile della collana Segni dei tempi.

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