Tendenze preoccupanti

Tendenze preoccupanti


«Assistiamo a un peggioramento di tendenze preoccupanti. I governi di molti Paesi continuano ad opprimere le minoranze religiose in diversi modi, inclusi tortura, pestaggi, sorveglianza illegale e reclusione nei cosiddetti campi di rieducazione. Non smettono, inoltre, di discriminare le persone in base alla fede in numerosi ambiti quali, per esempio, l’accesso a determinate professioni o l’obbligo di lavorare durante le festività religiose». Il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, ha dipinto un panorama fosco della situazione della libertà religiosa nella presentazione al Congresso dell’ultimo rapporto elaborato dal dipartimento di Stato (da "Avvenire" del 16 maggio 2023).

Ne parliamo brevemente con il pastore Davide Romano, responsabile del dipartimento Affari pubblici e libertà religiosa dell’Unione italiana delle Chiese avventiste e direttore dell’Istituto di cultura biblica Villa Auora di Firenze (che comprende la Facoltà avventista di teologia). Nella seconda parte un cenno alla chiusura dell’anno accademico e l’opportunità dell’ "Open day" per una visita all’Istituto avventista Villa Aurora.

Un tavolo per progettare il futuro, in Ucraina e in Italia

Un tavolo per progettare il futuro, in Ucraina e in Italia


In questa intervista tratta dalla diretta RVS del 20 febbraio 2023, Claudio Coppini e Roberto Vacca commentano alcune notizie del giorno con il politologo Paolo Naso, giornalista, saggista, docente universitario, già coordinatore del progetto Mediterranean Hope della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI).

Tra i temi affrontati:Intervista a Zelensky "a testate unificate"; questa guerra sarà davvero corta? Corsa al riarmo e complicazione dello scacchiere internazionale; la situazione della libertà religiosa in Italia, un confronto pubblico promosso dal mensile Confronti che fa ben sperare.

 

312 milioni di cristiani minacciati dalle persecuzioni

312 milioni di cristiani minacciati dalle persecuzioni

Un cristiano su sette nel mondo. Pubblicata la Wwl 2023.

Notizie Avventiste – La nuova World Watch List (Wwl) di Porte Aperte presenta ancora una volta un quadro desolante della libertà religiosa nel mondo. Questa trentesima edizione esamina il periodo che va dal 1° ottobre 2021 al 30 settembre 2022 e mostra i primi 50 Paesi in cui i cristiani subiscono persecuzioni per la loro fede, oltre a creare consapevolezza sulle difficoltà che devono affrontare ogni giorno.

Più di 360 milioni di cristiani sperimentano alti livelli di persecuzione e discriminazione a motivo della loro fede (312 milioni se si considerano solo i Paesi della World Watch List in cui il livello di persecuzione è molto alto o estremo). Un aumento di 20 milioni rispetto a due anni fa. Almeno 5.621 cristiani sono stati uccisi a causa di ciò in cui credono, vale a dire l’80% in più rispetto a cinque anni fa (erano 3.066). La violenza contro i cristiani è aumentata in modo significativo, in particolare in Nigeria (sesto posto) e in altri Paesi dell’Africa sub-sahariana. Dalla Nigeria sono stati denunciati 4.726 rapimenti, nell’anno precedente erano stati colpiti almeno 2.510 cristiani. Secondo Porte Aperte, il crescente autoritarismo e il nazionalismo ideologico aggravano la persecuzione e la discriminazione.

Corea del Nord prima in classifica 
La Corea del Nord torna al primo posto tra i Paesi con la più intensa persecuzione dei cristiani. Dopo che i talebani avevano ucciso numerosi cristiani e costretto migliaia di persone a fuggire nell’agosto 2021, l’Afghanistan aveva conquistato per la prima volta la testa della classifica nella Wwl del 2022. La situazione dei cristiani nel Paese rimane estremamente a rischio. Nella lista 2023, non potendo avere sempre una chiara prova della persecuzione a causa della fede, il numero di atti di violenza documentati è rimasto basso e l’Afghanistan è attualmente sceso al nono posto. Ma la persecuzione nel Paese rimane a un livello estremo.

La Corea del Nord (tornata la numero 1) tocca il minimo storico di 98 punti. 
“In Corea del Nord, possedere una Bibbia significa rischiare la pena di morte o finire in un campo di prigionia” affermano da Porte Aperte. La nuova “Legge sul pensiero reazionario” criminalizza qualsiasi materiale di origine straniera pubblicato nel Paese, tra cui la Scrittura. Sono state scoperte più chiese domestiche e arrestati più cristiani. Si stima che ci siano 400.000 cristiani in Corea del Nord, che corrono un rischio enorme a causa della loro fede.

Somalia, Yemen, Eritrea, Libia, Nigeria, Pakistan, Iran, Afghanistan e Sudan seguono dal 2° al 10° posto.

La Cina all’avanguardia nella sorveglianza elettronica 
Molti Paesi hanno intrapreso un pericoloso mix di forza, nazionalismo e uso della tecnologia per controllare i propri cittadini. La Cina è leader nell’uso e nell’esportazione di tecnologia di sorveglianza. Nel Paese sono state approvate leggi che introducono nuove regole sull’uso di Internet. Solo le chiese e le Ong autorizzate, e quindi conformi al sistema, possono distribuire contenuti religiosi sul web. I servizi di culto da remoto, sempre più frequenti dopo la pandemia, spesso non sono più consentiti, così come l’offerta online di materiale didattico cristiano, ed è diventato impossibile acquistare copie della Bibbia su Internet o scaricare app bibliche. I trasgressori verrebbero puniti con lunghe pene detentive. La Cina è nuovamente il Paese in cui la maggior parte delle chiese e delle istituzioni religiose sono state distrutte o chiuse. Molti cristiani si riuniscono in piccoli gruppi per evitare la sorveglianza. A livello internazionale, la Cina spinge per una ridefinizione dei diritti umani, dove lo sviluppo economico e la sicurezza diventano più importanti dei diritti classici come la libertà di pensiero o di espressione.

La violenza sub-sahariana raggiunge nuove vette 
La persecuzione dei cristiani nell’Africa subsahariana è in aumento. In Nigeria, gli omicidi per motivi religiosi sono passati da 4.650 lo scorso anno a 5.014, con uno sbalorditivo 89% del totale internazionale. Con il Paese che crolla sotto la violenza islamista, i cristiani sono particolarmente vulnerabili. Ma quanto accade in Nigeria non è eccezionale, poiché la violenza jihadista diventa sempre più comune in tutta l’Africa subsahariana, con 26 Paesi della regione che registrano livelli di persecuzione molto significativi. I gruppi jihadisti uccidono, mutilano, stuprano, rapiscono per ottenere un riscatto e costringono le donne alla schiavitù sessuale, e molte sono costrette a fuggire.

Agnes, una ragazza che è stata rapita l’anno scorso da Boko Haram (un gruppo militante), ha raccontato la sua esperienza straziante: “Stavamo lavorando in un campo in una fattoria quando siamo stati sorpresi da uomini armati. Hanno rapito tre di noi… e ne hanno uccise due. Sono l’unica che è sopravvissuta”. A causa della violenza e dell’instabilità nella regione, altre centinaia di migliaia di persone sono state costrette a scappare dalle loro case e diventare profughi.

L’autoritarismo anche in altri Paesi 
In India (undicesimo posto), le leggi anti-conversione in undici stati prevedono che i cristiani siano soggetti ad arresti arbitrari, con possibilità di reclusione fino a dieci anni. È prevista anche una legge nazionale. Nell’attuale periodo di riferimento, più di 1.700 cristiani sono stati detenuti senza processo, spesso nel contesto di attacchi contro migliaia di cristiani da parte di estremisti indù. Tuttavia, la maggior parte di questi ultimi non è stata punita.

Il crescente autoritarismo dei governi in alcuni Paesi latinoamericani – unito a un atteggiamento sempre più ostile nei confronti delle chiese e della fede cristiana – porta per la prima volta il Nicaragua (al n. 50) nella World Watch List. Ma la situazione dei cristiani è notevolmente peggiorata anche in Colombia (n. 22), Messico (n. 38) e Cuba (n. 27). I dirigenti delle chiese sono stati messi sotto pressione e arrestati, la sorveglianza è stata intensificata, le registrazioni e i permessi negati, gli edifici confiscati.

Un barometro dei diritti umani 
“Gli attacchi ai cristiani sono un barometro dei diritti umani” ha affermato Ine Eriksen Søreide, ex ministro degli Esteri norvegese, dopo aver appreso dei risultati della Wwl.
"Il quadro presentato dal rapporto è un presagio di ciò che potrebbe avvenire per altri diritti" ha aggiunto esprimendo preoccupazione per il modo in cui la tecnologia moderna viene utilizzata per la sorveglianza.

Alcune buone notizie 
Non tutto va per il verso sbagliato. Ci sono tre cambiamenti positivi: in primo luogo, la violenza in Afghanistan sembra diminuita e il Paese è sceso in classifica; in secondo luogo, l’Egitto mostra un calo della violenza contro i cristiani; e in terzo luogo, alcuni Stati del Golfo hanno assunto una posizione diversa rispetto a prima nei confronti dei lavoratori migranti cristiani. Resta da vedere se le migliori condizioni in Qatar nel 2022 siano state un caso o una tendenza duratura.

[Fonte: Porte Aperte, Apd e tedNews]

 

 

 

 

 

 

Qatar. Restrizioni e confinamento per le chiese cristiane

Qatar. Restrizioni e confinamento per le chiese cristiane

Notizie Avventiste – “Mentre i tifosi di calcio di tutto il mondo si riuniscono in Qatar per la Coppa del Mondo Fifa 2022, perché tutte le chiese cristiane ufficialmente registrate in Qatar sono confinate in un unico distretto?” si chiede una portavoce di Porte Aperte. 
“I visitatori vengono incoraggiati a visitare i musei, gli antichi siti del patrimonio culturale del Qatar e i centri commerciali, ma una cosa che non potranno fare sarà visitare una chiesa” afferma Anastasia Hartman, di Porte Aperte in Medio Oriente “La vivace comunità cristiana del Paese è stata totalmente nascosta”.

Divieti
Tutte le chiese cristiane ufficialmente registrate in Qatar si trovano in uno stesso distretto nella capitale Doha: il complesso di Mesaimeer. Questo complesso è aperto ai cristiani che fanno parte della consistente comunità di espatriati nel Paese, e l’accesso è consentito anche ai visitatori non musulmani. Alle chiese non è permesso esporre all’esterno simboli religiosi, come ad esempio le croci. Le persone originarie del Qatar non sono ammesse all’interno del complesso. Al di fuori esistono alcune chiese di espatriati, ma non hanno il permesso legale di praticare la propria religione” informa Porte Aperte.

"Nel 2020, con la diffusione del Covid-19, il governo ha inviato una comunicazione alle chiese informandole che il permesso di riunirsi al di fuori del complesso era sospeso" sottolinea Anastasia Hartman “Questo ha lasciato oltre un centinaio di chiese senza permesso di operare. Ora che la pandemia si è attenuata, il Paese è di nuovo aperto. Tuttavia, non vi sono segnali che indichino un permesso di riapertura per le chiese. Alcuni segnali indicavano un possibile rilascio di licenze da parte del governo, ma questo poi non è successo”.

La chiesa avventista 
Nel complesso di Mesaimeer, a Doha, si trova anche la chiesa avventista del Qatar. È stata in grado di riaprire dopo la pandemia di Covid-19 nel marzo 2022 ed è visitata principalmente da persone provenienti da Paesi asiatici. Ecco il sito web con immagini delle attività: www.sdachurchdoha.org/

Convertiti senza permesso 
Intanto, l’esiguo numero di qatarini convertiti al cristianesimo non ha il permesso ufficiale di riunirsi o di esercitare la propria fede. La conversione a una religione diversa dall’islam è considerata apostasia ed è ufficialmente punibile con la morte secondo la sharia. Questa punizione estrema non viene messa in atto da molti anni, ma le famiglie musulmane e i membri della comunità subiscono enormi pressioni. La conversione dall'islam non può essere riconosciuta ufficialmente, con conseguenti problemi legali e perdita di status, custodia dei figli e proprietà, avverte Porte Aperte che aggiunge, sia i cristiani autoctoni sia gli espatriati convertiti al cristianesimo rischiano discriminazione, molestie e monitoraggio da parte della polizia.

Anche le lavoratrici domestiche, per lo più donne cristiane delle Filippine, non hanno vita facile a causa della loro particolare situazione e della dipendenza che ne deriva. Secondo un comunicato stampa dell'Alleanza Evangelica della Germania, spesso non sono in grado di vivere adeguatamente la loro fede.

La libertà di religione un diritto umano 
Il complesso di Mesaimeer è stato creato dal padre dell’attuale Emiro del Qatar, come un atto da parte del governo per promuovere il dialogo interreligioso. Anastasia Hartman afferma: "Si tratta di un gesto positivo. Tuttavia, ora il complesso è decisamente sovraffollato. È ora che i cristiani del Qatar abbiano libertà, perché la libertà religiosa è un diritto umano e non un aspetto da nascondere, come fosse qualcosa di cui vergognarsi".

"L’articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite afferma che ognuno dovrebbe avere la possibilità di esprimere la propria fede nell’insegnamento, nella pratica, nel culto e nell’osservanza" ricorda Cristian Nani, direttore di Porte Aperte in Italia.

"Se da un lato apprezziamo i passi avanti per ospitare le congregazioni di espatriati nel complesso di Mesaimeer, Porte Aperte chiede che alle organizzazioni religiose, sia quelle composte da qatarini sia quelle formate da stranieri, venga pacificamente permesso di operare, senza subire interferenze o essere monitorate".

Il Qatar si trova al diciottesimo posto nella World Watch List di Porte Aperte, la mappa che classifica i primi 50 Paesi in cui i cristiani affrontano un livello alto di persecuzione e discriminazione a motivo della propria fede.

[Foto: Open Doors. Fonte: Porte Aperte e Apd]

 

 

 

 

Basket Alabama. Riconosciuta l’osservanza del sabato alla squadra avventista

Basket Alabama. Riconosciuta l’osservanza del sabato alla squadra avventista

“È una vittoria per la libertà religiosa” ha detto la governatrice dello stato americano.

Notizie Avventiste – Si è concluso a favore della giovane squadra avventista di pallacanestro la controversia con l'Ahsaa, l’Associazione di atletica dell’Alabama che gestisce i campionati delle scuole superiori. L’Ahsaa ha concordato, lo scorso 27 settembre, di riprogrammare tutte le partite in conflitto con l’osservanza del sabato delle squadre avventiste. La sentenza è arrivata sei mesi dopo che i ragazzi della Oakwood Adventist Academy (Oaa) sono stati costretti a rinunciare alla semifinale del torneo statale di categoria, innescando una causa federale.

Il caso 
La quadra di pallacanestro della Oaa di Huntsville, in Alabama, doveva giocare la semifinale alle 16.30 di sabato 19 febbraio. Gli avventisti del settimo giorno osservano il sabato quale giorno di culto, a cominciare dal venerdì al tramonto fino al sabato al tramonto. Ma a quell'ora i ragazzi non potevano giocare, altrimenti sarebbero andati contro le loro convinzioni. Così la quadra avventista, i suoi avversari e altre due scuole cristiane partecipanti al torneo avevano deciso di scambiare le fasce orarie e avevano chiesto il consenso dell’Ahsaa. Ma l'Associazione di atletica aveva rifiutato, facendo scattare l’espulsione per aver rinunciato a giocare. È seguita una causa presso il tribunale distrettuale federale.

Nella causa, la scuola avventista ha chiesto all'Ahsaa di adottare ragionevoli sistemazioni per motivi religiosi nella pianificazione delle partite. Il Primo Emendamento rende possibili sistemazioni praticabili. Ad esempio, la National Collegiate Athletic Association ospita già scuole che osservano il sabato come la Oakwood University nei tornei nazionali. Queste sistemazioni garantiscono che i gruppi religiosi minoritari (come gli ebrei ortodossi o gli avventisti del settimo giorno) non siano esclusi dal campo di gioco né siano spinti ad abbandonare le loro convinzioni.

La nuova regola adottata da Ahsaa prevede che le scuole associate con obiezione a giocare in qualsiasi giorno diano avviso all’Associazione ogni autunno, prima dell’anno scolastico. L'Associazione riprogrammerà quindi tutte le partite post-stagionali che sono in conflitto con le credenze religiose della scuola richiedente. Le partite della stagione regolare non sono un problema poiché le scuole le programmano tra di loro.

Libertà religiosa 
Sull’esclusione forzata della squadra avventista era intervenuta anche la governatrice dell'Alabama, Kay Ivey, che aveva chiesto spiegazioni all’Associazione, e aveva ospitato anche i ragazzi per parlare con loro e congratularsi per aver seguito la loro coscienza.. 
Dopo la conclusione della controversia, la governatrice ha affermato: “Il voto di oggi dell'Alabama High School Athletic Association è una vittoria per la libertà religiosa e, senza dubbio, una testimonianza dei ragazzi della Oakwood e delle loro convinzioni. Sono rimasti saldi nella loro fede e hanno mostrato che il bene può venire da una situazione difficile. Qui in Alabama sosterremo sempre la libertà religiosa e questo cambiamento di regole va in questa direzione”.

[Fonte: Eud News]

 

 

 

 

 

 

 

 

La fine di tutte le guerre sia al centro dell’XI Assemblea del Cec

La fine di tutte le guerre sia al centro dell’XI Assemblea del Cec

Lo chiedono le organizzazioni per la pace in una lettera aperta.

Adventistischer Pressedienst Apd – Dal 31 agosto all'8 settembre si svolge a Karlsruhe, in Germania, l’XI Assemblea del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) all’insegna del motto “L’amore di Cristo muove, riconcilia e unisce il mondo”. In una lettera aperta al Comitato centrale del Cec e ai delegati, Chiesa e Pace, insieme a varie organizzazioni ecumeniche per la pace, esprime l'auspicio che l'Assemblea 2022 sia una piattaforma di dialogo e comprensione. Chiesa e Pace è attivamente coinvolta in questo dialogo.

“Negli ultimi decenni, la comunità ecumenica mondiale ha condannato agli armamenti militari, la guerra e la minaccia delle armi nucleari con decisioni e parole rivoluzionarie. Questo la rende un esempio luminoso per molti cristiani” sottolineano i firmatari. Soprattutto in questi tempi è indispensabile un chiaro impegno del movimento ecumenico globale per la rinuncia alla violenza e per il disarmo militare.

Dubbi sull'etica della pace cristiana 
“Osserviamo con grande preoccupazione che molte persone, sotto l'impatto della guerra in Ucraina, dubitano dell'etica cristiana della pace. Mettono in discussione l'obiettivo di superare la violenza attraverso l'amore per il nemico e la riconciliazione, e quindi anche una politica di costruzione civile della pace”, continua la lettera. I firmatari sono convinti che la fine di tutte le guerre e lo sviluppo congiunto della pace, della giustizia e dell'integrità del creato debbano essere al centro dell’azione.

I firmatari della lettera aperta 
Tra i firmatari della lettera aperta figurano i rappresentanti delle seguenti organizzazioni: Action Group Service for Peace, Church and Peace – European Peace Church Network, German Franciscan Province, German Mennonite Peace Committee, Mennonite Peace Center Berlin e Azione ecumenica senza armamenti.

XI Assemblea del Cec a Karlsruhe 
Per la prima volta l'Assemblea del Cec si svolge in Germania. Oltre 4.000 ospiti internazionali provenienti da circa 350 Chiese sono riuniti a Karlsruhe, dal 31 agosto all'8 settembre 2022. L'Assemblea è il più alto organo decisionale del Cec e di solito si riunisce ogni otto anni. I delegati prendono parte a sessioni di lavoro e plenarie ed è previsto anche un programma di incontri ed escursioni, a cui possono partecipare anche i visitatori.

Il Cec è composto da 352 Chiese e denominazioni provenienti da 120 Paesi. Rappresentano circa 580 milioni di cristiani nel mondo. Molte delle Chiese minori della tradizione evangelica e pentecostale non sono membri del Cec. Anche la Chiesa cattolica, la Chiesa avventista e l'Esercito della Salvezza (che uscì nel 1978) non sono membri del Cec, ma mantengono contatti in qualità di osservatori.

Così farà il dott. Ganoune Diop, direttore del Dipartimento Affari Pubblici e la Libertà Religiosa della Chiesa avventista mondiale, che è presente all’Assemblea di Karlsruhe su invito del Cec. Nella parte del programma “Conversazioni ecumeniche”, terrà tre presentazioni. Diop è stato anche invitato a far parte del comitato che pianifica i futuri colloqui tra le chiese.

 

 

 

Stati Uniti. Il Dipartimento di Giustizia contro la città di Lansing per discriminazione religiosa

Stati Uniti. Il Dipartimento di Giustizia contro la città di Lansing per discriminazione religiosa

Notizie Avventiste – Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha intentato una causa per discriminazione religiosa contro la città di Lansing per il presunto licenziamento di un’avventista del settimo giorno che si era rifiutata di lavorare di sabato. L’azione del Comune è una violazione del Civil Rights Act del 1964.

Nella denuncia presentata il 15 luglio 2022, Sylvia afferma di essere stata assunta come agente di custodia nel 2018, dopo aver informato il Dipartimento di polizia e i funzionari delle risorse umane che non poteva lavorare dal tramonto del venerdì al tramonto del sabato. Invece di trovare una soluzione, la città ha licenziato Sylvia quasi immediatamente dopo l’assunzione.

Il Dipartimento di Giustizia chiede per Sylvia il rimborso degli interessi e il risarcimento dei danni subiti. Inoltre, chiede che un giudice emetta un'ingiunzione che impedisca alla città di discriminare i dipendenti sulla base della religione e le ordini di sviluppare e attuare politiche che prevengano la discriminazione religiosa.

In un notiziario, il procuratore della città di Lansing, Jim Smiertka, ha negato l'accusa: “Non crediamo che quanto affermato sia coerente con i fatti e la legge come la conosciamo”.

Kristen Clarke, assistente procuratore generale della Divisione per i diritti civili del Dipartimento di Giustizia, ha sottolineato in un comunicato stampa: “Oggi la discriminazione e l’intolleranza religiosa non hanno posto sul posto di lavoro. I dipendenti non devono dover scegliere tra la loro fede e il loro sostentamento, in particolare quando il datore di lavoro può venire incontro alle loro convinzioni religiose”.

Dettagli sulla causa 
Secondo la denuncia, Sylvia ha sostenuto un colloquio di lavoro per il posto di agente di custodia a dicembre 2017, e in quella occasione la donna ha informato che non avrebbe potuto lavorare dal tramonto del venerdì al tramonto del sabato per rispettare il giorno di riposo biblico in quanto avventista del settimo giorno.

Sylvia è stata chiamata per la seconda volta a febbraio 2018 e durante quel colloquio le è stato nuovamente chiesto degli orari di lavoro. Lei ha spiegato di essere disposta alla flessibilità e che poteva lavorare con orari diversi, ma nell’affermare ciò non si riferiva alla sua osservanza del sabato.

A giugno Sylvia è stata assunta. Nel suo primo giorno di lavoro, il 18 giugno, ha guardato il suo programma di lavoro e ha notato che avrebbe dovuto lavorare sabato 23 giugno 2018, dalle 7.00 alle 19.00. Ha subito ribadito che non poteva lavorare di sabato. Dopo una serie di incontri, il 21 giugno 2018 ha ricevuto una lettera di licenziamento in cui veniva informata che “con decorrenza dal 20 giugno 2018, il Comune di Lansing cesserà il rapporto di lavoro con lei perché non è in grado di soddisfare i requisiti lavorativi che la posizione di agente di custodia richiede”.

L’Unione avventista chiede un'indagine 
Poco prima del suo licenziamento, Sylvia ha contattato il Dipartimento Affari Pubblici e Libertà Religiosa (Aplr) dell’Unione avventista Lake, che sostiene i membri di chiesa che affrontano problemi per avere il sabato libero dal lavoro (o dalla scuola). Nicholas Miller, direttore dell’Aplr presso l’Unione, ha risposto inviando una lettera e chiamando l'ufficio delle risorse umane della città per vedere se la decisione potesse essere revocata, ma non si sono mossi. Quindi, non ha avuto altra scelta che presentare un reclamo alla Commissione per le pari opportunità di lavoro (Eeoc).

Dopo un'indagine, l'Eeoc ha ritenuto che si fosse verificata una discriminazione. Di solito in queste circostanze, riferisce Miller, l'agenzia emette una lettera con diritto di citare in giudizio che consente alla vittima di intentare una causa con un avvocato privato. Solo in un piccolo numero di casi particolarmente meritevoli o importanti lo stesso governo federale, tramite il Dipartimento di Giustizia, fa causa per rivendicare i diritti della vittima. Ed è quanto è successo nel caso di Sylvia.

"Questa è una svolta entusiasmante per Sylvia" dice Miller "poiché dopo quasi tre anni senza che accadesse nulla, pensavamo che il suo caso fosse morto e sepolto”.

La storia di Sylvia è stata pubblicata sull'Herald, il mensile dell’Unione Lake, nel numero di ottobre 2020. Nell’articolo si evidenzia che prendere posizione per Dio può non portare successo o conferma a breve termine, ma è comunque importante essere fedeli.

“Il Signore ha benedetto Sylvia con una nuova e più soddisfacente occupazione (ora lavora con i bambini a rischio), ma pensavamo che la conferma delle sue convinzioni sul sabato potesse non arrivare in questo mondo” continua Miller “A quanto pare, il ritardo nell'indagine sul caso era dovuto al rallentamento per la pandemia. Ora, piuttosto inaspettatamente, Sylvia affronta la prospettiva di vedere le sue convinzioni sul sabato rispettate e protette in questa vita”.

Mentre il suo caso va avanti, ricordatevi di pregare per Sylvia. 

[Fonte: Lake Union Herald]

 

 

Solidarietà e pace globale per costruire un futuro migliore

Solidarietà e pace globale per costruire un futuro migliore

Notizie Avventiste – È in corso in Israele la Conferenza internazionale su “Religioni, solidarietà umana e pace globale: costruire un futuro migliore”. L’evento, iniziato ieri 23 maggio, è organizzato dall'International Religious Liberty Association (Irla), dall’International Association for the Defense of Religious Freedom (Aidlr) e dal Peres Academic Center, e si svolgerà fino al 25 maggio nelle città di Rehovot e Gerusalemme

“Il nostro mondo si trova di fronte a una tragica realtà” affermano gli organizzatori “Visioni di pace, solidarietà umana e affermazione di espressioni della dignità umana sono comuni alla maggior parte delle religioni, eppure le religioni sono state strumentalizzate come mezzi per alcune delle peggiori atrocità della storia. Recuperare e vivere secondo il meglio delle fedi può promettere di superare il peggio della religione”.

Leader religiosi, esperti, accademici e dignitari in diverse discipline e responsabilità contribuiranno a mostrare come il rispetto, il valorizzare le persone possano trasformare le ostilità e i conflitti in collaborazione, partenariato e rispetto reciproco. Interverranno anche Ganoune Diop, segretario dell’Irla, e Paulo Macedo, generale dell’Aidlr.

“Contrariamente all’esortazione alla non coercizione in materia religiosa, presente in tutte le religioni monoteiste, l'adozione della dignità della differenza non è stata la norma” spiegano gli organizzatori “L'intolleranza religiosa ha invece scandito la storia umana. In ogni regione del mondo gli impulsi egemonici hanno, come di consueto, scavalcato le virtù della tolleranza e dell'accettazione dell’umanità degli altri che credono diversamente. Hanno diviso l’unica famiglia umana in campi feudali ostili, in nome di convinzioni profondamente radicate usate per discriminare”.

La conferenza è dedicata all'esplorazione degli imperativi di pace, solidarietà e dignità umana dalle prospettive di ciascuna religione monoteista. L'obiettivo generale è condividere con la comunità internazionale linee guida da cui i piani d'azione saranno sviluppati e attuati da persone di buona volontà di ogni tradizione religiosa.

“Siamo invitati” concludono “a influenzare il nostro mondo nell'affrontare la tragica realtà della sofferenza umana, della divisione e della violenza, e collaborare per promuovere la convivenza pacifica e relazioni costruttive”.

Clicca qui per accedere al sito della Conferenza.

[Fonte: Eud News]

 

 

Libertà religiosa. Dono multiforme all’umanità

Libertà religiosa. Dono multiforme all’umanità

Ganoune Diop – Nella libertà religiosa vi è più di quanto sembra. Sebbene credere nella libertà religiosa sia antico quanto la religione stessa, è solo negli ultimi 250 anni che gli Stati e la comunità internazionale hanno espresso più chiaramente il loro impegno a preservare questa fondamentale libertà umana. “L’esperienza americana”, scritta nelle garanzie costituzionali del 1789-1791, articolava con chiarezza una comprensione fondamentale di questa libertà, separando formalmente chiesa e Stato, e vietando ai legislatori di emanare “leggi concernenti la istituzione di una religione o la proibizione del suo libero esercizio”. Presto, altre costituzioni rispecchiarono concetti simili ma il consenso sulla libertà religiosa richiese più tempo per svilupparsi nella comunità internazionale.

Un'organizzazione catalizzatrice nello sviluppo di tale consenso internazionale è stata l'International Religious Liberty Association (Irla) che ha una storia affascinante, risalente al suo statuto nel 1893. Il contesto che spinse alla creazione di questa associazione fu una proposta di legge al Senato degli Stati Uniti, che avrebbe violato direttamente le garanzie costituzionali del Primo Emendamento.

Nel 1888, i dirigenti avventisti si opposero a due progetti di legge presentati al Senato degli Stati Uniti dal senatore Henry W. Blair del New Hampshire. Il primo prevedeva la promozione della domenica, intesa come giorno del Signore e giorno di riposo, la cui osservanza doveva essere imposta come obbligo nazionale. Il secondo proponeva un emendamento costituzionale che richiedeva l’insegnamento dei “principi della religione cristiana” nella scuola pubblica.

Uno dei pionieri avventisti del settimo giorno, Alonzo T. Jones, poi diventato anche direttore di Adventist Review, aveva persino detto al Congresso di fermare la legge domenicale e la proposta di fare dell'America una nazione cristiana. Era, come l'aveva chiaramente descritta, una questione di libertà religiosa.

Un anno dopo, nel 1889, gli avventisti del settimo giorno crearono un'associazione per promuovere la libertà religiosa. Si chiamava "The National Religious Liberty Association". Questo movimento fu ampliato nel 1893 quando l'associazione crebbe fino a diventare l’International Religious Liberty Association (Associazione internazionale per la libertà religiosa).

Divenne una scelta deliberata quella di coinvolgere attori politici e religiosi all'inizio dell'esistenza della Chiesa avventista. Qualcuno potrebbe dire che fosse una necessità se la denominazione voleva essere credibile e rilevante nello spazio pubblico. La promozione della libertà religiosa doveva giovare a tutti. Gli avventisti del settimo giorno concepiscono la libertà religiosa come un diritto umano universale che non può essere limitato a un gruppo escludendo gli altri.

Oggi, è ancora vitale la disciplina di coinvolgere la comunità internazionale, tra cui le istituzioni globali e nazionali, per promuovere la posizione fondamentale e cardine della libertà religiosa.

Cosa rende questa libertà così importante?

Crescente consenso internazionale dopo eventi tragici 
Eventi geopolitici globali hanno alterato la storia del nostro mondo in maniera significativa. Due guerre mondiali nel XX secolo hanno spinto la famiglia umana a rivalutare la propria bussola morale. L'enorme perdita di vite umane ha sfidato le tradizioni accumulate nei secoli: 16 milioni di morti nella Prima guerra mondiale e 60 milioni di morti nella seconda.

Domande cruciali che non potevano più essere ignorate divennero parte della visione morale della comunità internazionale. Qual è il valore della vita umana? Perché tante assurde uccisioni? Che misura ha la dignità umana? In che modo la vita potrebbe essere oggetto di privilegi o abusi a causa di una valutazione basata su costrutti gerarchici razziali, etnici, culturali, politici o persino religiosi?

Esistono principi – principi morali – che possono fungere da barometro o da punti di riferimento nelle relazioni umane, negli impegni degli Stati e nelle norme internazionali?

La Dichiarazione universale dei diritti umani, adottata dalle Nazioni Unite nel 1948, doveva svolgere un tale ruolo: una bussola per guidare ciò che conta davvero quando si tratta di proteggere la vita, le responsabilità e i diritti umani. Il diritto fondamentale, quello che di fatto è alla base di tutti i diritti, è la libertà di religione o di credo. L'articolo 18 della Dichiarazione afferma:

“Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti”.

Ciò che segue è un tentativo di esplorare le molteplici dimensioni della libertà di religione o di credo, a livello personale, interpersonale, sociale, nazionale e internazionale.

Riconoscimento internazionale e formulazione della libertà religiosa 
La libertà di religione o di credo è esplicitamente riconosciuta nel diritto internazionale tramite la Carta delle Nazioni Unite, il Patto internazionale sui diritti civili e politici, gli accordi di Helsinki, la Dichiarazione sull'eliminazione di ogni forma di intolleranza e discriminazione basata sulla religione o sul credo, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, la Commissione africana per i diritti umani e delle persone, e nelle politiche di lavoro di molte altre istituzioni.

Le due dichiarazioni più famose sulla libertà religiosa si trovano nell'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti umani e nell'articolo 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici.

Fondamentalmente, la libertà religiosa, o libertà di religione o di credo, secondo la nomenclatura giuridica internazionale, è uno strumento indispensabile e incontrovertibile per sviluppare la consapevolezza nel delineare i parametri sul significato di essere umano e mostrare umanità. Pur considerando la libertà di religione o di credo da prospettive giuridiche, politiche, sociali e culturali, la nostra tesi fondamentale, non trattabile e non negoziabile, è che la libertà religiosa parla non solo dell'umanità di ogni persona ma anche della sacralità degli esseri umani. Questo presupposto è il pilastro fondante della libertà religiosa in una prospettiva basata sulla fede. È questa la radice spirituale della libertà religiosa.

La coscienza è la caratteristica dell'esperienza umana che determina il luogo del valore infinito di ogni persona. Il bisogno di libertà e di autodeterminazione di ogni essere umano capace di matura razionalità è radicato nella coscienza.

Definire i termini 
La libertà religiosa è prima di tutto una libertà. Fa parte di un insieme di libertà interconnesse, interdipendenti e indivisibili. È anche una libertà composita, inseparabile e centrale a tutte le altre libertà fondamentali.

“La logica sta nel fatto che la libertà religiosa è una libertà composita, cioè vi sono altre libertà legate ad essa. Consentire la libertà di religione implica consentire la libertà di parola, la libertà di riunione e la libertà di coscienza. Se un regime accetta la libertà religiosa, si sviluppa naturalmente un effetto moltiplicatore che spinge il regime verso ulteriori riforme. In quanto tale, la libertà religiosa limita il governo (è una ‘libertà’ dopo tutto) proteggendo la società dallo Stato. Il pluralismo sociale può svilupparsi perché le minoranze religiose sono protette” – Hitchen, citato da Carter 2017.

La libertà religiosa è il diritto di professare, praticare e propagare le proprie convinzioni senza coercizione, intimidazione o manipolazione. La libertà di religione o di credo include il diritto di indossare simboli e di esporli nello spazio pubblico. Costituisce altresì il diritto di possedere o avere beni dedicati a questioni religiose o filosofiche.

Di conseguenza, la libertà di religione o di credo è il diritto di costruire istituzioni come espressione delle proprie convinzioni profondamente radicate. Essa include il diritto di costruire spazi sacri progettati per promuovere le proprie convinzioni, la propria visione del mondo e i propri valori. È il diritto di compiere riti e rituali secondo le proprie convinzioni. E anche di celebrare e/o riservare tempi sacri per esprimere l'esclusiva fedeltà a Dio: per esempio, un giorno in cui tutto è sottoposto alla sovranità di Dio, il proprio tempo, le proprie riflessioni, le proprie attività o il riposo, come nell'ebraismo o nella tradizione avventista del settimo giorno.

Questa libertà è: 
1. Un principio politico. In modo più elementare, la libertà di pensiero, coscienza, religione o credo è un principio politico che si trova alla base di altri principi politici, come il consenso dei votanti, il governo limitato, lo stato di diritto, la democrazia e governo rappresentativo. 
2. Una disposizione giuridica nel diritto internazionale, sancita dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, dall'Unione europea, dalle agenzie dell'Unione africana, dall'Organizzazione degli Stati americani (Oas), dall'Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (Asean), da altre istituzioni internazionali e dalle costituzioni nazionali.
3. Una libertà composita. Presuppone libertà di pensiero, coscienza, credo, convinzione, espressione, riunione e associazione. 
4. Un diritto umano. Gli aspetti giusti sono spesso enfatizzati, ma c'è di più. L'aspetto umano non va trascurato per ragioni antropologiche, teologiche, filosofiche ed esistenziali. 
5. Un segno della nostra umanità, non solo in quanto esseri razionali, ma anche per il nostro senso di responsabilità morali ed etiche. Inoltre, la posizione centrale della libertà religiosa, fondata sulla libertà di coscienza, le consente di offrire una base normativa a ciò che significa essere un essere umano. Essa ha dimensioni sia individuali sia collettive, come la pacifica convivenza e cooperazione. 
6. Un simbolo della nostra interconnessione, per ciò che abbiamo in comune, non solo la consapevolezza, ma anche la coscienza umana. 
7. Un sigillo di sacralità. Nelle religioni monoteiste, gli esseri umani sono sacri, templi del divino, creati a immagine di Dio; o rappresentanti del divino; o connessi al divino, come nelle religioni asiatiche. 
8. Un appello alla solidarietà, alla tolleranza e al rispetto, fondato sulla sacralità di ogni essere umano. 
9. Un imperativo morale. La libertà di coscienza, religione o credo è un deterrente contro l'autoritarismo e il totalitarismo. È contro la violazione della dignità umana, contro la riduzione degli esseri umani a oggetti che si possono dominare, controllare o asservire. 
10. Espressione del valore incommensurabile di ogni essere umano. La libertà di religione o di credo è un segno che indica la necessità di proteggere gli esseri umani dall'essere strumentalizzati, usati, maltrattati e disumanizzati. Gli esseri umani hanno un valore infinito.

Ampliare la portata 
La libertà di religione o di credo è quindi un segno della nostra umanità e un simbolo dell'interdipendenza della famiglia umana. È intrinsecamente un appello alla solidarietà umana. Questa libertà, fondata sull'inviolabilità della coscienza, è anche un antidoto contro la violazione della dignità umana e contro ogni tipo di abuso e dominio.

In quanto tale, mira a promuovere la tolleranza nella dignità della differenza senza la necessità di uniformità di credo. Promuovere la libertà religiosa significa offrire alle persone il fondamento del rispetto di ogni essere umano. La libertà religiosa dovrebbe favorire la responsabilità basata sull'imperativo della solidarietà umana. Ci pone in una posizione tale da vedere gli altri con benevolenza, da accettare il loro valore infinito, misterioso, non quantificabile e incommensurabile.

Cosa ci insegna la fede 
Da una prospettiva religiosa, la libertà di religione o di credo è intesa principalmente come un attributo divino. Solo un essere totalmente autonomo e da nulla dipendente al di fuori di sé può rivendicare la libertà assoluta. Tuttavia, l’idea della creazione a immagine di Dio, contenuta nel linguaggio del Libro della Genesi, lascia spazio al riflesso di attributi divini comunicabili come la libertà.

Dal punto di vista della fede, la libertà religiosa è meglio intesa come parte dell'immagine di Dio. È profondamente connessa alla questione del libero arbitrio. L’importanza del libero arbitrio e della libertà di scelta è motivata dal fatto che non può esserci un vero patto senza la libertà di scegliere di entrare in una relazione. L'amore non può essere forzato. Dio ci offre una scelta. Non siamo stati creati come robot, macchine programmate che faranno automaticamente le cose previste in determinate circostanze.

Nel mondo odierno si è sempre più consapevoli della necessità di uno spazio in cui si possa raggiungere un consenso sull'importanza di tutti gli esseri umani. Cresce la consapevolezza della preziosità della vita umana, del suo mistero, dell'incontestabile considerazione della dignità di ogni persona. Questa consapevolezza è, ovviamente, contestata con forza dalle ideologie suprematiste, ma fa ancora parte dell’etica mondiale.

Tuttavia, “esiste il bisogno urgente di una maggiore chiarezza concettuale riguardo alla libertà di religione o di credo, non solo per difendere questo diritto da attacchi ostili dall'esterno, ma anche per rafforzare il consenso sul significato della libertà di religione o di credo all'interno della stessa comunità dei diritti umani” – Heiner Bielefeldt in Human Rights Quarterly (February 2013), p, 35.

Questo bisogno di consenso è ovviamente reale e rilevante per le comunità religiose così come per la società civile. L'importanza unica della coscienza umana, lo spazio sacro interiore che caratterizza ogni persona, vincolando la nostra stessa esistenza e le relazioni con gli altri su principi e valori etici e morali, necessita chiaramente di una maggiore e più pubblica affermazione. Senza tale affermazione e protezione, le persone diventano vulnerabili e possono essere strumentalizzate e ridotte a oggetti usati e maltrattati.

La libertà religiosa o di credo funge da segno e da costante richiamo alla necessità di relazionarsi con ogni persona con rispetto e cortese circospezione dinanzi al mistero di ciascuna persona. Quel misterioso mondo interiore è ricco di bellezze e tesori nascosti, ma mostra anche traumi e ferite che rendono la vita difficile a molti.

Ogni storia umana è complessa. Nessuno dovrebbe ergersi a pubblico ministero, giuria e giudice di un “tribunale” al di sopra della legge, e pronunciare sentenze contro gli altri perché sono diversi o perché non rientrano nel nostro sistema di riferimenti e preferenze. Accettare il diritto degli altri a esistere nella dignità della differenza richiede che ciascuno si fermi e rinunci a quella autoproclamata indecenza di giudicare gli altri senza conoscerne le storie. È necessario ascoltare gli altri alle loro condizioni.

La libertà religiosa, se creduta e vissuta, porta a una disposizione benevola verso ogni persona che si incontra. Diventa parte integrante di uno stile di vita caratterizzato da un atteggiamento umile di fronte al mistero dell'altro. Ogni essere umano che si incontra è in una inspiegabile e unica connessione con il Creatore. Questa relazione è sacra e intima. Può essere a vari stadi di realizzazione, ma è comunque irriducibile a qualsiasi categorizzazione. Pertanto, non dovrebbe mai essere profanata da intrusioni dirompenti da parte di nessuno. Questo spazio sacro unico che è la coscienza è insostituibile e irriproducibile. Non dovrebbe essere violato. Giudicare, criticare, mettere le persone in scatole, catalogarle e mancare di rispetto alla santità delle loro vite è un abuso inaccettabile, indipendentemente dal fatto che questi atti avvengano in contesti globali, nazionali, comunitari o personali. Tutti gli esseri umani sono dotati di sacralità: bambini, giovani, adulti e anziani di tutte le razze, etnie e religioni.

E se accettassimo la libertà religiosa? 
La libertà religiosa, o libertà di religione o di credo, è difficile da accettare a causa delle implicazioni che essa richiede sul modo in cui viviamo e ci relazioniamo con gli altri. Ma se questa libertà fosse accolta, non ci sarebbero genocidi, né conquiste, né sottomissione di persone, né dominio e controllo sugli altri, né traffico di esseri umani e nessuna schiavitù, moderna o antica. Non ci sarebbero annessioni territoriali che privano popolazioni e individui del loro spazio vitale e delle loro risorse.

Le nazioni non userebbero le leggi contro la blasfemia e le leggi contro le conversioni per rimproverare, reprimere, perseguitare, imprigionare e uccidere le voci dissenzienti. La dignità della differenza è celebrata quando nessuno viene ferito, umiliato e ostracizzato perché crede in modo diverso.

D'altra parte, il diritto alla diversità non sarà usato per costringere le società a legittimare scelte personali non conformi alle convinzioni altrui. La libertà di credo non deve mai essere usata per imporre una religione agli altri.

Nella sfera della fede, le religioni del mondo dovrebbero usare il potere della testimonianza e della persuasione pacifica per condividere le proprie convinzioni. Non ci dovrebbero essere coercizioni, conversioni forzate o intimidazioni a non convertirsi. I cristiani dovrebbero elevare Cristo, invece di conversioni forzate e dominio militare per soggiogare le popolazioni indigene. La missione, a differenza di una parte della sua dolorosa storia, dovrebbe essere solo un mandato a testimoniare il Principe della Pace e il suo appello alla riconciliazione con Dio e con gli altri.

Approfondimento dalla Bibbia 
Una dimensione incontrovertibile della libertà religiosa è rivelata nella Lettera ai Galati, capitolo 5. L'apostolo Paolo sostiene che l'intera fede cristiana si basa sull'idea di libertà. Scrive: “Cristo ci ha liberati perché fossimo liberi; state dunque saldi e non vi lasciate porre di nuovo sotto il giogo della schiavitù” (v. 1).

E ripete questa premessa: “Poiché siete stati chiamati alla libertà, fratelli; solo non fate della vostra libertà un'opportunità per la carne, ma servitevi gli uni gli altri mediante l'amore. Perché tutta la Legge si compie in una parola, nell'affermazione: ‘Amerai il tuo prossimo come te stesso’” (vv. 13, 14).

E poi, l'apostolo Paolo culmina la sua argomentazione con la descrizione del “frutto dello Spirito”. L'obiettivo finale della libertà, della libertà religiosa e anche di qualunque altra libertà, è l'amore. In modo più specifico ed esaustivo, la finalità della libertà è il frutto dello Spirito Santo: “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo” (v. 22).

Se crediamo a queste cose; se questo albero cresce; se questo frutto appare, allora vediamo chiaramente che abbiamo responsabilità individuali, interpersonali, sociali, politiche, economiche e spirituali da adempiere con l’azione. La fede non ci richiede niente di meno.

Persone di molte fedi e tradizioni filosofiche diverse possono radunarsi per promuovere questa libertà fondamentale e incontrovertibile, per la pacifica convivenza, per la guarigione delle relazioni umane e per la salute della società attraverso la dignità della differenza.

(Ganoune Diop è direttore del Dipartimento Affari Pubblici e Libertà Religiosa presso la Chiesa avventista mondiale e presidente dell’Irla)

[Fonte: Adventist Review. Traduzione. L. Ferrara] 

 

 

 

Minoranze religiose vulnerabili nei conflitti

Minoranze religiose vulnerabili nei conflitti

Il rapporto delle Nazioni Unite cita numerose violazioni dei diritti umani.

Tor Tjeransen – La retorica dell’odio è un'arma potente per creare realtà dannose per le minoranze in contesti fragili. Le minoranze religiose sono prese di mira e subiscono attacchi sia da parte delle autorità sia di privati cittadini in diversi Paesi.

L'aumento del numero di conflitti a livello globale negli ultimi anni ha privato molte comunità religiose dei loro diritti umani fondamentali, inclusa la libertà di religione o di credo. Ciò è documentato nel recente rapporto del Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di religione o di credo. Il rapporto di 22 pagine è intitolato “Diritti delle persone appartenenti a minoranze religiose o di credo in situazioni di conflitto o insicurezza”.

82,4 milioni di persone sono state costrette a fuggire nel 2020, vale a dire oltre l’1% della popolazione mondiale. Questa situazione è aggravata dalla crisi dei rifugiati prodotta dalla guerra in Ucraina.

Il rapporto sottolinea che l'incitamento all'odio può “promuovere un ambiente in cui la discriminazione non è solo tollerata ma anche approvata dai leader politici” (p. 5). In situazioni di conflitto, le minoranze religiose sono spesso etichettate come “straniere”, esponendole alla violenza. Il rapporto cita diversi esempi di tale comportamento. Uno riguarda la guerra in Ucraina: “Nelle regioni ucraine di Donetsk e Luhansk, le autorità de facto accusano regolarmente le denominazioni cristiane 'non tradizionali', come la Chiesa dei santi degli ultimi giorni e i testimoni di Geova, di essere spie dell'Ucraina e per gli interessi ‘occidentali’”.

La retorica dell’odio è evidenziata nei social media e persino nei programmi scolastici, “influenzando le generazioni future”. Nello Yemen, i leader delle aree controllate dagli houthi stanno cambiando i programmi didattici in modo che possano riflettere la loro comprensione dell'islam.

Tramite la violenza, l'intimidazione e la legislazione discriminatoria, gli Stati cercano di limitare i diritti umani delle minoranze religiose o di sradicare tali comunità. “Il Myanmar sta commettendo un genocidio contro i rohingya attraverso una campagna sistematica per estinguere o espellere le loro comunità dallo stato di Rakhine, infliggendo violenze diffuse e spesso indiscriminate” (p. 6). È noto che trentaquattro chiese cristiane e tre siti religiosi islamici sono stati distrutti nel giro di dieci mesi in Myanmar nel 2021.

Conversioni forzate 
Il rapporto è un lungo elenco di violazioni dei diritti umani subite dalle minoranze religiose nei conflitti. Le conversioni forzate sono una forma di tali violazioni. Il loro obiettivo è che le minoranze religiose abbandonino la loro identità di fede e si assimilino alla cultura principale. “Le prove mostrano che conversioni forzate di minoranze sono avvenute in Nigeria, Myanmar, Afghanistan, Pakistan e Sudan” (p. 7).

La violenza sessuale e di genere è un'altra forma di oppressione usata per distruggere le comunità minoritarie. Le storie strazianti di donne yazide in Iraq, aggredite sessualmente e ridotte in schiavitù dai soldati dell'Isil, ne sono un esempio. La difficile situazione delle donne cristiane nel nord della Nigeria è un altro esempio.

Il conflitto come scusa per le violazioni dei diritti umani 
Il Relatore speciale delle Nazioni Unite osserva che “diverse autorità statali hanno invocato situazioni di conflitto o insicurezza come giustificazioni politicamente convenienti per il loro mancato rispetto dei propri obblighi in materia di diritti umani o per strumentalizzare la fragilità di alcune comunità al fine di promuovere i loro obiettivi politici” (p. 9). Vengono citati il trattamento degli uiguri in Cina, dei palestinesi in Israele e le misure antiterrorismo dello Sri Lanka.

Le restrizioni anti Covid-19 sono state, in diversi casi, utilizzate per giustificare restrizioni ai diritti delle comunità di minoranze religiose o di credo. In Sri Lanka, India e Myanmar, i musulmani sono stati accusati di aver importato il virus o di aumentare i tassi di infezione. Alcune regioni hanno assistito a una "corona jihad" sui social media.

Ci sono prove che le autorità di diversi Paesi hanno attivamente lavorato per impedire alle minoranze religiose di ricevere aiuti umanitari. Il rapporto sottolinea gli obblighi dei rappresentanti umanitari di prestare attenzione alla fede religiosa delle comunità colpite.

Abrogare le leggi anti-conversione 
Il rapporto del Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di religione o di credo si conclude con elenchi di raccomandazioni. La prima delle 12 raccomandazioni per gli Stati è di “promuovere e proteggere la libertà di religione o di credo delle minoranze abrogando le leggi anti-conversione e anti-blasfemia…” (p. 20).

La raccomandazione primaria per le Nazioni Unite e la comunità dei donatori è di “evitare ampie generalizzazioni sulla relazione tra religione e conflitto” (p. 21). Il rapporto contiene una raccomandazione per i rappresentanti della società civile: "I leader e gli influencer religiosi dovrebbero usare la loro autorità per promuovere risoluzioni inclusive, pacifiche e giuste dei conflitti e per prevenire l'insorgere di tensioni, in particolare se condotte in nome della religione o del credo" (p. 22).

(Tor Tjeransen è direttore dei media presso l’Unione avventista norvegese)

[Immagine: Henry Stober/Adventist Media Exchange (CC BY 4.0). Fonte: Ann. Traduzione: L. Ferrara]

 

 

 

Cosa ci insegna fin qui la guerra di Putin (e di Kirill)

Cosa ci insegna fin qui la guerra di Putin (e di Kirill)

Davide Romano – Bisogna riprenderlo in mano, di questi tempi, quel meraviglioso saggio di James Hillman tradotto da Adelphi nel 2005,[1] e riscoprire ancora una volta quanto ancestrale e radicato sia nel cuore delle nazioni, nel cuore delle religioni e nel cuore dei singoli un terribile e inesausto amore per la guerra.

Tra i tanti meriti di quel saggio c’è anche quello di ricordarci le considerazioni amare di un anziano Robert McNamara, ex segretario alla difesa degli Stati Uniti al tempo di J. F. Kennedy e L. B. Johnson, che nel 2003 parlò della guerra in Vietnam come del risultato di un colossale difetto di immaginazione. Il medesimo difetto di immaginazione che oggi, aggiungo io, rischiamo di ripetere senza peraltro essere sicuri di conoscere quali siano le opzioni in campo per evitarlo. Intendo dire che nella situazione attuale ogni generica invocazione della pace risulta, nella sua assoluta giustezza, assolutamente equivoca al tempo stesso.

Se l’aggressore dell’Ucraina annuncia di voler “denazificare”, “demilitarizzare” e “neutralizzare” quel Paese, qualunque cosa vogliano dire questi termini sufficientemente inquietanti, non si può rispondere invocando la pace in termini generici, ma creando le condizioni affinché questo “vasto programma”, come avrebbe detto De Gaulle, non venga attuato e affinché il popolo ucraino non venga annientato o privato della sua legittima aspirazione ad autodeterminarsi.

Bisogna preparare la pace con il dialogo, con il confronto, con le reciproche concessioni e rivelando le proprie legittime paure, ma anche, quando è indispensabile, con la forza e la tenacia di chi non intende sdoganare la sopraffazione come metodo di ridefinizione dei propri confini e di soddisfazione delle proprie smanie imperiali.

Non so se la citazione di Churchill sia autentica, ma certamente è vera: “non puoi ragionare con la tigre quando hai la testa nella sua bocca”. Nel punto in cui siamo giunti, e con tutte le incognite che gravano su questo momento storico, si possono e si devono fare alcune considerazioni, a mio giudizio necessarie, anche se da tenere sullo sfondo.

La prima considerazione concerne le religioni coinvolte nel conflitto. In questa vicenda tra Russia e Ucraina le religioni hanno delle responsabilità e i loro rapporti non sono del tutto ininfluenti in ordine alla crisi in atto. I due maggiori patriarcati ortodossi al mondo, ovvero quello di Mosca, che da solo annovera circa il 60% dell’ortodossia mondiale e quello greco di Costantinopoli, di antichissima tradizione e che vanta un primato d’onore, si sono reciprocamente accusati e scomunicati, in territorio ucraino, a causa del recente (2018) riconoscimento da parte di quest’ultimo della agognata autocefalia del patriarcato di Kiev, che lo rende finalmente del tutto indipendente dall’orbita di Mosca.

Per quanto anticamente la Chiesa ortodossa russa sia nata proprio a Kiev, e per quanto la separazione di Kiev dal patriarcato di Mosca rechi con sé conseguenze significative – anche se rimane una piccola costola dell’Ortodossia ucraina fedele a Mosca – non si capisce il perché la chiesa ortodossa in Ucraina non possa legittimamente aspirare ad avere una sua sede ecclesiastica autonoma da Mosca senza che il patriarca di quest’ultima, Kirill, giudichi questo un tradimento degno della scomunica.

Ma questa aspra contesa ortodossa, da Kirill considerata un vero e proprio scisma, ha nutrito il progetto putiniano di reconquista dell’Ucraina?

Fino a qualche giorno fa era possibile supporlo, ma domenica scorsa il venerabile patriarca di tutte le Russie, fin qui piuttosto taciturno o generico sulla invasione dell’Ucraina, ha finalmente esternato un pensiero ben congeniato, per così dire, sulla sua visione dell’attuale conflitto, e ha affermato che da otto anni il popolo russo del Donbass sarebbe vessato a causa della sua resistenza ai valori occidentali salvo aggiungere in conseguenza di ciò che: “oggi esiste un test per la lealtà a questo governo, una specie di passaggio a quel mondo ‘felice’, il mondo del consumismo eccessivo, il mondo della ‘libertà’ visibile. Sapete cos’è questo test? È molto semplice e allo stesso tempo terribile: è una parata gay. Le richieste a molti di organizzare una parata gay sono una prova di lealtà a quel mondo molto potente; e sappiamo che se le persone o i Paesi rifiutano queste richieste, allora non entrano in quel mondo, ne diventano estranei”.

Ecco finalmente gettata la maschera. Nel momento in cui donne e bambini scappano dall’Ucraina e muoiono per le strade sotto i bombardamenti russi, il venerabile patriarca Kirill giustifica l’esigenza della guerra per scongiurare un pericolo più grande: la libertà eccessiva e le parate dei gay. In effetti… Suvvia come dargli torto? Cosa c’è di più terribile della libertà eccessiva e scollacciata dell’occidente, del suo consumismo compulsivo e del diritto a manifestare pubblicamente il proprio orientamento sessuale?

Se solo avessimo potuto spiegare tutto questo a Polina e suo fratello Semyon di 10 e 5 anni, morti sotto i colpi delle squadre speciali dei sabotatori russi, lo avrebbero capito subito e avrebbero accettato di buon grado di immolarsi per una causa così alta e così santa.

Anche un patriarca, come vedete, è capace di manifestare una simile angustia mentale e un terribile squallore spirituale da non avere pari.

I patriarchi scandalizzati dalla libertà, da una libertà eccessiva e visibile, sono scandalizzati da Cristo, quindi è giusto che scelgano di seguire Putin. Un uomo della provvidenza. Un Messia imperiale.

Dopotutto già nel mese di febbraio il metropolita Hilarion Alfeyev, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, aveva orgogliosamente affermato al cospetto di Putin che il suo dicastero si sentiva incaricato di difendere i sacri confini della nazione ortodossa.

Ma c’è una seconda considerazione che vorrei fare ed è che le democrazie liberali sono un bene prezioso che non possiamo perdere e che l’Unione Europea (Ue) e il tanto detestato Occidente può candidarsi a rappresentare sempre di più, malgrado alcuni pessimi esempi interni. Per carità, attendiamo il regno di Dio e non ci facciamo troppe illusioni. Ma nel frattempo, nel tempo penultimo della storia, nel governo della contingenza, meglio trovarsi in un posto in cui la parola “libertà”, per abusata e corrotta che sia, non genera reazioni belliche e caustiche campagne moralizzatrici.

Un effetto collaterale di questa guerra, curioso ma non troppo, è peraltro quello di accreditare tra i possibili mediatori di soluzioni pacifiche, leader di Nazioni che hanno un curriculum politico, recente o risalente, di stampo decisamente autoritario, il che complicherà inevitabilmente il processo di sensibilizzazione internazionale necessario al ripristino delle libertà minime per quei popoli e quelle minoranze che oggi vivono in condizioni di estrema precarietà in ordine alle garanzie civili e democratiche.

Lo stato di salute delle democrazie liberali è sempre più cagionevole. Il secondo decennio del nostro secolo ha infatti decretato la messa in stato d’accusa della democrazia liberale, anche in Paesi dell’Ue come la Polonia e l’Ungheria. Il leader di quest’ultima, Viktor Orban, ha com’è noto teorizzato una democrazia illiberale, e l’assalto al Congresso degli Stati Uniti delle orde trumpiane sono un pessimo segno premonitore.

Il ritorno a forme di nativismo e di razzismo nei confronti delle minoranze, il nazionalismo in chiave religiosa, l’attacco politico ai poteri costituzionali neutri – come è accaduto in Polonia con la Corte Costituzionale ad opera del partito di governo Diritto e Giustizia – la sistematica repressione degli organi di informazione liberi sono un bruttissimo segnale di quanto torbide siano le acque nelle quali navighiamo, specie uscendo dalla recente condizione pandemica.

Infine, come non notare l’errore dell’attuale pontificato di papa Bergoglio che, pur avendo provato a contrastare robustamente alcune retoriche xenofobe in Italia e in Europa, ha al tempo stesso, per altra via, contribuito ad accreditare sul palcoscenico internazionale leader la cui efferatezza era già nota, come Vladimir Putin, probabilmente in funzione antiliberale e antiamericana?

Si pensi al magnifico assist fornito dalla Santa sede a Putin sulla gestione dell’annosa crisi siriana, che è risultato molto fruttuoso poi per la Russia e per il regime di Bashar el Assad.

Il papa ha incontrato in questi anni il Presidente russo per ben tre volte e con incontri significativamente lunghi, segno di interessi geopolitici convergenti e forse anche di qualche simpatia di troppo di cui forse adesso la diplomazia vaticana sta cercando faticosamente di trarsi di impaccio attraverso uno strenuo tentativo di mediazione.

Tutto questo dovrebbe insegnare alle chiese che il contatto prolungato con le autocrazie illiberali non è mai foriero di promettenti sviluppi. I regimi illiberali lucrano sulle religioni sempre molto di più dei presunti vantaggi che queste ultime, ingenuamente e colpevolmente, cercano di ottenere da tali discutibili frequentazioni.

Bisogna riprenderlo in mano, di questi tempi, quel bellissimo e struggente pamphlet di Svetlana Aleksievic, Perché sono discesa all’inferno?, per capire ancora meglio in che grosso guaio ci siamo cacciati.

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Nota 
[1] J. Hillman, Un terribile amore per la guerra, Adelphi, 2005.

 

 

 

 

I diritti fondamentali, la pandemia, lo Stato e le sue prerogative: nozioni da rivisitare

I diritti fondamentali, la pandemia, lo Stato e le sue prerogative: nozioni da rivisitare




Registrazione del Webinar online con Davide Romano, direttore del Dipartimento Affari Pubblici e Libertà Religiosa presso l’Unione avventista italiana ed il prof. Pasquale Annicchino.

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