Ddl Zan. Un punto di vista avventista

Ddl Zan. Un punto di vista avventista

Davide Romano – La nota verbale consegnata il 17 giugno da monsignor Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, all’Ambasciata d’Italia presso la Santa sede, come è stato rilevato da tutti i commentatori, è un fatto alquanto irrituale.

Si è trattato di un intervento teso a drammatizzare il dibattito parlamentare e offrire una sponda robusta e inattesa – in realtà quasi un colpo di frusta – a quei settori del Parlamento che maggiormente hanno avversato fin qui, in maniera a dire il vero neanche troppo incisiva, l’approvazione del cosiddetto ddl Zan, che reca misure di prevenzione e di contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità, e che integra il già esistente art. 604 bis (e ter) del codice penale recante disposizioni sulla propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa.

La nota vaticana ravvisa nel disegno di legge n. 2005 (c.d. ddl Zan) una potenziale violazione dell’art. 2 commi 1 e 3 del testo di revisione del Concordato nel quale la Repubblica italiana si impegna ad assicurare alla chiesa cattolica la piena libertà di svolgimento della sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione oltre alla piena libertà di riunione, di associazione e di manifestazione del pensiero, con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

In che modo queste libertà assicurate alla chiesa cattolica siano compresse da un disegno di legge che intende sanzionare condotte discriminatorie e istiganti alla violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sulla identità di genere e sulla disabilità, non è dato sapere. A meno che non si ammetta implicitamente – ma sarebbe invero un po’ paradossale – che la chiesa, nella sua missione pastorale e nella sua libera espressione del pensiero, non sia dedita a istigare alla violenza contro le persone che hanno un diverso orientamento sessuale o una diversa percezione della propria appartenenza di genere rispetto al dato sessuale biologico o anagrafico.

C’è però un passaggio della nota che chiarisce un po’ la natura di questa presunta minaccia alla libertà pastorale, educativa e caritativa della chiesa che l’iniziativa legislativa in oggetto recherebbe, ovvero là dove si afferma che “ci sono espressioni della Sacra Scrittura e delle tradizioni ecclesiastiche del magistero autentico del Papa e dei vescovi, che considerano la differenza sessuale, secondo una prospettiva antropologica che la Chiesa cattolica non ritiene disponibile perché derivata dalla Rivelazione divina”.

In parole semplici vuol dire che la chiesa cattolica non tollera che il Parlamento legiferi su questioni che afferiscono alla tutela della persona e della propria autocoscienza e consapevolezza di sé e del proprio corpo, adottando coordinate valoriali e antropologiche diverse da quelle adottate dal magistero della chiesa e dal papa; in ascolto delle Scritture, per carità.

Questo passaggio della nota tradisce più di ogni altro il deficit che il cattolicesimo romano, nella sua espressione più politicamente qualificata, continua ad avere sul grande tema che attiene alla laicità delle istituzioni pubbliche.

La medesima nota, con le stesse parole, avrebbe avuto un senso molto diverso, comprensibile e rispettabile, a prescindere dalla condivisione o meno, se fosse giunta garbatamente da parte della Cei (Conferenza episcopale italiana, ndr) e non vergata dalla Segreteria vaticana, ovvero con tutto il carico diplomatico e intimidatorio che un’interpellanza di uno Stato estero, sui generis quanto si vuole, ha quando reclama il rispetto dei trattati.

Questo gesto, indice insieme di grande debolezza e di desiderio di rivendicare al tempo stesso saldezza di propositi rispetto ad alcuni scenari esteri cattolici, di lingua tedesca e inglese, giudicati forse troppo autoreferenziali, riporta in auge la doppia natura spirituale e secolare del potere ecclesiastico cattolico, che cerca di ottenere con lo strumento formidabile dell’esercizio delle proprie prerogative secolari ciò che nella sua forma spirituale ed ecclesiale, così largamente rappresentata nel nostro Paese, non riesce a ottenere. Dunque, quando non basta la predicazione e l’appello alle coscienze, si interviene in punta di diritto e con ukase dal vago sapore ultimativo e di scarsa tonalità francescana.

Alcune considerazioni sul disegno di legge 
Venendo al testo del ddl Zan, dobbiamo distinguere come per ogni legge il piano delle intenzioni e degli ideali dal piano delle realizzazioni concrete.

Questo esordio non vuole essere un modo ipocrita per liquidare il testo nella sua materialità e il lavoro tutto sommato dignitoso fin qui fatto dal Parlamento, ma per riconoscere che, specie su temi così delicati, ogni tentativo di normazione mostra necessariamente anche punti controversi nella misura in cui interferisce con una varietà di sensibilità etiche, civili, teologiche, sociali, politiche.

Una lettura non pregiudiziale – ma nemmeno velleitariamente spregiudicata – del testo, di un testo legislativo, conviene ricordarlo, che deve riferirsi alla generalità dei consociati, e che dunque non riflette necessariamente il punto di vista dogmatico o il sentire coscienziale di qualcuno in particolare, consente di ravvisare diversi elementi apprezzabili. Vediamo brevemente quali.

Il testo, integrando la fattispecie già prevista dall’art. 604-bis del codice penale che sanziona la propaganda e l’istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa, aggiunge (integra appunto) quali ulteriori motivazioni sanzionate quella fondata sul sesso (ad esempio inveire o istigare alla violenza contro una persona perché donna, ndr), o sul genere (specie quando la percezione individuale del proprio genere, maschile o femminile, non è conforme alle aspettative sociali connesse al sesso biologico, ndr) o sul proprio orientamento sessuale o sulla disabilità della persona.

Davanti a questa previsione normativa, ogni cittadino, qualunque sia la propria affiliazione religiosa, e ogni chiesa (e ciascuna confessione) deve domandarsi: sono d’accordo che nessuno venga maltrattato, discriminato con atti di concreta discriminazione, vilipeso ed esposto alla violenza per il sesso o l’orientamento sessuale, o l’intima percezione del proprio genere o la sua disabilità?

A chi scrive la risposta sembra pacifica: certo che sono d’accordo! Senza alcun ulteriore indugio.

Potrà sorgere, in seguito, la domanda se alla luce delle proprie convinzioni religiose, filosofiche, etiche, sia possibile però eccepire sulla natura di questi fenomeni quali, ad esempio, la disforia di genere, l’omosessualità, il gender.

La risposta che a questo interrogativo, anch’esso legittimo, il testo del ddl Zan offre è positiva.

L’art. 4 del disegno di legge, che di seguito riportiamo, inserisce infatti un’apposita clausola che salva il pluralismo delle idee e, per estensione, delle opzioni religiose e filosofiche:

“Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti ed opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”.

I passaggi che abbiamo volutamente riprodotto in neretto configurano un diritto ampio di comprensione e di valutazione anche critica dei fenomeni richiamati, purché non si passi ovviamente ad atteggiamenti omofobici o transfobici, che concretamente (non in astratto) si rivelerebbero prossimi alla violenza o forieri di violenza.

L’art. 7 del ddl Zan istituisce poi la Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia, ecc., al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione e prevenire l’insorgere di pregiudizi e atteggiamenti discriminatori. Tale giornata non avrebbe carattere festivo ma, diciamo così, simbolico, educativo, e andrebbe osservata anche nelle scuole, con la promozione di iniziative di sensibilizzazione. Purché compatibili con le risorse finanziarie allocate.

L’istituzione di questa giornata (il 17 maggio) sarebbe stata tra quelle parti del testo che avrebbero indispettito la Santa sede, per via della (presunta) obbligatorietà anche per le scuole cattoliche di osservarla.

A giudizio di chi scrive, l’articolo 7, anche per via della sua formulazione, mostra forse un eccesso di volontà pedagogica. Si potrebbe obiettare che una prassi di inclusione di ogni alterità, e di contrasto a ogni forma di discriminazione, deve avere cittadinanza, specie nella scuola, in ogni giorno dell’anno e in ogni programma scolastico. Inoltre, la formulazione del testo dell’art. 7 non recepisce (non include) ad esempio il contrasto alla discriminazione religiosa, che pure forma oggetto delle discriminazioni che l’art. 604-bis sanziona, e non sono, quelle religiose, discriminazioni meno diffuse e meno nocive. Così come non include il contrasto a ogni discriminazione della disabilità, pure estremamente perniciosa.

Ma fatti questi rilievi critici, passibili di eventuali emendamenti, non crediamo ci siano motivi per “stracciarsi le vesti”.

In conclusione 
La libertà della chiesa, di ogni chiesa, e di ogni confessione religiosa, deve sempre esercitarsi ad osservare il proprio limite fondante.

Esiste un giusto diritto della chiesa ad avere le proprie idee, i propri dogmi, e vedere riconosciuta l’intangibilità delle proprie pratiche di culto, i propri riferimenti tradizionali. Ma tale diritto, tale libertà implica necessariamente una grande responsabilità, nella continua riformulazione dei propri linguaggi mediali, nel rispetto delle altrui sensibilità e nelle legittime prerogative delle istituzioni pubbliche.

La libertà della chiesa deve anche tener nel debito conto la libertà dei credenti, che nel foro della propria coscienza, intrisa di peccato certamente (ma il peccato ecclesiale ha anch’esso dimensioni storiche non trascurabili), desiderano comprendere, valutare, esercitare un discernimento obbediente alla Parola di Dio così come essa si precisa nell’individuo.

La chiesa avventista non ha posizioni liberal, per così dire, circa i temi del ddl Zan, ma prova da sempre, con esiti che non spetta a noi valutare, ad osservare il limite tra il proprio perimetro ecclesiale e dogmatico e lo spazio pubblico, nel quale essa esprime il proprio punto di vista, compie la propria prassi caritativa e missionaria, senza la pretesa di colonizzare il dibattito pubblico o balcanizzare il dibattito parlamentare. Certo, si dirà, abbiamo il vantaggio del nostro essere esigua minoranza. Un vantaggio che però dà luogo, sia detto per completezza di informazione, anche a molti altri spiacevoli inconvenienti.

Come ricorda un vecchio adagio, “essere sale della terra” (Matteo 5:13) non vuol dire nutrire l’ambizione di trasformare la terra in una saliera. Che la chiesa dunque sia parte, piccola parte invece del tutto, è un segno inconfondibile di quella attesa del Regno di Dio che nel mondo è un seme, che feconda dall’interno, con tenacia, umiltà e curiosità per il punto di vista altrui. Perché anche Cristo si presentò nelle vesti di un anonimo viandante.  

 

Un italiano di fede islamica si candida alle primarie di Roma

Un italiano di fede islamica si candida alle primarie di Roma


"Ho deciso di scendere in campo per le primarie a Roma perché nella competizione che si è avviata manca del tutto un contributo centrato sul multiculturalismo. Una moderna capitale europea non può permettersi di ignorare la sua composizione sociale multietnica e multireligiosa, nè può pensare di appiattirla in nome di una non meglio definita integrazione e con un mimetismo religioso di fatto. Sono candidato alle primarie del centro-sinistra per la Presidenza del V Municipio. Il tema simbolo che mi propongo di portare alla ribalta è quello del diritto al culto. In Italia vige un intollerabile vuoto normativo" (da La Luce del 24-05-2021)

Ce lo racconta Francesco Tieri, un italiano di fede islamica, che abbiamo intervistato per mettere in luce la dimensione multietnica e multireligiosa dell'Italia di oggi.

La data delle Primarie a Roma è domenica 20 giugno. Potranno votare i residenti nel Municipio, anche quelli stranieri, e per la prima volta voteranno anche i minorenni che abbiano compiuto il 16° anno di età.

La trasmissione dedicata all'attualità su RVS – condotta da Claudio Coppini e Roberto Vacca – la potete ascoltare ogni giorno dal lunedì al venerdì dalle ore 8 alle ore 10

Pakistan. Cristiano avventista condannato a morte per blasfemia

Pakistan. Cristiano avventista condannato a morte per blasfemia

HopeMedia Italia – Un cristiano avventista pakistano che scontava l’ergastolo è stato condannato a morte. Lo ha reso noto il quotidiano online Uca News
Sajjad Masih Gill, della città di Goira, nella provincia del Punjab, era stato incarcerato con sentenza all’ergastolo perché accusato di per aver inviato un sms (messaggio di testo) ritenuto diffamatorio nei confronti del profeta Maometto. Lo scorso 10 marzo, l'Alta Corte di Lahore ha rinviato alla divisione del tribunale l'appello dell'udienza di Gill dopo aver consentito la revisione penale.

Tutto era iniziato nel dicembre 2011, quando un musulmano aveva denunciato Gill per avergli inviato un controverso messaggio di testo con il cellulare. Nel luglio 2013, il cristiano avventista era stato condannato all'ergastolo e a pagare una multa in rupie corrispondente a 2.000 dollari statunitensi.

Nel 2015, il fratello e il nipote di Gill avevano dichiarato di essere stati attaccati e minacciati da sconosciuti mentre tornavano a casa dopo aver visitato il loro parente nella prigione centrale di Sahiwal, il carcere più grande dell’Asia, con una superficie di 283.280 metri quadrati.

Nel 2016, due avvocati della Legal Evangelical Association and Development avevano segnalato minacce simili fatte da uomini armati sulla strada tra Kasur e Lahore. Entrambi avevano difeso Gill e presentato l’appello all’Alta Corte di Lahore.

Zeeshan Ahmed Awan, uno degli avvocati dell’accusa, ha riferito che il tribunale ha accettato le argomentazioni dell’accusa secondo cui la pena capitale era l'unica condanna possibile per blasfemia, ritenendo l’ergastolo "ripugnante" per le ingiunzioni dell'islam.

Le leggi pakistane sulla blasfemia prevedono la morte come pena massima per qualsiasi insulto al profeta Maometto. Gli attivisti per i diritti umani affermano che queste leggi sono state utilizzate contro i seguaci di altre religioni e di minoranze musulmane come gli sciiti.

Il dott. John Graz, direttore del Centro internazionale per la libertà religiosa e gli affari pubblici (Cilrap), collaboratore del Campus Adventiste du Salève, e che prima del pensionamento era stato responsabile del Dipartimento Affari Pubblici e Libertà Religiosa presso la Chiesa avventista mondiale e direttore dell’International Religious Liberty Association (Irla), ha ricordato di aver lavorato per il rilascio di Gill.

“La situazione delle minoranze religiose, e soprattutto dei cristiani, è molto difficile anche a causa di leggi come quella contro la blasfemia. Questa legge viene talvolta utilizzata, come nel caso citato, come pretesto per eliminare un concorrente. Il problema è che una volta accusato diventi bersaglio di numerosi estremisti in alcune zone, e gli stessi giudici sono minacciati. Il risultato è che una persona innocente può trascorrere anni in prigione o essere uccisa" ha affermato Graz.

Secondo il Centro per la giustizia sociale di Lahore, lo scorso anno è stato segnalato il maggior numero di accusati per blasfemia (200). Dal 1987, la provincia del Punjab ha registrato il più alto tasso di abusi della legge e della religione (76%), seguita dalla provincia del Sindh (19%).

[Fonte: Bia francese]

No Rights, No People. Webinar di Coscienza e Libertà

No Rights, No People. Webinar di Coscienza e Libertà

Francesca Evangelisti – La rivista Coscienza e Libertà organizza il webinar “No Rights, No People. La Russia è davvero stretta per molti”.

I prestigiosi ospiti parleranno delle criticità che vive la libertà religiosa in Russia.
Saranno relatori: Raffaella Di Marzio, direttrice del Centro Studi Lirec; Christian Di Blasio, responsabile Pubblic Affairs dei Testimoni di Geova; Liudmila Biscardi, pastora della Chiesa cristiana avventista. Modererà l'incontro Davide Romano, direttore di Coscienza e Libertà.

Appuntamento giovedì 25 marzo, alle ore 18.

Per il collegamento con Zoom:
ID 869 7799 4448
Passcode 960265

Il webinar sarà trasmesso anche in diretta sulla pagina Facebook di Coscienza e Libertà

 

 

Rassegna stampa. Dhaka, attacchi e sgomberi: due chiese protestanti nel mirino

Rassegna stampa. Dhaka, attacchi e sgomberi: due chiese protestanti nel mirino

AsiaNews.it – Sta suscitando preoccupazione tra i cristiani del Bangladesh il fatto che due chiese abbiano subito un attacco e una demolizione negli ultimi giorni. Il 25 febbraio, 10 addetti del Dipartimento forestale hanno demolito la chiesa di Sathirampara ad Alikadam (distretto di Bandarban). Si tratta di una chiesa degli avventisti del settimo giorno che era in costruzione: la comunità stava sostituendo la vecchia capanna di bambù trasformata in chiesa con un edificio in mattoni. I forestali hanno negato il permesso sostenendo che si tratta di un loro terreno, anche se nella stessa area vi sono già quattro moschee, tre templi buddisti, quattro grandi mercati e anche scuole pubbliche e private. Per nessuno di questi edifici sono mai stati segnalati problemi.

Sathiram Tripura, uno dei leader della chiesa di Sathirampara, racconta ad AsiaNews che gli abitanti di due villaggi sulle colline frequentano questo luogo di preghiera da molti anni. “I membri della comunità” spiega “hanno messo da parte il denaro per 15 anni per costruire la chiesa di mattoni. Non aver potuto terminare la costruzione è molto triste”.

La demolizione è avvenuta mentre gli uomini si trovavano a lavorare nella foresta. Tripura riferisce anche che la comunità comprende più di 100 persone e che ora si ritrovano a pregare a cielo aperto. Ma senza una chiesa la situazione diventerà molto difficile quando inizierà la stagione delle piogge. Il funzionario del Dipartimento forestale S. M. Kawsar ribatte che la sua amministrazione non ha distrutto nessuna chiesa, ma solo sgomberato un terreno del governo. “Per effettuare qualsiasi costruzione ci vuole un permesso” aggiunge “e i cristiani non l'avevano”. “In questo villaggio” sostiene “ci sono solo tre o quattro famiglie cristiane, non c'è bisogno di una chiesa”.

Un altro incidente era capitato qualche giorno prima ad Aditmari nel distretto di Lalmonirhat, nel nord del Bangladesh: un gruppo di musulmani locali il 10 febbraio ha attaccato l'Emmanuel Church, una chiesa protestante che esiste dal 2003 in un villaggio musulmano. Il pastore locale, Lovlu S. Levy, racconta che quattro assalitori hanno distrutto l'insegna della chiesa, tagliato alberi, forzato l'ingresso e rubato 30 sedie e due tappeti per un valore di 14.000 taka (140 euro).

“Gli abitanti di questa zona” racconta “sono fondamentalisti. Quando sono andato una prima volta dalla polizia non volevano raccogliere la denuncia dell'accaduto; mi hanno anche detto di non informare i giornalisti dell'attacco”.

Pare che la violenza contro la chiesa sia frutto della propaganda contro i cristiani di un locale waz mahfil (un luogo di incontro islamico), dove leader religiosi musulmani diffondono discorsi d'odio. Il pastore Lovlu S. Levy riferisce anche che la rabbia contro i cristiani è legata al fatto che nuovi fedeli si sono uniti alla comunità: “I musulmani sono arrabbiati perché abbiamo ricevuto Cristo, per questo ci attaccano. Ormai viviamo nella paura, dieci nuovi credenti sono scappati dal villaggio per la loro sicurezza”.

Il presidente della Bangladesh Christian Association, Nirmol Rozario, ha condannato questi due episodi. Sulla chiesa di Sathirampara ha ricordato che ciascuno ha il diritto di praticare la propria religione. “Chiedo alle autorità locali” ha aggiunto “di far sì che i fedeli cristiani possano costruire presto la propria chiesa”. Quanto invece all'assalto di Aditmari “i musulmani radicali hanno cercato di impaurire i cristiani. Condanniamo l'attacco” ha concluso “e chiediamo giustizia”.

[Foto e fonte: AsiaNews]

 

 

Burundi. Liberato pastore avventista detenuto per la sua fede

Burundi. Liberato pastore avventista detenuto per la sua fede

HopeMedia Italia – Il past. Lemack Barishinga, fedele servitore di Dio nella Chiesa avventista, è stato rilasciato dalla prigione centrale di Bujumbura, in Burundi, lo scorso 10 febbraio, dopo circa 16 mesi di detenzione. Era stato arrestato il 24 ottobre 2019 e imprigionato per la sua fede. Da allora, la Chiesa avventista mondiale aveva chiesto di pregare per lui e per l'intera comunità di fede in Burundi.

La Chiesa avventista in Africa centro-orientale è grata a Dio per la liberazione del pastore, ringrazia il governo e tutti coloro che hanno pregato per rendere possibile questo giorno di festa.

“Vorrei che ringraziassimo Dio per aver protetto il suo servitore e risposto alle nostre preghiere” ha affermato Blasious Ruguri, presidente della Chiesa in Africa centro-orientale “Desidero anche riconoscere l’impegno sul posto e in tutto il mondo, e di quanti si sono uniti a noi in questo percorso di preghiera”.

In attesa di ulteriori benedizioni nella missione, Ruguri ha esortato le chiese del Burundi a fare di Filippesi 1:6 il loro motto: "E ho questa fiducia: che colui che ha cominciato in voi un’opera buona, la condurrà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù”.

Il presidente della denominazione mondiale, Ted N.C. Wilson, ha espresso riconoscenza per il rilascio del past. Barishinga. “Siamo così grati a Dio e al governo del Burundi per la liberazione del pastore Lamec Barishinga per il quale abbiamo pregato durante molti mesi" ha dichiarato "Lodiamo il Signore per questo sviluppo positivo e verso una normalizzazione delle attività della Chiesa avventista in Burundi, in modo che il messaggio dei tre angeli possa diffondersi con maggiore potenza, in attesa del ritorno di Cristo”.

[Fonte: Adventist News Network]

 

Danimarca. Proposta di legge richiede la traduzione dei sermoni in danese

Danimarca. Proposta di legge richiede la traduzione dei sermoni in danese

HopeMedia Italia – In Danimarca è stato presentato un progetto di legge in cui si chiede che tutti i sermoni siano tradotti in danese e siano presentati alle autorità statali. Questo ha allarmato i sostenitori della libertà religiosa. La legge sui sermoni in lingue diverse dal danese è stata proposta come freno alla crescita dell'estremismo islamico, riporta Adventist Today che ha contattato Lasse Bech, segretario esecutivo e direttore del Dipartimento Libertà Religiosa presso l'Unione danese delle chiese avventiste.

“Negli ultimi due decenni il campo di battaglia nella politica danese è stato l'immigrazione” ha affermato Bech “La preoccupazione principale è il radicalismo… L’attuale progetto di legge è il risultato della preoccupazione che i predicatori religiosi stranieri possano nascondere dichiarazioni radicali parlando nella loro lingua. La legge così come proposta significherà due cose: aumentano i requisiti linguistici per il clero straniero che necessita del rinnovo del permesso di soggiorno; i sermoni in lingue diverse dal danese devono essere tradotti in danese.

In linea di principio, la libertà religiosa costituzionale rimarrebbe intatta, ma la legge imporrebbe oneri burocratici non necessari alle denominazioni. In pratica, si presume che i sermoni saranno sempre basati su un manoscritto completo. Anche se la traduzione è data oralmente dal pulpito, dovrebbe essere fornita anche in forma scritta”.

“La maggior parte delle chiese e alcuni dei partiti politici” ha spiegato ancora Bech “credono che la legge proposta non raggiungerà il suo obiettivo. Per prima cosa, si applicherà solo alle denominazioni approvate dal governo. L'approvazione del governo dà accesso a riduzioni fiscali per le donazioni dei membri e l'autorità di celebrare matrimoni riconosciuti dalla legge, ma qualsiasi gruppo religioso può scegliere di essere formato e praticare la propria religione senza l'approvazione del governo. Il disegno di legge che viene preso in considerazione non riguarderebbe le moschee non approvate (la scelta di alcuni), quindi alla fine non sembra affrontare il problema”.

“Anche se in senso stretto non è una restrizione alla libertà religiosa in quanto tale” ha concluso “proposte come questa condizionerebbero le comunità religiose come la nostra. Il regno danese comprende molte lingue: la Groenlandia e le Isole Faroer hanno ciascuna la propria lingua, e nella parte meridionale del Paese esiste una minoranza di lingua tedesca, così come molte chiese di immigrati. Ciò renderebbe più difficile avere pastori stranieri per le nostre chiese etniche. Inoltre, renderà complicato avere oratori dall'estero o predicare in chiese internazionali in una lingua diversa dal danese. Quella avventista è una denominazione mondiale, abbiamo predicatori che arrivano dall'estero e una chiesa internazionale a Copenaghen dove l'inglese è la lingua principale.

Non è certo che la legge sarà effettivamente discussa in Parlamento. La maggior parte delle chiese cristiane sono contrarie a qualsiasi legge che discrimini ogni altra religione, anche se non le riguarda. Questa è la posizione della Chiesa avventista in Danimarca, così come delle denominazioni che sono membri del Consiglio nazionale delle chiese. Si tratta dell'ennesimo requisito ora introdotto per le comunità religiose, che si aggiunge a molti altri immessi negli ultimi anni nel tentativo di controllare i movimenti religiosi radicali”. 

[Fonte: Adventist Today]

Webinar l’America a pochi giorni dal voto

Webinar l’America a pochi giorni dal voto

HopeMedia Italia – Giovedì 29 ottobre, alle ore 17.15 su Zoom, si terrà l’ultimo webinar della serie “Coscienza e Libertà verso le elezioni americane”. Organizzato dalla rivista Coscienza e Libertà, organo di stampa dell’Associazione internazionale per la diversa della libertà religiosa (Aidlr), l’incontro è sul tema “Countdown: l’America a pochi giorni dal voto, tra anticipazioni, bilanci politici e prospettive future”.

Saranno relatori: Elisabetta Grande, giurista comparatista, docente presso l'Università del Piemonte Orientale; Pasquale Annicchino, senior research associate Cambridge Institute on Religion and International Studies-Visiting Researcher Fbk; Davide Romano, direttore di Coscienza e Libertà.

Link Zoom: https://us02web.zoom.us/j/87017705096

ID webinar: 870 1770 5096

L’evento sarà trasmesso anche in diretta sulla pagina Facebook: https://www.facebook.com/AIDLR 
Sulla stessa pagina e sul sito dell’Aidlr sono disponibili le registrazioni degli appuntamenti precedenti a cui hanno partecipato come ospiti speciali il prof. Massimo Teodori e il prof. Massimo Introvigne.

Per ulteriori informazioni visitare il sito www.coscienzaeliberta.it

 

Università in Germania. Niente più esami nelle festività religiose

Università in Germania. Niente più esami nelle festività religiose

Della risoluzione beneficeranno soprattutto gli studenti avventisti ed ebrei che osservano il sabato quale giorno di culto.

Notizie Avventiste – Con decisione unanime, il senato accademico della Ruhr-Universität Bochum (Rub), la prima nuova università pubblica creata in Germania dopo la seconda guerra mondiale, ha deciso di “fissare le date degli esami futuri in modo tale che non siano in conflitto con i divieti religiosi di lavorare o le festività pubbliche”, secondo un comunicato stampa della Rub. In questo modo, commenta l’agenzia stampa Apd che ha diffuso la notizia, l’università si impegna ad avere un rapporto di tolleranza religiosa e considerazione reciproca.

La prof.ssa Isolde Karle, docente di teologia pratica e promotrice del provvedimento, è particolarmente lieta “che questa decisione sia stata presa all’unanimità dopo una lunga discussione con tutti i gruppi del senato e il rettorato. In qualità di università sensibile alle questioni religiose e rispettosa della diversità, la Rub è così un esempio a livello nazionale. La delibera del 9 luglio sul regolamento degli esami dà un contributo essenziale per garantire la libertà religiosa di tutti i membri dell’università, come stabilito dall’articolo 4, paragrafo 2, della Costituzione”.

La risoluzione si applica a tutte le comunità religiose, secondo la prof.ssa Karle, che è anche la cappellana della Rub: “Per quanto ne so, siamo la prima università in Germania ad applicarla in questo modo”.

Il nuovo regolamento è importante, spiega Apd, soprattutto per i membri della Chiesa avventista del settimo giorno e per gli ebrei ortodossi, che svolgono i servizi religiosi in giorno di sabato, secondo le indicazioni della Bibbia. Il portavoce degli avventisti in Germania, il past. Jens-Oliver Mohr, ha espresso soddisfazione per la risoluzione della Rub ed è grato “che la prof.ssa Isolde Karle abbia promosso questa iniziativa”. Resta da sperare che molte altre università tedesche promulghino regolamenti simili.

Naturalmente, anche i musulmani sono contenti per quanto riguarda le loro festività, come il Ramadan o la festa del sacrificio.

Applicazione
Gli studenti che entrano in una situazione di conflitto religioso a causa di un esame devono informare gli esaminatori o la rispettiva commissione d’esame in tempo utile, dopodiché verrà assegnata loro una data alternativa. Per fare questo bisogna fornire la prova della necessità di partecipare a una celebrazione religiosa o di un divieto religioso di lavorare.

Retroscena
L’iniziativa della prof.ssa Karle risale a un evento pubblico del dicembre 2019. Con i crescenti atti di antisemitismo e violenza contro gli ebrei in Germania, la discussione successiva ha sollevato la questione di cosa si potesse fare come università per inviare un messaggio chiaro. Volker Beck, politico del Partito dei Verdi e docente presso il Centro di studi religiosi della Rub, ha sottolineato che la programmazione degli esami è stata per decenni un problema per gli ebrei osservanti.

Secondo Karle, nell’ulteriore dibattito la questione e il testo sono stati poi deliberatamente formulati in modo aperto. “In linea di principio, tutte le denominazioni e le comunità religiose devono essere incluse nella risoluzione” si legge nella provvedimento approvato. La Rub sta attuando esattamente e in modo proattivo ciò che il governo federale e alcuni parlamentari dei partiti di opposizione, in particolare Bündnis 90 / Die Grünen, vogliono e rivendicano per la politica universitaria, conclude Apd.

[Immagine da Apd: ben-mullins/unsplash]

 

La corte europea processerà l’Italia sulla libertà religiosa?

La corte europea processerà l’Italia sulla libertà religiosa?


Un ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è stato presentato dall’avv. Pier Francesco Poli per conto del sig. Abu Hanif Patwery, cittadino bengalese residente a Milano, che era stato condannato a 6 mesi di carcere e 9 mila euro di multa in quanto presidente dell’associazione di via Cavalcanti a Milano che ospitava la preghiera islamica. La Corte Europea ha ritenuto ammissibile il ricorso.

La destinazione per culto sovente non viene concessa e pregare laddove c’è diversa destinazione urbanistica costituisce un abuso edilizio, punito penalmente, quindi pregare diventa un reato. Tra gli abusi edilizi spesso contestati vi è la realizzazione di spazi per le abluzioni, fattispecie che riguarda il caso di via Cavalcanti.

La responsabilità penale della violazione urbanistica ricade sul presidente dell’associazione dentro i cui locali viene consentita la preghiera e per questo il sig. Patwery è stato condannato.

Sia la Corte d’Appello che la Corte di Cassazione hanno respinto il ricorso contro la sentenza del Tribunale di Milano. Il ricorso alla Corte Europea ha superato invece il primo vaglio di ammissibilità, uno step che circa il 90% dei ricorsi non supera. Nel merito il ricorso presentato cita anche un precedente pronunciamento della Corte Europea su un ricorso analogo presentato dai Testimoni di Geova contro la Turchia, quindi le probabilità sembrano essere a favore del sig. Patwery.

La tesi sostenuta in questo caso è che con il vuoto normativo italiano in materia di libertà di culto e con le forti limitazioni nell’edilizia di culto poste in essere dalla legge anti-moschee della Lombardia è praticamente impossibile realizzare un edificio adibito alla preghiera, negando di fatto un diritto fondamentale.

L’aggravante per l’Italia sarebbe che si può arrivare alla condanna penale di chi mette in pratica soluzioni per sopperire alla grave privazione di una libertà fondamentale, commettendo illeciti di gran lunga meno gravi della violazione da parte dello Stato rispetto alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo sottoscritta dall’Italia (tratto dall’articolo dal titolo Negato il culto ai musulmani, la Corte Europea processerà l’Italia di Francesco Tieri sulla rivista La Luce del 15 07 2020).

Parliamo di questa vicenda giudiziaria, di libertà di culto e di diritti negati alle comunità islamiche con Francesco Tieri, autore dell’articolo e attivista islamico del Lazio.

Sfogliando il giornale, con Cristian Nani di Porte Aperte Italia

Sfogliando il giornale, con Cristian Nani di Porte Aperte Italia


Sono due i comunicati di Porte Aperte Italia che commentiamo quest’oggi con Cristian Nani, direttore di Porte Aperte Italia.

La crisi causata dal Covid19 impedisce la fuga dei nordcoreani, ma non sono stati ancora riportati casi ufficiali nel paese. La pandemia di Coronavirus, con i confini ufficialmente chiusi e l’incremento delle misure di sicurezza, ha reso più arduo che mai il fenomeno della fuga dal paese di cittadini nordcoreani. Il Ministero dell’Unificazione in Corea del Sud ha dichiarato che solo 12 fuggitivi nordcoreani sono riusciti ad arrivare a Seul da aprile a giugno 2020 (7 in aprile, 2 in maggio e 3 in giugno). L’anno scorso, durante lo stesso periodo, 320 nordcoreani erano arrivati in Corea del Sud.

La Commissione Europea ha deciso di rinnovare la posizione dell’Inviato Speciale per la Libertà Religiosa solo poche settimane dopo aver dichiarato che non lo farà nel futuro prossimo.
“Abbiamo deciso oggi di rinnovare la funzione dell’Inviato Speciale per la promozione della libertà di religione o di credo al di fuori dell’UE”, ha twittato ieri, 8 luglio, il vicepresidente dell’UE Margaritis Schinas. “La nomina dimostra la nostra determinazione a garantire che i diritti di TUTTE le fedi e le credenze siano rispettati in tutto il mondo”, ha detto Schinas, che
detiene anche il portafoglio della Commissione per la promozione dello stile di vita europeo. In una lettera del mese scorso, la Commissione aveva annunciato che non avrebbe nominato un Inviato Speciale sulla Libertà di Religione o di Credo al di fuori dell’UE “all’interno dello stesso dipartimento” in questo momento. Il ruolo è stato creato nel 2016 nel dipartimento “Partnership Internazionali” e il suo primo inviato è stato il politico slovacco Ján Figel’, il cui mandato è terminato il 30 novembre 2019. A lui è stato riconosciuto il merito di aver posto saldamente la libertà religiosa come diritto umano nell’agenda dell’Ue e di aver svolto un ruolo vitale nella liberazione della donna cristiana pakistana Assiya Noreen, più conosciuta come Asia Bibi, accusata di blasfemia contro l’Islam.

Porte Aperte è un’organizzazione evangelica al servizio dei cristiani perseguitati nel mondo. Da oltre 60 anni è impegnata nella ricerca sul campo di cause e soluzioni alla persecuzione, fornendo supporto materiale, aiuti di emergenza, letteratura, formazione e assistenza ai cristiani che soffrono a causa della loro fede.

(NELLA FOTO: Scene di vita quotidiana a Chongjin, in Corea del Nord)

San Paolo. Approvato disegno di legge che garantisce la libertà religiosa durante la pandemia

San Paolo. Approvato disegno di legge che garantisce la libertà religiosa durante la pandemia

Riconosciuto il diritto di svolgere attività accademiche e lavorative in orari alternativi per chi osserva il sabato nello stato brasiliano.

Notizie Avventiste – A giugno, la deputata avventista Damaris Moura ha visto approvare un suo emendamento che garantisce l’obiezione di coscienza religiosa a studenti e dipendenti pubblici nello stato di San Paolo, in Brasile. Il testo fa parte del disegno di legge 350/2020 che istituisce misure di emergenza nel periodo critico causato dal nuovo coronavirus, votato in una sessione virtuale straordinaria dai membri dell’Assemblea legislativa di San Paolo (Alesp). L’emendamento aiuta gli avventisti del settimo giorno e i membri della comunità ebraica nello stato.

D’ora in poi, agli studenti delle istituzioni pubbliche e private di San Paolo, a tutti i livelli, è garantito il diritto di svolgere esami e attività accademiche in giorni alternativi al sabato. Il past. Odailson Fonseca, direttore del Dipartimento Affari Pubblici e Libertà Religiosa della Chiesa nella regione, ha espresso soddisfazione per l’approvazione del disegno di legge. “La libertà religiosa non è una questione di scelta, è una questione di legge. Pertanto, un risultato come questo porta al suo rispetto in quanto valore non negoziabile” ha affermato.

Gioia ha espresso l’on. Moura che ha fatto del diritto alla libertà religiosa la sua bandiera principale, in particolare dopo il parere numero 5/2020 del Consiglio nazionale dell’educazione, approvato dal Ministero della pubblica istruzione (Mec), che autorizza le scuole a tenere di sabato le classi perse durante l’emergenza Covid-19. In questo modo, migliaia di giovani avventisti che frequentano gli istituti pubblici sarebbero danneggiati, come anche i membri della comunità ebraica nello stato di San Paolo. La garanzia di esenzione religiosa si estende anche a tutti i dipendenti di servizio pubblico, sia diretti sia indiretti (articolo 35).

L’on. Moura ha spiegato come è nato l’emendamento: “Ho inserito questo capitolo nel disegno di legge 350/2020 basandomi sull’articolo 5 della Costituzione federale, in cui si garantisce che ‘nessuno sarà privato dei diritti a causa della fede religiosa’”.

“Si basa inoltre sull’articolo 7, la legge sulle linee guida e le basi dell’educazione (Ldb)” ha aggiunto “che garantisce l’assenza, motivata dalla libertà di credo, previa notifica e la sostituzione del requisito in una data alternativa mediante una lezione, esame o mansione lavorativa”.

[Foto: Dianny Aguilar. Fonte: Divisione sudamericana]

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