Giuseppe Marrazzo – Il responso emerso dalle urne nelle ultime elezioni (24 e 25 febbraio) ha espresso il volere dei cittadini: quello, cioè, di essere governati da tre minoranze quasi paritetiche. In circa sessanta giorni, però, i diversi leader dei vari partiti (ormai anche il M5S è un partito checché ne dicano) non sono stati capaci di persuadere i loro elettori che non è possibile giocherellare con i veti incrociati neppure un giorno di più: è urgentissimo dare un governo all’Italia, rimettere in moto il motore dell’economia, ridurre le spese della politica, ritrovare il senso dell’etica pubblica eliminando e combattendo corruzione, clientelismo, evasione e conflitto d’interesse. Inutile parlare di nuove elezioni! Significherebbe ripetere la stessa situazione di stallo. Serve una larga intesa come avviene in molti paesi civili. Il bene comune è più importante delle singole «visioni del mondo». Un milione di licenziati nel 2012, coppie disperate che chiudono il rubinetto della vita, giovani disoccupati, ditte che chiudono e non riapriranno più, sono un prezzo troppo elevato. «Basta suicidi, prendiamo i soldi ai ricchi per darli ai poveri» è il monito di un parroco della periferia di Mestre. Don Enrico Torta, moderno Robin Hood, arriva a dire che non è peccato rubare ai ricchi per aiutare i poveri (cfr. l’art. di N. Pellicani, Repubblica 8 aprile 2013 p. 15). Quando possiamo vedere uno spiraglio di luce?

Condividi

Articoli recenti