TorrePelliceDintorniRicordiamo tre persone che hanno rischiato la vita o l’hanno perduta per salvare famiglie innocenti perseguitate dal nazismo

Notizie Avventiste – Attoniti per la strage presso il museo ebraico di Bruxelles, desideriamo reagire con la memoria di quanti hanno vissuto nel rispetto della vita, non sottraendosi dal fare il bene, pur rischiando tutto.

Ce ne dà l’opportunità la notizia che l’Ambasciata d’Israele in Italia ha consegnato, il 19 maggio, presso la sala consiliare di Torre Pellice, il riconoscimento di “Giusto tra le nazioni” alla memoria dei coniugi Carlo Hugon (1900-1973) ed Ernestina Fontana (1902-1991), entrambi valdesi. La medaglia è stata ritirata dalla figlia Germana Hugon Bellino, a nome di tutta la famiglia.

Il sito evangelici.net riporta le parole del nipote Franco Bellion: “Dal 12 luglio 1944 fino all’agosto 1945, i nonni Carlo ed Ernestina ospitarono una famiglia ebrea sfollata da Torino. I nonni vivevano in una cascina nella frazione Inverso di Torre Pellice, dedicandosi al lavoro dei campi. Accanto alla fattoria, c’era la casa natia della nonna che, dopo la morte dei bisnonni, era rimasta vuota. In essa i miei nonni furono felici di accogliere la famiglia Rossi. Cinque giorni dopo l’arrivo dei Rossi, una pattuglia tedesca, durante un rastrellamento, appiccò il fuoco a entrambe le abitazioni dei miei nonni. I soldati non sapevano della presenza degli ebrei, ma volevano vendicarsi di alcuni spari contro la colonna, giunti dai boschi dietro casa nostra”.

La fattoria degli Hugon fu distrutta e i Rossi erano disposti ad andarsene. “Giammai in questa vita”, fu la risposta decisa di Ernestina. Così la famiglia ebrea restò per un anno intero. «La popolazione di Torre Pellice – continua Franco Bellion – sapeva che i Rossi erano ebrei. Lo sapeva perfino il rappresentante del partito fascista. Ma nessuno denunciò mai la loro presenza. Conservo un ricordo dolcissimo dei nonni. Di quanto avvenne durante la guerra, però, non mi raccontarono mai nulla. Ho conosciuto questi fatti da altre persone. Con la famiglia Rossi è nata un’intensa amicizia che si tramanda di generazione in generazione”.

Il 17 agosto di quest’anno avrebbe compiuto 100 anni Gabrielle Weidner, ma la sua vita è stata recisa ancora giovane in un campo di concentramento nazista. Figlia di un pastore avventista, era nata a Bruxelles e aveva studiato con successo nei seminari avventisti di Collonges-sous-Salève, in Francia, e di Newbold, in Inghilterra. Aveva iniziato a lavorare presso la libreria “Le Singnes des Temps”, a Parigi. Dopo alcuni anni ricevette il posto di segretaria presso gli uffici dell’Unione franco-belga della chiesa avventista. Era molto apprezzata per il suo carattere, i suoi talenti e la sua dedizione. Durante la seconda guerra mondiale aveva fatto parte della rete di resistenza Olanda-Parigi, creata dal fratello Jean, contribuendo alla salvezza di oltre 800 ebrei. Fu arrestata dalla Gestapo l’ultimo sabato di febbraio del 1944 e inviata nei campi tedeschi insieme con altre vittime innocenti. Trasferita in vari luoghi di morte, la sua salute fu irrimediabilmente compromessa e, proprio qualche giorno dopo la liberazione, morì in seguito agli stenti patiti.

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