Francesco Zenzale – “Il terzo anno di Ciro, re di Persia, fu rivelata una parola a Daniele, chiamato Baltazzar; la parola è vera e predice una grande lotta. Egli fu attento al messaggio e capì il significato della visione” (Da 10:1).

Nella Bibbia e in particolare nei libri profetici, da Isaia a Malachia, il termine “parola” (dabar in ebraico) è intercalato da una serie di efficaci espressioni del tipo: “ascoltate la parola del Signore” (Is 1:10; 28:14; Gr 2:4; Ez 34:7; ecc.); “hanno disprezzato la parola del Santo d’Israele” (Is 5:24; 30:12); “la parola del Signore gli fu rivolta” (Gr 1:2; Ez 6:1; 33:1); “gente, considerate la parola del Signore!» (Gr 2:31).

Il profeta Isaia evidenzia che la “parola del nostro Dio dura per sempre» (Is 40:8), nel senso che i suoi effetti sono eterni. Infatti, la sua parola non torna mai a Dio senza produrre l’effetto dovuto (Is 55: 10-11). Geremia la paragona a un fuoco e a “un martello che spezza il sasso” (Gr 23:29; cfr. Eb 12:29). Il testo introduttivo della nostra riflessione evidenzia che la Parola del Signore “è vera e predice una grande lotta”. Ciò significa che la parola del Signore ha in sé una potenza e un’autorevolezza che nessuno dovrebbe mettere in discussione, perché fluisce da chi è veritiero (Sl 31:5; 86:15; Is 65:16) e onnipotente (Ge 17:1; Nu 24:4; Ap 1:8).

Inoltre, «Dabar» indica un’azione in avanti, una proiezione profetica efficace perché «predice una grande lotta». Ciò indica l’estensione della preconoscenza di Dio, attraverso la parola che coinvolge l’uomo il quale è invitato a capire il «significato della visione». La parola dunque è rivelatrice di fatti, di eventi presenti e futuri che richiedono attenzione, di ascolto e di comprensione (Dn 9:23, 25). «Beato chi legge e beati quelli che ascoltano le parole di questa profezia e fanno tesoro delle cose che vi sono scritte, perché il tempo è vicino!» (Ap 1:3).

Infine, dabar esprime sia la parola in sé sia l’evento che suscita. “Andiamo fino a Betlemme e vediamo ciò che è avvenuto, e che il Signore ci ha fatto sapere” (Lu 2:15), dicono i pastori di Betlemme mentre si dirigono verso la mangiatoia. Dio parla e la sua parola, vivente ed efficace (Eb 4:12), si è fatta carne (Gv 1:14) e pertanto è stato possibile vederla, ascoltarla, contemplarla e toccarla (1 Gv 1:1).

Quando Dio parla, la sua parola infrange il “silenzio”. Il silenzio di Dio è così presente nelle Sacre Scritture tale da suscitare disorientamento (Ac 1:13; cfr. Gr 20:18; 1 S 3:1). Verosimilmente, esso sgorga dal mancato silenzio dell’uomo e pertanto si potrebbe affermare che sia l’uomo a far tacere Dio, perché determinato a non ascoltare. Questo è uno dei motivi per cui, nella Scrittura, troviamo spesso la seguente espressione: “sta’ in silenzio davanti al Signore” (Sl 37:7); “è bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore” (La 3:26). Oppure, “ascolta, Israele” (De 6:4); “ascolta la parola del Signore” (Is 39:5; Gr 22:2). “Fa’ silenzio e ascolta, Israele!” (De 27:9). “Ogni creatura faccia silenzio in presenza del Signore, perché egli si è destato dalla sua santa dimora” (Za 2:13).

In tal senso, l’ecclesiaste rivolge la seguente esortazione: “Bada ai tuoi passi quando vai alla casa di Dio e avvicinati per ascoltare, anziché per offrire il sacrificio degli stolti, i quali non sanno neppure che fanno male. Non essere precipitoso nel parlare e il tuo cuore non si affretti a proferir parola davanti a Dio; perché Dio è in cielo e tu sei sulla terra; le tue parole siano dunque poche; poiché con le molte occupazioni vengono i sogni, e con le molte parole, i ragionamenti insensati” (Ec 5:1-3).

 

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