Il 30 novembre ha preso il via la conferenza mondiale sul clima, la Cop21. Per i 150 leader mondiali riuniti a Parigi, si tratta dell’ultima chiamata per salvare il pianeta. Sarà un vertice fuori misura il cui primo obiettivo è siglare un accordo storico che limiti il riscaldamento climatico per evitare una catastrofe ambientale irreversibile. Da un lato ci sono i Paesi ricchi dell’Occidente che fanno mea culpa, si pentono per aver inquinato troppo finora; sono pronti a rimediare e spingono per un accordo preciso e vincolante. Dall’altro, gli Stati in via di sviluppo, i cosiddetti “giganti emergenti” come India e Cina che, viceversa, frenano e rivendicano l’uso del carbone, ancora necessario per la loro crescita economica. “Abbiamo un obbligo di successo” e “la posta in gioco è troppo importante per potersi accontentare di un accordo al ribasso”, ha detto Laurent Fabius, Ministro degli Esteri francese e presidente della conferenza, in apertura dei lavori. “L’11 dicembre”, il giorno in cui si concluderà la Cop21, “il mondo si aspetta da noi quattro parole: la missione è compiuta”. Lo stesso Hollande ha affermato: “La posta in gioco non è mai stata così alta”. Se un malato, la Terra, ha bisogno di essere visitato da un medico per 21 volte (tante sono state le conferenze sul clima) vuol dire che il caso è veramente disperato.

Nella Bibbia (Lettera di Paolo ai Romani 7:14-15) si parla di legge spirituale (forse le continue affermazioni degli scienziati) che non è sempre ascoltata (i continui ritardi del mondo politico). Paolo dice che in lui si trova la volontà di fare il bene ma, inevitabilmente, si ritrova a fare il male. I grandi della Terra probabilmente hanno anche capito che l’ora è critica, ma non sanno come porre rimedio al disastro annunciato.

Riflessione a cura del pastore Daniele Benini, direttore delle Chiese Cristiane Avventiste dell’Italia centrale.

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