Il pastore valdese Domenico Maselli, scomparso il 4 marzo, è stato professore di diversi studenti avventisti che hanno frequentato l’università di Firenze. Pubblichiamo il ricordo che ci ha inviato Giovanni De Meo.

Giovanni De Meo – Appena appresa la notizia, con molto dispiacere e cordoglio, della scomparsa di Domenico Maselli, non ho esitato un attimo a stendere il mio personale ricordo di un grande uomo di cultura, innamorato della Parola di Dio, di un oratore efficace che riusciva sempre ad affascinare gli uditori, sia che fossero studenti, sia che fossero semplici fratelli nella fede; un professore che ha sempre dimostrato affetto e rispetto per i suoi studenti nei confronti dei quali era sempre disponibile.

Ho steso queste parole di getto, come se il rimandare la folla dei miei ricordi, corresse il rischio di poterli dimenticare.

Se mi sono laureato in storia del cristianesimo, lo debbo a lui che, incontrandomi un giorno in Via San Gallo, sede della facoltà, allora, di Magistero, a Firenze, mi strapazzò ben bene perché avevo abbandonato gli studi e mi obbligò a presentarmi, qualche giorno dopo, con il libretto universitario.

Ebbi una seconda strapazzata perché mi mancavano solo sei esami. Detto fatto: telefonò a un collega dicendo che aveva davanti a lui uno studente, «anzi un fratello» che doveva sostenere dandomi un piccolo libretto per poter superare la sua materia, ma soprattutto perché questo mi avrebbe aiutato a riprendere gli studi.

1992-06-22-04-FIGli altri esami non furono così facili, ma l’incoraggiamento, il pungolo di Domenico Maselli furono costanti sino ad arrivare a scegliere l’argomento della tesi: Alfred-Felix Vaucher (1887-1993): un secolo d’avventismo. Gli anni della giovinezza. (Pubblicata successivamente nella rivista Adventus 1994/2).

Sul mio libretto universitario, che a suo tempo ho fotocopiato prima di riconsegnarlo, su 20 esami, ben sette portano la sua firma o quella di qualche suo assistente.

E proprio a proposito di assistenti, desidero ricordare la sua particolarità di avvalersi, in assenza dei propri assistenti, degli stessi studenti come commissari di esame durante le lunghissime giornate in cui si svolgevano le sue interrogazioni. Anch’io sono stato «commissario» e ho il ricordo di un’intera giornata passata ad ascoltare gli altri studenti e solo per ultimo potei sostenere a mia volta l’esame.

Da sempre grande estimatore di Alfred-Felix Vaucher (teologo avventista, ndr), questo valligiano autodidatta, in più di un’occasione gli cedette la sua cattedra e, presentandolo ai corsisti, lo definiva sempre «Il più grande studioso e conoscitore vivente del millenarismo».

A questo proposito ho un grande rimpianto: conoscendo la mia posizione in ambito avventista, mi chiese di sondare la possibilità di poter ottenere il permesso di tradurre dal francese e pubblicare, tutto a spese dell’università fiorentina, l’intera raccolta della Lacunziana, scritta e pubblicata da Alfred-Felix Vaucher. La risposta fu negativa dato che, mi dissero, questo lavoro lo faremo noi. Noi inteso come casa editrice e come Unione.

Purtroppo fu una grande occasione sprecata dato che l’intero lavoro non vide mai la luce. Pubblicare invece quei testi sotto l’egida dell’università di Firenze avrebbe assunto un significato molto più ampio rispetto alla ristretta cerchia della hiesa cristiana avventista italiana, dando la possibilità a molti altri studiosi di conoscere e apprezzare l’opera di questo nostro professore.

Durante la preparazione della tesi (la volle rivedere ogni volta che terminavo un capitolo), mi confidò che il giorno della discussione nessuno della Commissione esaminatrice, di cui lui fu il segretario, ci avrebbe capito qualcosa all’infuori di noi due: e così accadde. Naturalmente fu il mio relatore e al termine della mia presentazione mi disse, sorridendo, che il 110 me lo dava, ma non la lode perché ero troppo «in ritardo, troppo vecchio».

Per poter stendere la tesi, ho dovuto fare ricerche sui nostri giornali e anche su altre testate evangeliche che Domenico Maselli mi suggerì di andare a rispolverare, e il termine era più che mai rispondente a verità, nei magazzini della Biblioteca Nazionale di Firenze. Questa voglia di ricerca, che già coltivavo, mi è rimasta addosso e ancora oggi continuo ad alimentarla.

Dopo la tesi, ricevetti l’invito/obbligo di seguire un suo corso di perfezionamento della durata di un anno. Questo periodo sfociò in una ulteriore tesina riguardante questa volta i primi giornali avventisti in lingua italiana che avevo già dovuto esaminare per ricercare i moltissimi articoli di Alfred-Felix Vaucher. Successivamente fu presentata ai lettori del Messaggero Avventista, come inserto del mese di settembre 1996, con il titolo «Storia dei primi periodici della Chiesa Avventista in Italia».

I suoi corsi di storia del cristianesimo altro non erano che veri e propri sermoni che lui esponeva, spesso Bibbia alla mano, corredandoli di date e personaggi che presentava con la più grande naturalezza e che erano il compendio di una memoria eccezionale, presentati con la sua possente voce che non ha mai avuto bisogno di microfoni e diavolerie varie, come lui li definiva, e che aveva in grande antipatia.

Aveva una conoscenza profondissima di una quantità quasi infinita di personaggi del mondo protestante ed evangelico italiano, a partire dai pre-riformatori, della Riforma, del periodo risorgimentale sino ad arrivare a quelli contemporanei che via via ha presentato nei suoi numerosissimi scritti.

Per fare un esempio: nel libro del 2011, edito dalla Claudiana, Scelte di fede e libertà. Profili di evangelici nell’Italia Unita, sono ben sette i personaggi di cui si occupa, ma sono certo che avrebbe potuto presentarne molti di più se altri non lo avessero fatto.

Desidero ricordare anche due suoi volumi, relativi alla Storia delle chiese cristiane dei Fratelli, che prendono in esame i periodi 1836–1886 il primo, e 1886-1946 il secondo. All’inizio del primo volume, ritroviamo due lunghe note dedicate al lavoro di Vaucher, inerenti agli scritti del gesuita Manuel Lacunza, e dove fa inevitabilmente riferimento ai diversi volumi della Lacunziana.

La firma di Domenico Maselli si trova anche nei nostri periodici. Memorabile un suo articolo del marzo 1974, sul mensile Segni dei tempi, intitolato «Divorzio, parla uno storico». Era il periodo che precedette il relativo referendum e il nostro prese nettamente posizione per il mantenimento di tale istituzione.

Insomma, un personaggio con una cultura e una preparazione quasi sterminata. La sua scomparsa lascia un vuoto difficilmente colmabile sia per chi come me lo ha frequentato, ammirato e anche amato, sia per coloro che lo hanno conosciuto solo attraverso i suoi scritti.

Rimangono i suoi libri, i saggi, gli articoli, i suoi interventi pubblici e privati, che continueranno ad essere suoi fedeli e continui testimoni.

Arrivederci Domenico, mio professore, mio amico, mio fratello!

(Foto: archivio storico di Giovanni De Meo)

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