Haiti. Università avventista chiusa dopo un incidente con uomini armati

Haiti. Università avventista chiusa dopo un incidente con uomini armati

Gli studenti sono stati rimandati a casa e ai docenti e al personale è stato detto di restare fuori dal campus.

Notizie Avventiste – I dirigenti dell’Università avventista di Haiti (Unah) a Carrefour, Port-au-Prince, hanno sospeso le attività accademiche dopo che un gruppo di uomini armati è entrato nel campus il 23 gennaio. L’incidente è avvenuto alle ore 14,00, ed è durato circa 30 minuti. Nessuno è rimasto ferito. Le autorità non sanno ancora il motivo per cui il gruppo di uomini sia entrato nel campus. Il rettore dell’Unah, Sénèque Edmond, era presente al momento dell’incidente. Giorni prima aveva informato studenti e docenti che non si sarebbero tenute lezioni durante la settimana a causa della crescente violenza nella regione. L’università mantiene attivi alcuni servizi essenziali. 

"Vorremmo ringraziare sinceramente tutte le nostre comunità per le preghiere e le espressioni di simpatia mostrate in questi giorni" ha detto Edmond “Il vostro sostegno e la vostra solidarietà ci danno forza e conforto”.

L’università ha rimandato a casa gli studenti residenti nei dormitori e ha anche detto ai docenti e al personale di restare fuori dal campus. Sono 619 i giovani universitari che studiano all’Unah, 175 i professori dei corsi di laurea e dei master. Inoltre, il campus comprende le scuole primaria e secondaria, con 1.500 alunni e 122 insegnanti, una panetteria, una libreria della casa editrice della Regione interamericana della Chiesa avventista, una stazione radio, l’HopeMedia Center, una fabbrica di tasselli, una tipografia, un centro per il trattamento dell’acqua potabile, nonché aule e dormitori.

I servizi e le attività della chiesa nel campus sono sospesi per il fine settimana, ha annunciato il pastore Edgard Etienne. Ha anche informato che le comunità avventiste nei dintorni e in tutto il Paese continuano a pregare.
“Abbiamo esortato i nostri membri a prestare attenzione e a praticare la loro fede in luoghi più sicuri e più vicini a casa” ha detto Etienne.

La crisi economica e i disordini civili ad Haiti tengono tutti in allerta e in preghiera. Da mesi, le chiese avventiste del Paese caraibico hanno dovuto adattare i loro servizi religiosi al mattino o al primo pomeriggio per consentire alle persone di tornare a casa prima che facesse buio.
"Almeno 15 chiese sono state chiuse e più di 3.500 persone si riuniscono altrove" ha riferito Pierre Caporal, presidente dell’Unione avventista haitiana. 
“In mezzo a tutte queste sfide, le persone cercano di trovare nuovi modi per predicare il vangelo, convinti che sia giunto il momento in cui il vangelo dovrà essere predicato a tutti, come è scritto in Apocalisse 14;6-12” ha aggiunto.

L’ospedale avventista e gli uffici di Adra Haiti si trovano vicino al campus universitario ma continuano a operare con le dovute precauzioni. L’Unione haitiana conta più di 500.000 avventisti del settimo giorno e supervisiona 1.330 chiese organizzate in una Federazione e quattro territori di Missione. L’Unione gestisce l’ospedale, l’università e decine di scuole primarie e secondarie.

[Foto e fonte: Adventist Review]

 

 

 

Tea centro-nord. Ritiro spirituale 2024

Tea centro-nord. Ritiro spirituale 2024

Franco EvangelistiDal 25 aprile al 1° maggio, a Bellaria-Igea Marina (RN), presso l’Hotel Milano Resort, si svolgerà il Ritiro spirituale della Terza età avventista (Tea) delle chiese dell’Italia centro-nord. Organizzato dal Dipartimento nazionale della Famiglia-Terza età, ha per tema “Ti ho chiamato per nome: tu sei mio” (Isaia 43:1 u.p.)

Tra i bellissimi testi che compongono le Sacre Scritture, la lettura e lo studio del testo di Isaia 43 ci emoziona sempre in una maniera particolare. È l’esperienza del Dio che ci è anche Padre, che ci chiama per nome, che afferma la sua paternità nei nostri confronti, dichiarandoci quanto siamo importanti per lui e quanto sia preziosa la nostra identità.

Sarà questo tema l’oggetto di studio e di preghiera di tutto il ritiro spirituale che ci vedrà riuniti di nuovo insieme sempre a Bellaria, presso l’hotel Milano Resort. Vi aspettiamo numerosi per vivere insieme momenti meravigliosi di studio, di preghiera, di condivisione. A condurre il programma saranno il pastore Franco Evangelisti di Guerrino; Maria Antonietta Calà, direttrice associata del Dipartimento della Famiglia; e i musicisti Alessio e Andrea Puglisi.

Costi 
I costi sono i seguenti:
-Pensione diaria completa in camera doppia, € 54,00.
-Pensione diaria completa in camera doppia uso singola, € 75,00.
-Riduzione mezza pensione – € 5,00.
-bambini da 0 a 02 anni in camera con 2 adulti, € 20,00.
-bambini da 3 a 12 anni in camera con 2 adulti € -50%.
-riduzione 3° letto – 20%. -supplemento pasto extra € 25,00 bevande incluse.

Come prenotarsi 
Per le prenotazioni e per ulteriori informazioni, rivolgersi a:
– Franco Evangelisti di Guerrino, cell. 3339139678; email: f.evangelisti2@avventisti.it
– Tiziana Frezzotti, cell. 3494446446; email: tizi.free@libero.it

Clicca qui per scaricare la locandina.

Caravaggio. Da gruppo a chiesa

Caravaggio. Da gruppo a chiesa

Elisa Laura Gheorghiu/Notizie Avventiste – Il 20 gennaio si è svolta la cerimonia di costituzione della chiesa avventista di Caravaggio. Per l’occasione, la comunità ha avuto la grande gioia di ospitare i pastori Andrei Cretu, presidente dell’Unione italiana (Uicca); Robert Iosub, direttore delle chiese avventiste in Italia del nord (Campo Nord); Richard Ehoussou; Vincenzo Badica; Basilio Custodio e George Caputi, pastore di Caravaggio.

Nella denominazione avventista del settimo giorno, le comunità di fede sono costituite in chiese o in gruppi. “Laddove un certo numero di credenti isolati abitino vicini tra loro o si riuniscano in piccole comunità o in gruppi familiari o evangelistici, potranno valutare di formare un gruppo di credenti con finalità di comunione, culto e missione, con l’obiettivo di arrivare a costituire una chiesa”, si legge nel Manuale di Chiesa che spiega le procedure di attuazione.

Da diversi anni, Caravaggio era costituito in gruppo ed era accorpato alla chiesa avventista di Bergamo (detta in questo caso “chiesa madre”). Con l’aumento del numero dei membri battezzati, ha potuto chiedere all’Uicca di essere riconosciuto come chiesa a tutti gli effetti. Sabato 20 gennaio è avvenuto ufficialmente il passaggio da gruppo a chiesa avventista di Caravaggio.

Nella cerimonia pomeridiana, il past. Andrei Cretu ha predicato sul testo biblico di Atti 13:1-3, augurando ai fedeli di continuare a crescere come operai della messe, ed esortandoli a portare la buona notizia ad altre persone. “Chissà” ci siamo chiesti “se Caravaggio potrà diventare un giorno la ‘chiesa madre’ di un altro gruppo avventista”.

Non sono  mancati diversi canti speciali eseguiti dai bambini, preparati dalle animatrici del Greacelink (il curriculum di studio della Bibbia per i piccoli); da Jonathan Herrera, Elisa Gheorghiu, Joel Oblitas, Jairo Lainez; e dai giovani. Questi ultimi hanno anche presentato un video in cui ognuno riassumeva in una parola cosa significa la chiesa per lui o lei.

Il nostro pastore Caputi ha dato il via alla procedura di costituzione della chiesa. Ha chiamato all’appello le persone battezzate della comunità, che hanno firmato le pergamene come atto simbolico, ma anche per incoraggiare a continuare a fare discepoli per Cristo Gesù. Infine, vi è stata la preghiera di consacrazione pronunciata dal direttore del Campo Nord e circondato da tutti i pastori e gli anziani di chiesa presenti.

Come in ogni evento della comunità di Caravaggio, non sono mancate la parte culinaria, con il taglio della torta, e quella decorativa, realizzata da tutti gli anziani e i diaconi che sono stati gioiosi nel servire il Signore ancora una volta.

Vi chiediamo di pregare per noi, affinché il Signore ci renda completi, a immagine e somiglianza del nostro Salvatore, Gesù Cristo.

[Foto pervenute dalla comunità in oggetto] 

Il silenzio dell’Agnello

Il silenzio dell’Agnello

Ha ricevuto schiaffi, sputi in faccia, insulti, false accuse, frustate; è stato ridicolizzato con una corona di spine, fischiato dalla folla ed è passato da un giudice all’altro. Eppure, il Figlio di Dio ha scelto la forma di difesa più insolita: il silenzio.

George Uba – Il famoso logoterapista Victor Frankl (era anche neurologo, psichiatra e filosofo, ndr), sopravvissuto a quattro campi di concentramento, tra i quali Auschwitz, ha descritto il comportamento del deportato che rinunciava alla lotta per la sopravvivenza: “Di solito iniziava una mattina con il rifiuto di vestirsi e lavarsi o uscire all’adunata. Nessuna supplica, nessun colpo, nessuna minaccia aveva effetto. Rimaneva semplicemente sdraiato senza muoversi. Se questa crisi fosse stata causata da una malattia, avrebbe rifiutato di essere portato in infermeria o di fare qualcosa per aiutare se stesso. Si era arreso”.[1]. Quando un uomo si rifiutava di parlare, di reagire a ciò che gli accadeva intorno, di comunicare con le persone a lui vicine, quando si limitava a prendere una sigaretta dalla tasca e aspettava ad accenderla, tutti sapevano che la sua fine era vicina.

Dopo il suo arresto, avvenuto in circostanze simili a quelle dei lager nazisti, ma con un’ulteriore tragedia, Cristo sembrò manifestare segni di rifiuto e di rinuncia alla vita. Le sue reazioni paradossali durante i sei interrogatori, completati in meno di ventiquattro ore, lasciano perplesso il lettore dei Vangeli. Forse Gesù cercava consapevolmente di dare ai suoi giudici ulteriori ragioni per condannarlo a morte? Avendo predicato il rispetto per la vita fisica e spirituale, che sono inseparabili, sembra illogico che Gesù fosse indifferente alla sua stessa vita. Tuttavia, i resoconti degli evangelisti, giudicati dal punto di vista della ragione umana, sollevano domande su alcuni degli atteggiamenti di Gesù nelle ore prima della sua crocifissione. La realtà inspiegabile delle reazioni di Gesù al finto processo deve avere una motivazione nascosta ai nostri occhi.

Una mancanza di tatto o… di impatto? 
Evidentemente, le azioni e le parole di Gesù erano "politicamente scorrette". Agli occhi dei sacerdoti, degli scribi e dei farisei, egli era una minaccia per la stabilità della vita religiosa e sociale del popolo ebraico. Questo era il pretesto usato per legittimare un processo segnato da irregolarità procedurali. Ma ciò che è ancora più scioccante è la mancanza di una difesa. Nessuno ha difeso Cristo e nessuno era indignato per l’ingiustizia del processo, ma ancora più sconcertante è che l’imputato stesso non ha fatto nulla per difendersi. E per infittire il mistero, il Padre, che aveva confermato in diverse occasioni di essersi compiaciuto in suo Figlio (Matteo 3:16-17), è rimasto in silenzio per tutta la passione di Cristo e anche al culmine della prova: la crocifissione.

È curioso che durante gli interrogatori, Gesù ha parlato più con il governatore romano che con i notabili ebrei che avevano la conoscenza per comprendere più facilmente gli aspetti spirituali delle sue dichiarazioni e idee. Quando Pilato gli ha chiesto se fosse il re degli Ebrei, Gesù ha risposto con una contro-domanda: " Dici questo di tuo, oppure altri te l’hanno detto di me?" (Giovanni 18:34). Di fronte alle testimonianze contraddittorie e bugiarde, Gesù è rimasto "ingiustificatamente" in silenzio ma, alla diabolica insistenza del sommo sacerdote, ha confessato apparentemente senza alcuna logica di essere il Figlio di Dio, sebbene durante la sua vita avesse chiaramente cercato di impedire la proclamazione della sua messianicità.

"Se non hai intenzione di difenderti, almeno non incriminarti", gli avrebbe suggerito uno qualsiasi dei discepoli, se fosse rimasto con lui. Davanti a Erode, Gesù ha mantenuto lo stesso misterioso silenzio. Mentre Giovanni Battista aveva denunciato pubblicamente i peccati di Erode a rischio della sua stessa vita, Gesù non ha detto una parola quando è stato portato dal tiranno beffardo, curioso di vedere uno spettacolo miracoloso con il potente argomento a suo favore del potere di togliere o dare la vita. Per il testimone di queste scene, un tempo o ora, le domande seguono in agonizzante successione: “Perché? A cosa è servito questo silenzio? Chi ha vinto e chi ha perso?”.

La normalità dell’anormale 
Nel 1971, una delle sommosse carcerarie più sanguinose della storia degli Stati Uniti ha avuto luogo ad Attica, nello stato di New York. Il giorno prima della rivolta, oltre cinquecento detenuti sono entrati nella mensa e si sono seduti in fila, non per mangiare o pregare, ma con la testa china in un silenzio mortale per esprimere la loro sfida all’amministrazione penitenziaria e alle guardie che non rispondevano alle loro richieste. Un ex secondino ha ricordato in seguito che questo silenzio, questa protesta silenziosa, era un segno terrificante della ribellione a venire. Più di trenta prigionieri e dieci guardie sono morti nella sommossa.

Nella mentalità generale delle persone, è normale giustificarsi il più possibile o preparare silenziosamente la vendetta quando la rabbia è al culmine e la lotta è impari, per poi scatenare tutta la forza sull’avversario al momento giusto. Secondo la legge della rappresaglia, è naturale rispondere allo stesso modo. Per l’etica sociale, quando i tuoi diritti sono violati o quando ti trovi sotto processo, è normale dire tutto ciò che sai per difenderti, assumere il miglior avvocato e usare tutti i mezzi legali per assicurarti la vittoria.

Il prigioniero condotto davanti ad Anna e Caifa non si è appellato a nessuno dei diritti normalmente utilizzati da coloro che rischiano la reclusione o addirittura la morte. Non esisteva una forma di difesa valida e degna. Inoltre, Gesù non ha nemmeno spiegato perché avesse respinto le forme di difesa legale che erano molto apprezzate in una società disuguale, corrotta e competitiva. Settecento anni prima del suo processo, uno dei profeti dell’Antico Testamento lo aveva visto nel ruolo controverso di imputato silenzioso: "Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la bocca. Come l’agnello condotto al mattatoio, come la pecora muta davanti a chi la tosa, egli non aprì la bocca” (Isaia 53:7). Il silenzio di Gesù durante il processo, che era stato predetto secoli prima, non viene spiegato nemmeno dal profeta Isaia.

Le parole del silenzio 
Il silenzio di Gesù è legato alla sua missione di salvare l’umanità dal peccato. Senza essere colpevole, egli ha preso su di sé il peccato dell’umanità che amava così tanto. Troviamo questo tema della sostituzione anche prima della sua crocifissione, nel suo stesso controverso silenzio: “Il silenzio è in realtà uno dei temi di spicco che possiamo rintracciare nella passione di Gesù Cristo… Quando Gesù Cristo ha preso su di sé il nostro peccato, ha preso tutta la punizione che accompagna quel peccato. Una parte di quella punizione è la vergogna. Se Gesù si fosse difeso e avesse professato la sua innocenza, non avrebbe sofferto alcuna vergogna, e questo ci avrebbe lasciato colpevoli… Gesù ha trattenuto ogni parola che lo avrebbe sollevato dalla vergogna e dalla colpa del peccato. Non era un peccatore, ma ha preso pienamente il posto del peccatore… In altre parole, se Gesù avesse preso le sue difese con l’intenzione di confutare i suoi accusatori e dimostrare la sua innocenza, avrebbe vinto! Ma noi avremmo perso e saremmo stati perduti per l’eternità”.[2]

Se il suo silenzio non è stato un’anomalia, ma una scelta che ha cercato il bene più grande per l’umanità, se la sua rinuncia alla giustificazione davanti ai giudici non è stata un abbandono della vita, ma un atteggiamento che ha aperto la porta alla salvezza umana, se il suo silenzio è stato un giudizio a nostro favore, allora diventa essenziale capir le ragioni di questo silenzio che ci parla del dono della grazia.

Gesù taceva perché era inutile e vano parlare quando siamo sordi e ciechi davanti alla verità. "Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite?" (Marco 8:18).

È rimasto in silenzio perché le giustificazioni sono più una questione di dialettica umana che di Dio. Gli esseri umani si difendono, si scusano, ma Dio afferma e conferma se stesso. Non dimostra di essere il Creatore di questo mondo, lo afferma (Genesi 1:1).

È rimasto in silenzio perché se avesse parlato avrebbe dovuto accusare, e non voleva condannare. Nella vicenda della donna adultera, Gesù le chiese: “‘Donna, dove sono quelli che ti accusavano? Nessuno ti ha condannato?’ Ed ella rispose: ‘Nessuno, Signore’. Gesù allora le disse: ‘Neppure io ti condanno; va’ e non peccare più’” (Giovanni 8:10-11, ND). Cristo sospende la condanna e attende la nostra decisione finale.

È rimasto in silenzio perché i giudici avevano già la "verità". Qualunque cosa avesse detto sarebbe stata irrilevante. Contava solo la loro verità. Erano capaci di morire per la loro causa, carica di orgoglio, e per la legge del sabato, soffocata da centinaia di regole umane, ma non erano in grado di riconoscere il Signore del sabato.

È rimasto in silenzio perché non era venuto a risparmiare la sua vita, ma a donarla per salvare gli uomini e le donne dalla morte, in modo che potessero imparare la lezione della resa totale: “Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi avrà perduto la propria vita per amor mio, la salverà” (Luca 9:24).

È rimasto in silenzio perché le sue opere e quelle del Padre testimoniavano di lui; non aveva bisogno di essere difeso dalla gente. Si difendeva con la sua vita giusta: “È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: ‘Ecco un mangione e un beone, un amico dei pubblicani e dei peccatori!’. Ma la sapienza è stata giustificata dalle sue opere” (Matteo 11:19).

È rimasto in silenzio, perché la sua difesa avrebbe polarizzato i peccatori in campi opposti, così aveva pregato suo Padre che fossero tutti uno: “Non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che credono in me per mezzo della loro parola: che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch’essi siano in noi: affinché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Giovanni 17:20-21).

È rimasto in silenzio perché le sue parole erano al di là della comprensione umana. Le sue parole provenivano da un lessico sconosciuto a coloro che non erano disposti a rinunciare al linguaggio dell’illegalità: “Perciò molti dei suoi discepoli, dopo aver udito, dissero: ‘Questo parlare è duro; chi può ascoltarlo?’” (Giovanni 6:60).

È rimasto in silenzio, perché la sua argomentazione sarebbe stata distruttiva. Il suo silenzio era in realtà una manifestazione di amore: “Il Signore, il tuo Dio, è in mezzo a te, come un potente che salva; egli si rallegrerà con gran gioia per causa tua; si acqueterà nel suo amore, esulterà, per causa tua, con grida di gioia” (Sofonia 3:17).

È rimasto in silenzio perché era disposto a morire da colpevole! E questo giudizio veniva da suo Padre: “Colui che non ha conosciuto peccato, egli lo ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui” (2 Corinzi 5:21). Senza peccato, Gesù era disposto a prendere su di sé ogni colpa umana, la colpa di tutte le persone di tutti i tempi.

Il silenzio che non salva 
In un mondo dove si parla troppo, inflazionato dalle parole, il silenzio di Gesù è uno scandalo che fa ragionare. L’insoddisfatto e umano “Perché?” richiede un giudizio sul silenzio di colui che è la Parola della vita. Affamata di giustificazione, la natura umana è prigioniera del detto latino: “Qui tacet, consentire videtur (Chi tace, acconsente)”. Alla radice di questo concetto c’è la visione secolare che l’individuo sia il proprio avvocato, la cui unica soluzione è salvare se stesso. Mentre le persone si difendono pronunciando il giudizio, Gesù Cristo tace.

Era in silenzio allora, è in silenzio ora. Tace solo quando ha detto tutto quello che aveva da dire: “Gesù non è venuto nel mondo per soddisfare una vana curiosità, ma per consolare i cuori afflitti. Non taceva certo quando poteva pronunciare parole di conforto per lenire le anime travagliate dal peccato. Ma non aveva parole per coloro che erano pronti a calpestare la verità con i loro piedi profani”.[3]

Giovanni Papini, nel suo libro sulla vita di Gesù, dà una spiegazione rivelatrice: “Gesù non ha parlato, ma con i suoi grandi occhi tranquilli ha guardato attorno a sé i volti turbati e convulsi dei suoi assassini, e per tutta l’eternità ha giudicato questi fantomatici giudici. In un istante, ognuno di loro è stato pesato e condannato da quello sguardo che è andato dritto all’anima. Erano degne di ascoltare le sue parole quelle anime imperfette, egoiste, vuote e insensate, quelle che non sono ulcerose e moribonde? Come avrebbe mai potuto, con il più impensabile dei prodigi, abbassarsi a giustificarsi davanti a loro?".[4] La tesi di Papini è che Gesù non taceva perché veniva giudicato, ma tacendo stava giudicando!

Il suo silenzio è stupore misto a impotenza, come quello di un padre che, avendo esaurito tutti gli argomenti di amore di fronte a un figlio insensibile e ribelle, sceglie di tacere. Il suo rifiuto di parlare davanti a Erode e ai sacerdoti che lo avevano accusato è l’ultimo tentativo di riabilitarli. Sì, il suo silenzio è un giudizio sul peccato e sul peccatore come risultato della decisione finale dell’umanità di mettere il suo giudizio al primo posto. Non è il silenzio di Gesù a porre fine all’amore, ma l’uomo che parla della propria giustizia. Alla fine, il silenzio del Cristo sarà una condanna udibile: "Non ti conosco" (Matteo 25:12). È l’espressione riecheggiata di coloro che hanno scelto di non conoscerlo nel suo ruolo di Padre e Salvatore, e che continuano a renderlo irrilevante nella loro vita. La scelta di questa condanna non è di Dio, ma dell’essere umano; il Creatore si limita a pronunciarla.

Il silenzio che salva 
Il ritirarsi del Figlio di Dio nel silenzio non è un rifiuto irrevocabile, ma un invito a farsi cercare da chi, stanco di tanto egoismo, fa la scelta vera e salvifica: “Veramente tu sei un Dio nascosto” (Isaia 45:15, ND). Il vuoto esistenziale nel cuore della persona ha la forma perfetta di Dio. Il primo passo del desiderio di vivere come Lui, fa uscire il Creatore dal suo “nascondiglio”.

Lo stesso silenzio entra nel processo all’umanità e sospende il giudizio che, pronto a pronunciare un’eterna assenza di vita, ferma l’accusa e lascia il tempo per la decisione finale. “Poiché la sentenza contro una cattiva azione non è prontamente eseguita, il cuore dei figli degli uomini è pieno di voglia di fare il male” (Ecclesiaste 8:11, ND). Anche se il rinvio del giudizio potrebbe essere interpretato come un’opportunità per vivere nell’illegalità, nel frattempo si presentano agli indecisi gli argomenti dell’amore incondizionato del Maestro di Galilea.

Il silenzio di Cristo è il punto di partenza per un esame di coscienza dell’uomo e il crocevia del cristiano, da cui la persona rinata può ripartire: il pentimento. “Hai fatto queste cose, io ho taciuto, e tu hai pensato che io fossi come te; ma io ti riprenderò, e ti metterò tutto davanti agli occhi” (Salmo 50:21). Il cristianesimo si basa sull’abbandono di tutte le scuse di fronte alla domanda redentrice: "Sei colpevole?". Iniziando a fare silenzio, la persona che riconosce la natura evidente e persistente del peccato sentirà l’avvocato difensore dire: "Assolto!".

Astenendosi dal parlare per esprimere la verità che condanna in modo esplicito (e che indurirebbe i cuori di coloro che non lo hanno definitivamente respinto), Gesù ripropone la grande possibilità di riabilitazione, che è la grazia. Il suo silenzio è la grazia applicata a ogni persona, indipendentemente dal male che pianifica e compie, perché nella grazia ci sono le risorse della Parola che trasforma la mente e dello Spirito di Dio che rinnova la vita.

Il silenzio di Cristo può portare, per grazia, l’uomo al silenzio, definito dalla fine di tutti i suoi sforzi per salvarsi. Allora, l’obbedienza e l’ingresso nel regno dell’amore del Salvatore lo condurranno a un secondo silenzio: "Il Signore, il tuo Dio, è in mezzo a te, come un potente che salva; egli si rallegrerà con gran gioia per causa tua; si acqueterà nel suo amore, esulterà, per causa tua, con grida di gioia" (Sofonia 3:17).

Sarà un silenzio che conferma il passaggio dalla parte del silenzio dell’Agnello.

Note 
[1] V. E. Frankl, Man’s Search for Meaning (La ricerca di un significato per l’uomo), Beacon Press, 2006, p. 87. 
[2] A. Rogers, The Passion of Christ and the Meaning of Life (La passione di Cristo e il significato della vita), Crossway Books, 2005, pp. 130-132. 
[3] E. G., The Story of Jesus (La storia di Gesù), https://m.egwwritings.org/en/book/144.851 
[4] G. Papini, Life of Christ (Storia di Cristo), Alpha Editions, 1923, p. 320.

[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio] 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Protestantesimo Rai 3. Valdesi ieri e oggi

Protestantesimo Rai 3. Valdesi ieri e oggi

Domenica mattina 4 febbraio, alle ore 7.00, Rai 3 trasmette una nuova puntata della rubrica Protestantesimo, programma a cura della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), con il servizio “850 anni. Valdesi ieri e oggi”. 
Nel 2024 ricorrono gli 850 anni da quando un ricco mercante di Lione, di nome Valdo, leggendo la Bibbia prese una decisione che cambiò la sua esistenza e diede il via al movimento valdese che attraverso i secoli è riuscito, trasformandosi, a lasciare tracce fondative anche nella nostra Europa. Ma chi sono oggi i valdesi e in che modo la loro storia dialoga con il nostro presente? 
Conduce: Claudio Paravati. Autrice e autori: Nadia Angelucci, Giuseppe Bellasalma e Davide Venturi.

Le repliche della puntata andranno in onda martedì notte 6 febbraio, alle ore 1.10, mercoledì notte 7 febbraio, alle ore 1.10, e lunedì notte 12 febbraio, alle ore 1.45 circa, sempre su Rai 3.

Rivedi le puntate di Protestantesimo su RaiPlay 
Protestantesimo è anche su Facebook  e X 
Email: protestantesimo@fcei.it; protestantesimo@rai.it 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Roma Ostia. Decesso 2024

Roma Ostia. Decesso 2024

Marta Donnola – Giovedì 25 gennaio, dopo una lunga malattia, si è addormentato nel Signore il nostro caro fratello nella fede Luigi Maggi. Venerdì 26, in una chiesa gremita di parenti e amici, si sono svolti i funerali. 
Luigi era nato a Roma l’8 marzo 1935. Aveva conosciuto gli avventisti negli anni ‘60 tramite un amico e vicino di casa. Frequentava la chiesa di Lungotevere, della quale facevamo tutti parte prima che si formasse la comunità avventista di Ostia. Eravamo un bel gruppo di giovani e quasi tutti i sabati ci incontravamo.

Gigino, come lo chiamavamo affettuosamente, è stato battezzato nel 1962. Lavorava nei giardini del Comune di Roma; le piante e i fiori erano la sua passione e professione. Un’altra sua passione era la musica lirica. Nel 1963, ha sposato una ragazza del nostro gruppo, Marta Bacchiocchi. Lo scorso agosto, avevano celebrato 60 anni di matrimonio. Dalla loro unione sono nate due figlie, Tamara e Silvia. Tamara insegna italiano in una scuola svizzera; Silvia, dopo avere lavorato alcuni anni presso l’Unione avventista italiana, si è laureata e lavora presso il Ministero di Grazia e Giustizia. In chiesa si occupa della Scuola del Sabato. 
Per diversi anni, Luigi Maggi è stato diacono della nostra chiesa ed era sempre puntuale, gentile e disponibile.

La comunità avventista di Ostia ha espresso sentimenti di cordoglio alla moglie Marta Bacchiocchi, alle figlie Tamara e Silvia e alle rispettive famiglie, con la certezza che la speranza della risurrezione possa essere la nostra consolazione.

 

 

 

Aiutare a iniziare bene la vita

Aiutare a iniziare bene la vita

L’alimentazione dei bambini è fondamentale per crescere sani. In Yemen, Adra aiuta i neonati. In Italia, La Fondazione Vita e Salute offre il progetto Quei primi mille giorni.

Notizie Avventiste – I primi anni di vita di un bambino sono cruciali per un sano sviluppo. I neonati e i bimbi piccoli hanno bisogno di buone cure. Se mancano e sono malnutriti, rischiano gravi conseguenze che possono avere un impatto a lungo termine sulla loro salute e sulle loro capacità cognitive. Ecco perché l’Agenzia avventista per Sviluppo e il Soccorso (Adra) porta avanti progetti a favore delle donne incinte e dei neonati in tutto il mondo

Il progetto in Yemen 
Nello Yemen, Paese in guerra civile, Adra garantisce, in otto strutture sanitarie, che le donne incinte e i bambini piccoli possano iniziare bene la loro vita, fornendo loro cibo e la migliore assistenza medica possibile.
L’aiuto che Adra offre alle donne in gravidanza e ai neonati è fondamentale per l’intera vita del bambino. I primi mille giorni di vita, infatti, sono cruciali per un buon sviluppo. I neonati e i bambini piccoli dipendono da una buona alimentazione per crescere sani. La malnutrizione, sottolinea Adra Germania, può portare a un rallentamento della crescita e a conseguenze irreversibili sullo sviluppo fisico.

Essere malnutriti durante l’infanzia può avere conseguenze sulla salute anche in età adulta. Aumenta il rischio di malattie croniche, disabilità e altri problemi. Il cervello si sviluppa durante la gravidanza e i primi anni di vita. La malnutrizione in questo periodo può portare a difficoltà di apprendimento, concentrazione e percezione. La mancanza di istruzione crea un circolo vizioso di povertà e carenza di opportunità di sviluppo, perché la malnutrizione riduce le possibilità educative e quindi ha un impatto sulla società nel suo insieme.

“I bambini hanno un posto speciale nel nostro cuore” afferma Adra Germania riferendosi al progetto nello Yemen.
“I bambini gravemente malati” aggiunge “vengono curati immediatamente e ricevono la migliore assistenza possibile. I piccoli sono vittime innocenti del conflitto e meritano di iniziare in modo sano la loro vita. La malnutrizione è uno dei problemi più comunemente diagnosticati. Un pasto salvavita o un alimento di emergenza possono dare un grande aiuto. La pasta nutriente a base di arachidi, olio, zucchero, latte in polvere, con aggiunta di sali minerali e vitamine, ridà forza ai corpicini e fa recuperare il peso. Inoltre, esperti sanitari danno consigli ai genitori che vivono in aree remote su come proteggere meglio i loro piccoli dalle malattie”.

Alla fine del 2022, il progetto è stato prorogato per altri due anni. Il budget previsto è stato aumentato per poter accogliere e curare meglio le persone negli ospedali yemeniti.

Progetto primi mille giorni di vita in Italia 
Quei primi 1000 giorni è la serie di podcast dedicata alle mamme, ideata da Fondazione Comitans e dalla Fondazione Vita e Salute, e realizzata grazie ai fondi dell’8×1000 della Chiesa avventista, con il supporto di HopeMedia Italia.
La serie promuove un approccio integrato al tema della nutrizione e dell’alimentazione nei primi mille giorni di vita del bambino, che vanno dal concepimento fino ai due anni di età. Questo è il periodo di massimo sviluppo, ma anche di massima vulnerabilità della persona, in cui si pongono le basi per la sua futura salute.

La Fondazione Comitans lavora insieme a medici, esperti e scienziati, in maggioranza ricercatori, di diverse discipline, che sono la fonte dei consigli contenuti nei podcast: come e dove scegliere quello che possiamo definire un cibo di valore per noi e per nostro figlio o nostra figlia, ma anche per l’ambiente e la società che lui o lei abiterà.
La Fondazione ricorda che si parla di consigli utili in stati fisiologici. In caso di patologie, bisogna prima rivolgersi al proprio medico o pediatra.

Le puntate del podcast Quei Primi 1000 giorni sono disponibili su Spotify e su Amazon Music. Si possono ascoltare anche sul sito della Fondazione Vita e Salute, a questo link: vitaesalute.net/quei-primi-1000-giorni/

[Foto di copertina: Adra Germania. Fonti: Apd – Adventistischer Pressedienst; Fondazione Vita e Salute

Niscemi. Giornata del volontariato Aisa

Niscemi. Giornata del volontariato Aisa

Marco Crescimone – Domenica 21 gennaio è stata una giornata memorabile, all’insegna del volontariato e dei buoni propositi. Gli scout Aisa di Niscemi, grazie alle mani dei Tizzoni (6-11 anni) e degli Esploratori (12-15 anni), insieme alla società agricola “La cicogna bio” e all’associazione “Slow Food”, hanno dato valore a una pianta, il carciofo nostrale di Niscemi, varietà autoctona e simbolo dell’economia niscemese, ormai in via di estinzione.

Grazie al lavoro lungimirante di Marco Crescimone, Francesco Perticone, Giuseppe Lo Presti e Maurizio Cilio, agricoltori e custodi del territorio, che ne conservano la linea genetica, si è svolto un evento di piantumazione dei carciofi che dopo 30 anni tornano nella piana dove sono stati coltivati per più di un secolo. Nonostante i giganti della commercializzazione, del petrolchimico, delle agro mafie del posto, davanti ai problemi di una diga che non eroga più acqua agli agricoltori, si è deciso di piantare con i principi dell’agro-ecologia, mettendo a dimora circa 700 piantine, facendo la pacciamatura con le stoppie del grano della scorsa mietitura.

Abbiamo piantato nel periodo diverso da quello ottimale, perché la pioggia è arrivata molto tardi, con l’aiuto di persone che non sono del mestiere, all’interno della riserva naturale di Geloi Wetland, insieme a tutto il gruppo degli operatori. Lo chiameremo carciofeto delle “manine felici”. Questo carciofo è un presidio Slow Food, all’insegna del buono, del pulito e del giusto, ma è anche un presidio di legalità, resilienza e speranza, di cui i nostri scout, in primis, hanno dato testimonianza.

[Foto: Cristina Caruso]

Mazara del Vallo. Un pomeriggio dolcissimo

Mazara del Vallo. Un pomeriggio dolcissimo

Manuela Erbini – Da 74 anni in Italia veniamo travolti (volenti o nolenti) dal Festival di Sanremo, ma noi lo abbiamo anticipato! Nel pomeriggio di sabato 20 gennaio, la comunità avventista di Mazara del Vallo (TP) ha organizzato una gara. No… non canora, ma la gara delle torte.

Sia chiaro, non ci siamo fatti mancare nulla, tutto è stato organizzato nei minimi dettagli: presentatrici, vallette, giurati (con tanto di avvocato e giuramento), tecnici della regia, tre premiati, gadget e, soprattutto, i pasticceri e le pasticcere con le loro torte (lo ammetto, senza quelle l’evento sarebbe stato nullo…).
Basta già questo per definirlo “un pomeriggio dolcissimo” ma, se così fosse, lascerebbe l’amaro in bocca. Il vero dessert del pomeriggio è stata la partecipazione di amici, conoscenti e parenti che hanno accolto il nostro invito, a dimostrazione che “chiesa” vuol dire molto più di liturgie. A dimostrazione che “chiesa” è un posto aperto a tutti, è integrazione ed è anche gratitudine per ciò che abbiamo ricevuto dai nostri amici, conoscenti e parenti.

Ecco, noi siamo partiti dal dolce. Dio benedica il lavoro di evangelizzazione che verrà svolto per imbandire tutta la tavola, fino ad arrivare agli antipasti.

[Foto pervenute dalla comunità in oggetto] 

Perché la chiesa?

Perché la chiesa?

Un edificio? Una comunità? Cosa significa essere chiesa oggi? Una testimonianza che ci invita a riflettere.

Zanita Fletcher – Sono sicura che abbiate sentito affermare: "Amo Gesù, ma non mi interessa la chiesa". L’ho ascoltato tante volte e in certi periodi della mia vita l’ho detto anche io. 
La chiesa ha un grande significato per le persone in essa cresciute, ma per molti è un concetto strano. Perfino tra coloro che si professano cristiani, la chiesa è considerata come qualcosa che si può prendere o lasciare. Se esaminiamo le statistiche in tutto il mondo, sembra che in generale andare in chiesa non sia più così importante. In America, il 63% delle persone afferma di essere cristiano. Eppure, meno del 28% frequenta regolarmente una chiesa. E se si guarda agli altri Paesi, le cifre non sono molto differenti in nessuna parte del pianeta.

Un gran numero di persone non va in chiesa semplicemente perché le loro convinzioni non sono allineate. Molti hanno avuto esperienze negative. Altri credono che sia sacrificabile, pensano di non averne bisogno o hanno difficoltà a trovare una chiesa con cui siano in sintonia. Alcuni pensano che la chiesa sia piena di ipocriti e si schierano con Gandhi, che disse: “Mi piace il vostro Cristo. Non mi piacciono i cristiani, sono così diversi dal vostro Cristo”. Vi è anche un gruppo di persone che ama ciò che rappresenta la chiesa – comunità, comunione e connessione – ma, per una moltitudine di ragioni, continua a non frequentarla.

Dato che la presenza in chiesa è più bassa che mai e molte persone sperimentano Dio e trovano comunità altrove, sorgono spontanee le domande: "Perché la chiesa? Ha ancora uno scopo? E se sì, qual è?"

Cosa dicono le statistiche 
Il calo della frequenza in chiesa è in linea con il declino del cristianesimo in Occidente. Il Pew Templeton Global Religious Project ha svolto una ricerca su circa 200mila intervistati di oltre 95 Paesi, in cui ha chiesto informazioni sulla loro identità, fede e pratiche religiose. Il risultato è che, nel complesso, le persone sono meno religiose. Per esempio, nel 2007, il 78% degli americani si definiva cristiano, nel 2021 questa percentuale è scesa al 63%. Gli europei occidentali sono meno religiosi degli americani e le stesse tendenze alla secolarizzazione si riscontrano in altri Paesi economicamente avanzati come l’Australia e la Nuova Zelanda.

L’osservanza religiosa è diminuita anche nei sondaggi che chiedevano agli adulti con quale frequenza andassero in chiesa, quanto spesso pregassero e quanto fosse importante la religione nella loro vita. Dal 2000 si è verificato un calo del 23% delle persone che dichiarano di partecipare alle funzioni religiose. Un membro su cinque le segue online, ma il 57% di coloro che si sono definiti “frequentanti” non sono andati affatto in chiesa per un mese. Ciò significa che la maggior parte di loro non partecipa ad alcun servizio, né di persona né online.

È la prima volta che i sondaggi Gallup rilevano che la maggior parte degli americani non appartiene a una chiesa. Tuttavia, gli studi mostrano che coloro che affermano di “amare Gesù, ma non la chiesa” vivono comunque la loro fede attraverso pratiche come la preghiera, il tempo trascorso nella natura, la lettura di libri spirituali e la meditazione, e trovano comunità in luoghi come pub, squadre sportive e gruppi di interesse.

Il nostro malinteso 
Parte del problema risiede nella nostra concezione di chiesa. In genere, quando i non credenti pensano a essa, immaginano un edificio con panche dallo schienale dritto, dove si indossano bei vestiti e cravatte, e dove predicatori arrabbiati affermano a gran voce messaggi antiquati. Contemporaneamente, molti cristiani la vedono come un distributore automatico di beni e servizi religiosi che dovrebbero avvantaggiarli, risucchiandoli in una relazione parasociale consumistica.

Eppure, quando apriamo la Bibbia, non troviamo da nessuna parte l’invito ad “andare in chiesa”. Il Nuovo Testamento non ne parla come di un edificio, ma attraverso metafore come un “corpo”, una “sposa”, un “gregge di pecore” e una “famiglia”. Scopriamo che riposa, ha orecchie, riceve edificazione, può comunicare e può conoscere e insegnare: tutte cose che gli edifici di per sé non possono realizzare, ma le persone sì.

Alle radici della questione 
Nella Bibbia, la parola greca ekklesia, tradotta con chiesa, significa “i chiamati fuori” o, in un’altra traduzione, “i radunati”. Quando fu scritta la Bibbia, ekklesia aveva un significato laico e politico, e descriveva una comunità o un’assemblea di persone che si incontravano con uno scopo. Quindi, quando la Bibbia ne parla, si riferisce a un gruppo di persone che hanno una comune unità (comunità) in Dio.

I primi cristiani del Nuovo Testamento avevano una fede comune nella comunità e nella missione (Atti 2:42-47). Si riunivano per mangiare, condividere, adorare e incoraggiarsi a vicenda ad amare e a fare il bene (Ebrei 10:24). Si riunivano per favorire la relazione con Dio, tra loro e con il mondo.

Durante questo periodo, la famiglia e gli amici vivevano già in un legame profondo e significativo con gli altri. Si incontravano principalmente nelle case e, man mano che aumentavano di numero, si riunivano ovunque fosse possibile: lungo i fiumi, nei giardini dei templi, negli spazi privati e sulle cime delle montagne. Con il passare del tempo, desideravano ardentemente un luogo abbastanza grande per potersi riunire. Se fosse stato offerto loro un edificio con servizi igienici, cucina, impianto audio per far sentire il loro messaggio a tutti, un luogo di incontro adeguato dove avrebbero potuto portare nuovi credenti e un tetto sotto il quale avrebbero potuto incontrarsi per pregare quando fuori faceva freddo o pioveva, probabilmente ne sarebbero rimasti entusiasti.

Facciamo chiarezza 
In sostanza, la chiesa non riguarda il luogo in cui adorare, ma avere un luogo dove adorare aiuta. La chiesa riguarda chi adori e come la fede si manifesta nella tua vita e nelle tue relazioni. La chiesa inizialmente era un incontro di persone che si riunivano per vivere Dio, amarsi a vicenda e portare speranza al mondo. E questo è ciò che la chiesa dovrebbe essere ancora oggi.

Quando consideriamo la chiesa solo come un luogo in cui andiamo ogni tanto per qualche ora nel fine settimana, perdiamo una parte fondamentale di ciò che significa essere cristiani.

Nel Vangelo di Matteo, Gesù dice: “Perché dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono con loro” (Mt 18:20). Ciò significa che la chiesa può assomigliare a un milione di cose diverse. Significa fare un’escursione e apprezzare le meraviglie della creazione di Dio insieme agli altri. Dare da mangiare ai senza tetto lungo la strada. È sedersi in un bar con un amico e discutere dei propri dubbi. È riunirsi per sostenere un individuo e la sua famiglia dopo la perdita di un caro o un incidente. Significa avere una conversazione importante attorno a una tavola apparecchiata.

Ci si riunirà anche nel fine settimana per cantare, pregare e studiare la Bibbia. Ebrei 10:25 dice "non abbandonando la nostra comune adunanza come alcuni sono soliti fare, ma esortandoci a vicenda; tanto più che vedete avvicinarsi il giorno”. Quindi, anche se non si tratta dell’edificio, avere un posto dove possiamo andare ogni settimana, a un orario stabilito, è una benedizione. I primi cristiani desideravano una cosa del genere.

In un mondo che si disgrega, la chiesa ha ancora uno scopo. E per chiesa intendo una comunità di persone che si riuniscono frequentemente in comunione con Dio, con amore, fede, speranza, scopo, servizio e missione. È probabile che non la troverai se fai semplicemente parte di un club sportivo, di un gruppo di casalinghe o se passi una serata al bar con gli amici.

Nel libro Woven: A Faith for the Dissatisfied, Joel McKerrow scrive: “Ci vorrà la comunità per superare le cose. Una vera comunità. Se provieni da una tradizione cristiana, ci vuole una chiesa che possa aiutarti a percorrere il sentiero roccioso. Oppure, se la chiesa di cui fai parte non ti aiuta, ci saranno persone all’interno di essa che potrebbero farlo. Cercale. Parla con loro. Sii onesto con loro. Quando trovi queste persone, quando arrivi a conoscere la tua gente, non abbandonarla. A volte questa è l’unica cosa che ti farà attraversare il deserto”.

Capisco che la chiesa non sia perfetta. Ho visto e vissuto molte esperienze negative. Ma ne sono stata anche benedetta. Ho vissuto con altri che amano Dio. Ho visto persone uscire dall’edificio e provvedere, sostenere, accettare e amare i bisognosi.

Sono arrivata a considerare la chiesa come qualcosa di bellissimo. Un invito inequivocabile, senza riserve, universale, che riecheggia le parole di Gesù: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi ristorerò” (Matteo 11:28, Cei). E ti dico che è la cosa più vicina al paradiso terrestre che abbia mai sperimentato. Spero che anche tu un giorno possa provarla.

(Zanita Fletcher è scrittrice e assistente di redazione per Signs of the Times Australia/Nuova Zelanda. Scrive dalla Gold Coast, in Queensland. Una versione di questo articolo è apparsa per la prima volta sul sito web Signs of the Times Australia/Nuova Zelanda ed è stata ripubblicata con il suo permesso).

[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio]

 

 

 

CeCsur. Un dialogo tra fratelli: ebrei e cristiani

CeCsur. Un dialogo tra fratelli: ebrei e cristiani

Notizie Avventiste – Il Centro culturale di scienze umane e religiose (CeCsur) di Firenze invita a un nuovo incontro con “Libro Amico”.

Mercoledì 31 gennaio, alle ore 11.00, sarà presentato il libro Un dialogo tra fratelli: ebrei e cristiani (Effatà 2023) di Lucia Antinucci teologa della Facoltà teologica dell’Italia meridionale. Interverranno l’autrice e Hanz Gutierrez, docente della Facoltà avventista di teologia.

L’appuntamento è presso la sala conferenze dell’Istituto avventista, in via Ellen Gould White 8 (zona Careggi, accanto al Cto) a Firenze. L’ingresso è gratuito.

L’evento sarà trasmesso anche in diretta streaming video su hopemedia.it/diretta-istituto-avventista
Per vedere le registrazioni di tutti gli incontri del CeCsur, visita l’archivio sul sito di HopeMedia Italia.

 

 

 

IA. Linee guida per gli avventisti in Sudamerica

IA. Linee guida per gli avventisti in Sudamerica

Riguardano l’uso etico dell’intelligenza artificiale a tutti i livelli della Chiesa.

Notizie Avventiste – Il Comitato esecutivo della Regione sudamericana della Chiesa avventista ha discusso le questioni etiche legate all’intelligenza artificiale (IA) e, durante il suo incontro annuale a Brasilia, ha adottato delle linee guida per l’uso dell’IA in tutti i livelli della denominazione.

Di recente, OpenAI, la società dietro ChatGpt (un popolare sistema di intelligenza artificiale generativa), ha annunciato investimenti nella protezione dai cosiddetti rischi catastrofici dell’IA. Ciò ha lo scopo di impedire ai sistemi di intelligenza artificiale di ingannare le persone, generare contenuti che incitano all’odio e creare codici dannosi. Un’altra preoccupazione riguarda le capacità dell’IA contro le minacce chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari.[1]

Gli esperti prevedono che il mercato dell’intelligenza artificiale generativa raggiungerà un volume di circa 1,3 trilioni di euro entro il 2032. Nel 2022 si stimava che il mercato valesse 40 miliardi di euro. L’intelligenza artificiale generativa viene utilizzata per creare contenuti come testo, immagini, musica, file audio e video. Negli ultimi tre anni tali sistemi sono diventati sempre più popolari.

Preoccupazione degli avventisti 
Anche le organizzazioni religiose sono preoccupate per l’impatto e le conseguenze di questo progresso tecnologico. Una di queste è la Chiesa avventista mondiale, che è consapevole della sua responsabilità perché mantiene una rete di numerose scuole, università, ospedali e organizzazioni di assistenza sociale.

Tale consapevolezza ha portato i dirigenti della denominazione in Sudamerica ad approvare un documento intitolato “Principi etici per l’uso dell’intelligenza artificiale da parte della Chiesa avventista del settimo giorno in Sudamerica” in occasione dell’incontro annuale dei leader avventisti della Regione (Comitato esecutivo) di novembre 2023. Il documento è stato preparato da una commissione di esperti negli ambiti della comunicazione, della tecnologia e della compliance, quest’ultimo preoccupato dell’impegno della Chiesa ad attuare in modo affidabile le decisioni prese. Il documento "si propone di stabilire i principi etici fondamentali che riflettano il punto di vista della Chiesa avventista del settimo giorno sul tema dell’intelligenza artificiale”.

Argomenti affrontati 
Nello sviluppare le linee guida avventiste per l’uso dell’IA, sono stati presi in considerazione i seguenti aspetti: trasparenza, equità, affidabilità, responsabilità, sicurezza, protezione dei dati e sostenibilità. È evidente che un uso eticamente responsabile è il prerequisito per utilizzare l’intelligenza artificiale nella Chiesa. Come attesta il documento, la Chiesa avventista in Sudamerica “si impegna a essere trasparente nell’uso dell’intelligenza artificiale nelle sue attività. Ciò include il fornire informazioni chiare e accessibili ai membri delle comunità avventiste e alla società in generale sui settori in cui verrà utilizzata l’intelligenza artificiale, gli obiettivi previsti e il possibile impatto sul contesto religioso”.

Il documento adottato termina con due importanti osservazioni. La prima riguarda l’interesse della Chiesa a esplorare ulteriormente l’uso delle nuove tecnologie per raggiungere più persone con il messaggio del vangelo. La seconda riguarda la riaffermazione del ruolo strategico degli esseri umani come attori sovrani nelle questioni decisionali quando utilizzano l’intelligenza artificiale nel loro lavoro. Il past. Jorge Rampogna, direttore del Dipartimento Comunicazioni della Regione sudamericana, ha sottolineato le implicazioni etiche dell’uso dell’intelligenza artificiale. “Dobbiamo garantire che l’intelligenza artificiale venga utilizzata in conformità con i principi etici della Bibbia” ha affermato.

La Regione sudamericana supervisiona le Unioni avventiste di Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Ecuador, Isole Falkland, Paraguay, Perù e Uruguay. In tutto questo territorio vivono circa 345 milioni di abitanti; gli avventisti superano i 2,5 milioni e si riuniscono il sabato in oltre 14.000 chiese locali.

Nota
[1] https://exame.com/inteligencia-artificial/por-que-a-openai-do-chatgpt-decidiu-criar-uma-equipe-anti-catastrofe/

[Foto: Gustavo Leighton. Fonte: Noticias Adventistas sudamericana]

 

 

 

 

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