NA - Notizie AvventisteFrancesco Zenzale – Come in risposta al forte desiderio di essere alla presenza di Dio per adorarlo e glorificarlo, la visione seguente si apre all’improvviso su “una porta aperta nel cielo” (Ap 4:1). È la stessa voce del Figlio dell’uomo che aveva sorpreso il profeta all’inizio della visone che lo invita a salire, spostandosi nello spazio in cui opera Gesù Cristo, come indica esplicitamente la voce che proviene dall’alto: “Ed ecco, un trono era posto nel cielo e sul trono c’era uno seduto” (4:2).

La maestosa visione che ora appare a Giovanni, in perfetta consonanza con il linguaggio dell’Antico Testamento, è costituita da varie rappresentazioni che evidenziano la dignità e l’intangibilità di Dio che siede sul trono. “Dal trono uscivano lampi, voci e tuoni. Davanti al trono c’erano sette lampade accese, che sono i sette spiriti di Dio” (4:5).

Dio è avvertito come il mysterium tremendum, un mistero terrificante, esattamente come fu sentito sul monte Sinai (Esodo 19:16; cfr. Ezechiele 1:13; Salmo 18:14; 50:3), d’altronde nessuno può avvicinasi a lui e coglierlo in tutta la sua pienezza. Dio è l’altro, e l’uomo si avvicina a lui nell’ambito dell’amore che egli ha manifestato nella persona di suo figlio Gesù Cristo (Efesini 3:18-19).

Perfino il trono in sé è indescrivibile. “Giovanni si accontenta di menzionarlo. Lo stesso vale per il personaggio che prende posto sul trono. Non si azzarda nessuna descrizione. Una vaga comparazione è appena abbozzata. Il profeta utilizza la parola greca omoios ‘come, avente l’aspetto di… simile a…’ (4:3). Giovanni è incapace di identificare quello che vede. La realtà va oltre le parole. Il profeta descriverà la sua visione in poesia, utilizzando immagini che fanno parte del suo mondo. Il personaggio divino gli appare sotto forma di tre pietre preziose: il diaspro, il sardonico e lo smeraldo. Il fatto che queste tre pietre siano menzionate così esattamente, dimostra che la loro citazione non è d’ordine semplicemente stilistico o strettamente sensoriale. Quelle tre pietre figurano nel pettorale del sommo sacerdote (cfr. Esodo 28:17). Infatti, si trovano associate solo in quel contesto. Giovanni non vede i tratti somatici del personaggio divino, coglie l’essenziale, che sono le tre pietre. L’intenzione rimane quella di evocare l’ambiente del tempio. L’arcobaleno che sovrasta il trono, oltre ad aggiungere grandiosità alla scena, ricorda il diluvio. Dio assicura la sua misericordia a temperare l’esigenza della giustizia” (J. Doukhan, Il grido del cielo, pp. 63,64).

Attorno al trono ci sono ventiquattro anziani che siedono su altrettanti troni. Indossano vesti bianche, che indicano la giustizia di Cristo (Ap 7:14), e hanno sul capo delle corone. Segue la visione delle quattro creature viventi, o “esseri viventi”, e un inno di lode al Dio creatore. “Santo, santo, santo il Signore Dio, l’Onnipotente (Pantokrator)”. Santo (Kadosch), tre volte ripetuto, pronunciato in continuità dai quattro esseri celesti è copiato da Isaia 6:3. Il trisagio sottolinea la solennità di Dio, la sua santità e la perenne glorificazione. Possiamo cogliere indirettamente la confessione della trinità di Dio.

“Tu sei degno, o Signore e Dio nostro, di ricevere la gloria, l’onore e la potenza: perché tu hai creato tutte le cose, e per tua volontà furono create ed esistono” (4:11).

“Ciò che rende Dio degno di essere adorato, in qualità di giudice e re, deriva dal fatto che egli è il creatore dell’universo. Senza questo aspetto, l’adorazione perde ogni senso e diviene idolatria. Infatti, o si adora il Creatore, o una delle creature. Dio solo, per il fatto di essere il Creatore, può giudicare e decidere del destino dell’universo, il nostro destino e la nostra salvezza. ‘Dio solo è degno’” (Idem, p. 67).

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