Michele Abiusi – Continuiamo a riflettere sulla legge dei dieci comandamenti, la Torah, le dieci parole, che Dio incise su due tavole di pietra e che sono rimaste custodite per secoli nella parte più sacra del tempio di Gerusalemme, dentro l’arca dell’alleanza.

Nel primo comandamento Dio si era presentato come il Dio della storia, che interviene in favore dei suoi figli e li salva liberandoli dalla schiavitù. Quindi aveva invitato a non avere altri dèi. E come potremmo servire altri signori avendo conosciuto un Dio così straordinario, un Padre così misericordioso!

Veniamo al secondo comandamento: “Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandi” (Esodo 20:4-6, Cei).

Il secondo comandamento segue, per contenuto e logica, il precedente. Se ho deciso di seguire soltanto il Dio che mi ha creato, che mi accompagna lungo la mia storia, che mi perdona, mi libera e mi salva, allora non solo non avrò altri signori, ma non mi farò neppure delle sculture o delle immagini di esseri che credo vivano in cielo o in terra e non presterò loro nessun culto.

La ragione di questa richiesta è che Dio è geloso.

In altre parole, Dio ci dice che, quando ci vede inginocchiati davanti a delle immagini, prova gli stessi sentimenti di un marito la cui moglie lo stia tradendo…  Rifiuto, abbandono, infedeltà, tradimento, ecco come Dio considera il prostrarsi davanti a qualunque immagine.

La presenza delle immagini non si impose facilmente nel culto cristiano e durante molti secoli i concili della chiesa si schierarono ora contro, ora a favore delle immagini. Ci fu addirittura una guerra che durò quasi un secolo, conosciuta come la guerra “iconoclasta” cioè causata dalle opinioni diverse riguardo alle icone, alle immagini. La venerazione delle immagini venne ufficializzata il 3 dicembre del 1563 al concilio di Trento.

Questo cambiamento delle pratiche cultuali e dell’insegnamento della legge di Dio trova la sua origine nel progetto realizzato già nei primi secoli della nostra era di rendere più accessibile e più accettabile il cristianesimo ai pagani che adoravano ogni specie di dèi e si prostravano davanti ad ogni sorta di immagine che avevano collocato in ciascuna piazza e collina, per ottenerne la protezione.

Nei giorni stabiliti le portavano in spalla in processione e facevano loro dei voti e sacrifici. Qual è il pericolo che si cela dietro il culto delle immagini? Se sappiamo rispondere a questa domanda capiremo perché Dio ha categoricamente proibito queste pratiche e perché le considera un tradimento.

Noi riconosciamo che esiste un solo Dio e che è eterno e onnipresente. Inoltre, siamo sicuri che è disposto a perdonarci e a salvarci perché ci ama più di quanto una madre possa amare i propri figli. Infine, Gesù ci ha insegnato che dobbiamo offrirgli un culto in Spirito e verità, cioè legato alla sua parola e al nostro intimo, più che agli oggetti.

Prima di tutto devo dire che adorare Dio o Gesù Cristo tramite immagini rischia di ridurre, di limitare il nostro Signore, eterno e infinito, a un luogo o ad alcuni oggetti. Credo che questo offenda Dio che è molto più di ciò che possiamo immaginare. In secondo luogo, prestare il culto alle immagini che rappresentano esseri umani è doppiamente inaccettabile perché il culto, l’adorazione e qualunque richiesta sono riservati unicamente a Dio e non possiamo rivolgerci a nessun altro. Gesù in questo è categorico: “Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò” (Giovanni 14:14).

Chi può amarci più del Signore? Chi può capirci più di Cristo? Ho sempre pensato che se i miei figli cercassero di comunicare con me solo tramite lo zio, la zia o chiunque altro, vorrebbe dire che ci sarebbe un serio problema di comunicazione fra noi!

Ma veniamo ad altri pericoli insiti in queste pratiche. Se si offre un culto alle immagini, con il tempo e inconsciamente queste immagini possono divenire così importanti da prendere il posto di Dio, introducendo nella nostra mente alcune idee superstiziose. Per esempio, pensare che Dio mi ascolti solo perché ho un crocifisso sulla parete o pensare di essere protetto se ho in tasca o appesa al collo un’immagine sacra. 

Il culto delle immagini può creare un così forte legame affettivo tra il credente e l’oggetto in questione che la necessità di conoscere Cristo e di studiare la Sacra Bibbia può diventare secondaria.

Non varrebbe la pena di ritornare alla legge di Dio?

 

 

 

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