Giuseppe Marrazzo – Fin dalle sue origini, la chiesa avventista ha rifiutato il sistema organizzativo basato sul carisma di una singola persona e ha aderito al sistema sinodale e conciliare nella scelta di una leadership fondata sulla dinamica comunitaria, che prende decisioni in comitati, commissioni e assemblee.

Questa procedura potrà forse apparire lenta e farraginosa rispetto alla rapidità con cui può decidere un singolo individuo, come per esempio il titolare di un’azienda. Il sistema autocratico, però, può con la stessa rapidità scivolare verso una forma di autorità autoreferenziale e narcisistica, mentre la dinamica comunitaria, basata sul principio che un gruppo possiede maggiori elementi di verifica interna, chiama in causa la capacità di tutti nel comunicare e interpretare al meglio e responsabilmente gli obiettivi della chiesa.

L’Assemblea che si costituirà per alcuni giorni in febbraio 2014, con la presenza dei delegati di tutte le comunità avventiste, avrà il compito di compiere scelte responsabili, ma la responsabilità sarà esercitata con maggiore accuratezza se maggiori saranno le informazioni acquisite da ogni singolo delegato. Urgono «delegati informati».

Per rendere più agevoli i lavori dell’Assemblea è necessario che ogni delegato conosca bene le procedure e le regole esplicite (e implicite), comprenda e apprezzi le dinamiche organizzative, contribuisca a fare proposte concrete da realizzare, condizioni permettendo, nel quinquennio successivo, ma più di ogni cosa il delegato dovrà sviluppare alcune qualità indispensabili per realizzare con efficacia il senso comunitario.

1. Prima di tutto l’Assemblea, oltre a essere un incontro comunitario, è anche un incontro con Dio e la sua Parola. La Scrittura ci incoraggia ad avere una spiccata sensibilità verso le esigenze altrui con mente ricettiva e pronta ad ascoltare prima di parlare. Pertanto ogni delegato dovrebbe coltivare un atteggiamento empatico con il quale sarà possibile capire meglio le motivazioni altrui, perché spesso l’altro vive e vede la realtà in modo diverso da come posso viverla e vederla io.

2. Ogni persona, volente e nolente, esercita un influsso sugli altri, nel bene e nel male; ognuno di noi può persuadere e incoraggiare, se sapremo comunicare in modo argomentativo e serenamente, anche quando dissentiamo o riproviamo un certo comportamento. Ogni delegato infatti può ispirare gli altri ad avere una visione convincente; per questo occorre esprimere il proprio contributo con un tono emotivo positivo.

3. Infine, ognuno dovrebbe essere pronto a trarre il meglio dalle persone come fece Gesù quando scelse i dirigenti (gli apostoli) per la più grande opera mai esistita al mondo. I discepoli erano semplici «pescatori» incolti, uno era perfino «pubblicano», categoria alquanto criticata, ma tutti erano motivati dal desiderio non solo di lavorare con spirito di gruppo ma soprattutto di realizzare il piano divino. Questo vale sia per i lavori comuni in Assemblea, sia per quelli delle commissioni.

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