Messaggio in bottiglia

Messaggio in bottiglia

Giuseppe Marrazzo. Passeggiando sulla spiaggia del parco naturale di San Rossore (Pisa), Elena Pochini trova, tra tronchi erosi dalla salsedine, una bottiglia con il classico messaggio arrotolato. Emozionata come una bambina, srotola il foglio e legge. Viene dalla Danimarca, è scritto in inglese con calligrafia tonda tipica di un adolescente e dice: «Hallo, sono felice che qualcuno abbia trovato il messaggio…», firmato, Helene, stesso nome di colei che l’ha trovato. In epoca di internet, sms e in piena comunicazione tecnologica una ragazzina di 14 anni affida un messaggio alle onde del mare e alla fine la bottiglia si ferma sulla spiaggia toscana, come nel film «Le parole che non ti ho detto» con Kevin Costner. Che cosa vuole dire questa ragazzina? Si sente triste? Ha preso una cotta per un coetaneo, ma non è corrisposta? Ha bisogno di ricevere conferme emotive? Questo episodio apre uno «spaccato» sul mondo degli adolescenti. Quell’età di mezzo dove non si è più bambini ma neppure adulti; età stupenda in cui senti emozioni così forti da attraversare come una corrente partendo dalle unghie dei piede alla cima dei capelli. Quegli stessi giovani che tra qualche giorno, zaino in spalla, faranno nuove amicizie, in aule scolastiche e troveranno nuovi insegnanti e altri testi su cui chinarsi per proseguire la formazione alla vita. Su, coraggio! Non siete soli.

Tempo di agire

Tempo di agire

Lina Ferrara – Ogni mattina all’alba, Marian è già all’opera: toglie i rifiuti dai marciapiedi, strappa le erbacce, sradica i rovi dai fossati, libera gli alberi dalle foglie secche e dai rami spezzati, controlla la salute delle piante. Cosa c’è di speciale? Marian è un barbone romeno, in Italia da alcuni anni, che ha deciso di fare qualcosa per il quartiere di Roma nord dove vive. Conosce le piante e la natura, e così mette a disposizione gratuitamente queste sue abilità per il bene della comunità.

Non lasciatevi ingannare da capelli e barba incolti. Marian è amato e apprezzato dagli abitanti per la sua onestà e gentilezza, e per il servizio che svolge ogni giorno, instancabilmente, cambiando il volto delle strade. Una volta, con i pochi spiccioli racimolati, era andato a comprare piccone, vanga e altri attrezzi, e il negoziante glieli ha regalati.

I media lo hanno definito «il Forrest Gump della Cassia» o «l’angelo custode della città», ma l’uomo non dà importanza a tutto ciò, continua a svolgere questa specie di «missione» che si è proposto.

Inevitabile pensare alla missione affidataci da Gesù. Possiamo prendere esempio da questo semplice signore che ha iniziato «a fare». È questo il servizio: umile, silenzioso, costante, gentile, ma estremamente efficace.

Nella società della crisi si riscopre il valore della solidarietà che sembrava quasi completamente cancellato dagli ultimi decenni di apparente benessere e di carriere rampanti. Così succede che i fruttivendoli regalano frutta e verdura a chi non ha soldi; i responsabili dei supermercati spesso non denunciano chi prende alimenti che non può pagare; i pizzaioli donano i loro prodotti a chi ha veramente fame.

Servizio e solidarietà devono caratterizzare anche la nostra presenza come sale della terra. È tempo di agire.

Scopo dell’incarico

Scopo dell’incarico

Giuseppe Marrazzo – Si fa un gran parlare intorno alla durata degli incarichi, uno o due anni, quattro o cinque anni. Sempre di più sembra che gli incarichi, come lo yogurt, abbiano la data di scadenza. Qualcuno vuole mettere la scadenza anche alla giustizia e, soprattutto, ai giudici. Tra poco le comunità voteranno le liste delle nuove nomine che entreranno in carica all’inizio del nuovo anno ecclesiastico (settembre).

La Scrittura ricorda che lo scopo dell’incarico è quello di «far sorgere l’amore che viene da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera» (1 Tm 1:5). In questo caso gli aggettivi sono fondamentali, ma sono anche stimoli che devono toglierci il sonno: puro, buono e sincero. Attributi che mettono in crisi il cuore, la coscienza e la fede.

Tempo di agire

Occupazione

Giuseppe Marrazzo – In 5 anni abbiamo perso in Italia 674.000 posti di lavoro, ora sono a rischio altri 123.000. Occorre, e siamo già in ritardo, varare una strategia per garantire un lavoro anche alle fasce giovanili pesantemente colpite dalla devolution.

L’altro giorno parlavo con un giovane della mia chiesa colpito dalla spending review, sembra un morbo mortale. Lavorava come tecnico in un laboratorio di informatica; ora è stato mandato a casa. Da sei mesi anche suo papà non ha più lavoro! Lavorano le due sorelle e lui solo su chiamata, ma molto sporadicamente. Mentre parlava mi si stringeva il cuore e mi chiedevo: che cosa può fare la mia chiesa? Come posso dare maggior risonanza al suo disagio?Sabato era in chiesa per ricevere un sostegno spirituale. È già qualcosa! C’è anche chi se la prende con Dio. Ma Dio non c’entra con le follie con cui l’uomo crea trappole mortali. Chi ha orecchie per udire, oda.

Tempo di agire

Perché sono contento di essere avventista

Clifford Goldstein*- L’altro giorno ascoltavo alla radio un predicatore che descriveva gli eventi degli ultimi giorni. Da un giorno all’altro, ha avvertito, i cristiani fedeli saranno rapiti, cioè immediatamente trasportati in cielo e al loro posto resterà solo un mucchio di vestiti. Scompariranno lasciandosi alle spalle tutti gli altri, i non salvati. Questi ultimi, senza la presenza dei cristiani fedeli portati via in modo soprannaturale, avranno un’altra possibilità di accettare Gesù, ma dovranno affrettarsi perché l’anticristo, forse un ebreo siriano, susciterà un periodo di sette anni di tribolazione prima dell’inizio dei mille anni di pace in terra.

A un certo punto ho pensato: sono grato di essere avventista, perché pur avendo ancora domande senza risposta sulla comprensione degli ultimi eventi, non è previsto il rapimento dei santi, lasciando al loro posto un mucchio vestiti.

Sono contento di essere avventista perché l’idea che Dio farà in modo che gli empi, secondo alcune interpretazioni, brucino all’inferno per l’eternità, la trovo assurda. Resto frastornato dinanzi agli scritti di teologi brillanti che giustificano l’idea che i non salvati meritino di soffrire per l’eternità le torture dell’inferno; anzi, che un simile destino sia stato concepito da un Dio misericordioso. Quanto sono grato di essere avventista per la nostra comprensione del destino dei malvagi!

Per conseguenza, sono contento di essere avventista perché ciò che crediamo sulla morte ci mette al riparo da ogni tipo d‘inganno sullo stato dei defunti. Forse alcuni hanno letto di esperienze di premorte, in cui le persone dichiarate clinicamente morte tornano in vita e raccontano storie fantastiche come quelle di galleggiare in un regno nebbioso e di incontrare amici e parenti defunti. La cosa triste è che molti pensano che questi racconti siano una «prova» che i morti vivano nell’aldilà. Una grande mistificazione in cui, come avventisti, non possiamo cadere.

Inoltre, a mano a mano che invecchio, sono grato per ciò che l’avventismo mi ha insegnato sulla salute. La scienza medica afferma che per prevenire molte malattie accorra una sana alimentazione. Quasi sempre la scienza medica sottolinea il tipo di alimentazione che gli avventista consigliano da oltre 150 anni: evitare cibi grassi, zuccheri, carni rosse, mangiare più frutta, cereali, noci e verdure. Non fumare e non bere, e poi riposo ed esercizio fisico. Quando leggo queste raccomandazioni mediche mi sembra di leggere brani tratti dal libro «Consigli sugli alimenti» di Ellen G. White. E, credetemi, a 57 anni, sono felice di avere avuto una simile  guida per la mia salute.

Per queste ragioni, e altre ancora, sono contento di essere avventista del settimo giorno. Certo, gli avventisti non sono perfetti come non lo è la Chiesa. Non sta a noi giudicare chi crede in modo diverso. Non è questo il punto. Ciò che voglio dire è che sono grato per le cose che Dio ci ha rivelato, al punto che desidero condividerle con altri.

*Direttore della Guida allo studio della Bibbia (lezionario della SdS)

Non criticare, ama!

Non criticare, ama!

«Malgrado le debolezze e le infedeltà, non ti separare dalla chiesa nella quale Dio ti ha posto, sarebbe come ferire, strappare il corpo di Cristo. Se la chiesa è debole, invoca su di lei la potenza dello Spirito.
Non criticare! Prega.
Unisci la tua preghiera a quella di Cristo che continuamente intercede per la sua chiesa…
Non criticare! Confessa.
Porta a Dio il tuo peccato e quello della chiesa; e assumiti la tua parte di responsabilità.
Non criticare! Chiedi perdono.
Per te, e per i fratelli e le sorelle.
Non criticare! Ubbidisci.
Mettiti al servizio di Dio, pronto a fare ciò che egli vorrà, dove e come vorrà.
Non criticare! Ama.
L’amore crede che ogni cosa sia possibile a Dio» (anonimo).

Gesù e la donna al pozzo

Gesù e la donna al pozzo

Vincenzo Annunziata – Quel giorno, la donna samaritana non ha voglia di comunicare con nessuno, o forse ha un desiderio immenso di incontrare qualcuno ma non osa ammetterlo a se stessa. Va a prendere l’acqua al pozzo nell’ora più calda della giornata, intorno alle dodici, mentre le altre massaie vi si recano al mattino presto. Decisamente non vuole parlare… ma trova un giudeo stanco e assetato che elemosina dell’acqua.

Ha uno sguardo intenso, pulito… così si fida di lui ed esprime il suo stupore: per lei è molto strano che un giudeo rivolga la parola a una donna, figuriamoci a una samaritana! L’uomo però, con un tono sereno, riesce ad accendere in lei il desiderio di ricevere qualcosa di più. «Tu non sai che tipo di acqua potrei offrirti!». La conversazione diventa riflessiva e lei, così restia ad aprirsi, si mette in gioco, pone domande, sollecita chiarimenti. Lentamente cadono barriere di religione, genere, cultura, razza. È incuriosita di quell’«acqua viva» di cui parla, con occhi illuminati, il viandante stanco. Una luce di speranza si accende nel cuore affaticato.

Ma ecco che la conversazione sfiora una corda un po’ troppo intima e dolorosa: il marito. «Non ho marito» dice. «Lo so, non ne hai avuto solo uno!». L’argomento rischia di scivolare verso un coinvolgimento troppo personale e allora, distoglie l’attenzione tirando in ballo un argomento teologico. “Voi giudei dite che occorre adorare nel tempio di Gerusalemme, per noi va bene anche quello di Garizim; chi ha ragione?”. Gesù non si lascia distogliere, mantiene fermo il suo proposito, parla della vera adorazione che deve essere fatta «in spirito e in verità». Quella donna assetata d’amore, delusa dai suoi amanti più interessati a lei come donna che come persona, trova un individuo speciale che la ricolma di grazia, di perdono, di riconciliazione. Lascia il secchio al pozzo e corre al paese per raccontare a tutti l’incontro straordinario che ha capovolto la sua vita.

Riflettendo su questo episodio ho pensato alla grande possibilità di testimoniare la grazia di Gesù attraverso uno strumento indiretto come quello che la chiesa avventista ha messo a punto aprendo il sito www.avventisti.it. Prego il Signore che persone stanche e forse sfiduciate  possano approfittare di altri mezzi, come quello di Internet, e avvicinarsi, magari in modo un po’ più riservato, al Maestro della comunicazione, che sa suscitare un dialogo profondo e accendere in noi il desiderio di ricevere l’acqua viva, che ristora la sete profonda dell’uomo, purifica e rinfresca il cuore indurito nelle sacche di aridità. Con lui la vita non sarà mai più la stessa.

 

Non criticare, ama!

L’arma dell’umorismo

Giuseppe Marrazzo – Gesù sapeva sorridere e ridere. Con la sua enorme capacità di comunicare simpatia attirava i bambini, le donne e gli uomini del suo tempo; perfino coloro che cercavano di intrappolarlo nei loro sofismi riconoscevano l’acuta intelligenza del Maestro. Grazie al suo geniale intuito sapeva lasciare a bocca aperta coloro che volevano trascinarlo su un terreno paludoso: le tasse, i rapporti con il potere, la risurrezione, le relazioni con gli esattori, la donna colta in adulterio… Insomma, come i nostri, anche i suoi erano tempi da piangere!

Eppure, Gesù sapeva suscitare gioia, fede e ottimismo. Quale straordinaria capacità di mostrare il volto di un Dio familiare, confidenziale e non quello di un Dio esigente, inaccessibile, lontano! La tristezza che riesce a incutere il «dio» dei fanatici o degli integralisti potrebbe addirittura scusare lo spirito polemico e aggressivo. Si comprende che non può essere il Dio di Gesù che chiede l’immolazione di martiri vestiti al tritolo o la mutilazione sessuale femminile. Si diceva una volta «scherza coi fanti e lascia stare i santi».

L’umorismo religioso potrebbe suscitare il sorriso su cose molto serie, fino a «vedere» con altri occhi tutto ciò che sembra scontato. Nel romanzo di Umberto Eco, Il nome della rosa, padre Jorge fa morire i frati curiosi che si apprestano a leggere il secondo volume della poetica di Aristotele dove si parla del sorriso, atteggiamento indegno e superficiale in un’abbazia nella quale i frati si macerano l’animo per i peccati del mondo; così, forse, si pensa che Gesù, dovendo portare i peccati di tutti, sia stato una persona cupa, seria, triste. Invece leggiamo: «In quella stessa ora, Gesù, mosso dallo Spirito Santo, esultò e disse: “Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli!”» (Luca 10:21). Mi piace tanto il Gesù che esulta!

Non criticare, ama!

Un’Assemblea matura

Marco Süss – Tra meno di dieci mesi avrà luogo l’Assemblea amministrativa dell’Unione italiana delle chiese cristiane avventiste del 7° giorno. Sarà un momento di verifica dell’operato svolto negli ultimi quattro anni e di progettualità per i prossimi cinque. Affinché l’Assemblea possa assolvere appieno il proprio compito, è necessario che le comunità scelgano con particolare cura i loro delegati. È ovvio che se ci si lascia guidare dal criterio della semplice disponibilità, molte persone capaci saranno escluse sia perché sono impegnate nel lavoro sia perché devono occuparsi dei figli o della casa.

Come Il Messaggero online dedica uno spazio alla riflessione in vista della prossima Assemblea, così dovrebbe fare ogni comunità preparandosi adeguatamente a questo importante appuntamento. Ogni democrazia si regge sull’informazione; occorre, quindi, leggere i resoconti dettagliati degli officer e dei direttori delle istituzioni e dei dipartimenti, elaborare nuove strategie e proporre nuovi piani da sottoporre alle commissioni dell’Assemblea, dopo averli discussi in riunione amministrativa della comunità locale.

Solo dopo aver esaminato insieme ogni aspetto delle attività svolte nell’ultimo quadriennio e deliberato le proposte da presentare, si potrà procedere, con spirito di preghiera, alla scelta dei  delegati più adatti, i quali, con spirito di servizio, si apprestano a rappresentare la comunità nel suo insieme. La scelta migliore scaturirà da una meticolosa preparazione che deve coinvolgere tutte le sorelle e tutti i fratelli.

Non criticare, ama!

Grazie Presidente!

Giuseppe Marrazzo – Giorgio Napolitano è stato rieletto Presidente delle Repubblica italiana. È la prima volta che ciò accade nella breve storia repubblicana. Lo spirito di servizio da lui manifestato, pur accusando una comprensibile stanchezza, è una lezione fondamentale per chi è impegnato in una «sfrenata personalizzazione della politica», con «smania di protagonismo e ricerca ossessiva dell’effetto mediatico». Di fronte a momenti così cruciali in cui la politica si agita intorno a un «grumo di diversità irriducibili», l’esempio di questo servitore dello Stato diventa un faro luminoso. Un leader della sua statura morale che afferma: «In me non si è spenta la fiducia nella politica», restituisce un po’ di speranza a questa Italia depressa, al di là di ogni possibile schieramento. La questione molto urgente non è la difesa fanatica e ossessiva dei propri dogmi né l’agonia di un partito imploso su se stesso, ma la ripresa dell’economia, la creazione di nuovi posti di lavoro, le riforme utili a conseguire una democrazia più moderna e la difesa delle fasce più deboli della società.

Non criticare, ama!

Fede e internet

Vincenzo Annunziata* Che cosa c’entra la tecnologia odierna con Gesù e la missione della chiesa? Qual era la missione di Cristo venendo nel mondo? Gesù rivolgendosi al Padre in preghiera dice: «Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li preservi dal maligno… Come tu hai mandato me nel mondo, anch’io ho mandato loro nel mondo» (Gv 17:15,18). Sì, Gesù prega affinché la sua chiesa sia protetta dal male, eppure ha una missione da compiere verso il mondo.

Oggi, rispetto a quarant’anni fa, le tecniche della comunicazione sono amplificate grazie soprattutto a internet. Anche la chiesa avventista come moltissime altre comunità utilizza questo strumento per comunicare al mondo un nuovo senso della vita quando il credente decide di seguire Gesù.

Non c’è da stupirsi, perché negli anni Venti la chiesa avventista svolgeva un’attività pioneristica con le emittenti radiofoniche. Infatti, il 1° maggio 1934, la Conferenza Generale votò di «incoraggiare un uso più ampio della radio e della stampa da parte dei nostri evangelisti, pastori e dirigenti, in modo che queste importanti invenzioni servano in modo più efficace per comunicare il messaggio della fede alle famiglie». Possiamo essere fieri di utilizzare la nuova tecnologia alla gloria di Dio! Successivamente, la direzione mondiale ha incoraggiato l’annuncio del messaggio evangelico tramite la radio, la televisione e, oggi, per mezzo di internet.

Gli utenti di internet nel mondo hanno superato il miliardo! Il tempo che i moderni evangelisti del web dedicano a una chat o ad aggiornare il sito web, non è un tempo perso soprattutto quando viene speso per presentare il messaggio della salvezza in Cristo. Possiamo immaginare che se Cristo fosse in mezzo a noi, forse utilizzerebbe internet per pubblicare le sue parabole, per parlare agli uomini e alle donne delusi e senza speranza. Forse permetterebbe che i suoi discorsi venissero scaricati in podcast. Come i profeti, messaggeri di Dio, hanno scelto il linguaggio dell’uomo della strada (il Nuovo Testamento è stato scritto nel greco della koiné) così possiamo immaginare che farebbero la stessa cosa nel vasto mondo cibernetico in cui viviamo. Con questo non voglio dire che chi utilizza questo mezzo sia un profeta, perché in internet si possono trovare anche siti di dubbia moralità.

Il nostro tempo c’impone anche l’obbligo di possedere competenze tecnologiche per far veicolare il messaggio della buona notizia della prossima venuta di Cristo a coloro che utilizzano questo strumento.
*Vicedirettore del Messaggero avventista online

 

Non criticare, ama!

AAA Governo cercasi urgentemente

Giuseppe Marrazzo – Il responso emerso dalle urne nelle ultime elezioni (24 e 25 febbraio) ha espresso il volere dei cittadini: quello, cioè, di essere governati da tre minoranze quasi paritetiche. In circa sessanta giorni, però, i diversi leader dei vari partiti (ormai anche il M5S è un partito checché ne dicano) non sono stati capaci di persuadere i loro elettori che non è possibile giocherellare con i veti incrociati neppure un giorno di più: è urgentissimo dare un governo all’Italia, rimettere in moto il motore dell’economia, ridurre le spese della politica, ritrovare il senso dell’etica pubblica eliminando e combattendo corruzione, clientelismo, evasione e conflitto d’interesse. Inutile parlare di nuove elezioni! Significherebbe ripetere la stessa situazione di stallo. Serve una larga intesa come avviene in molti paesi civili. Il bene comune è più importante delle singole «visioni del mondo». Un milione di licenziati nel 2012, coppie disperate che chiudono il rubinetto della vita, giovani disoccupati, ditte che chiudono e non riapriranno più, sono un prezzo troppo elevato. «Basta suicidi, prendiamo i soldi ai ricchi per darli ai poveri» è il monito di un parroco della periferia di Mestre. Don Enrico Torta, moderno Robin Hood, arriva a dire che non è peccato rubare ai ricchi per aiutare i poveri (cfr. l’art. di N. Pellicani, Repubblica 8 aprile 2013 p. 15). Quando possiamo vedere uno spiraglio di luce?

Pin It on Pinterest